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Alessandro Manzoni Adelchi IntraText CT - Lettura del testo |
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Scena Terza. Guntigi.
Fedeltà? - Che il tristo amico Di caduto signor, quei che, ostinato Nella speranza, o irresoluto, stette Con lui fino all'estremo, e con lui cadde, Fedeltà! fedeltà! gridi, e con essa Si consoli, sta ben. Ciò che consola, Creder si vuol senza esitar. - Ma quando Tutto perder si puote, e tutto ancora Si può salvar; quando il felice, il sire Per cui Dio si dichiara, il consacrato Carlo un messo m'invia, mi vuole amico, M'invita a non perir, vuol dalla causa Della sventura separar la mia... A che, sempre respinta, ad assalirmi Questa parola fedeltà ritorna, Simile all'importuno? e sempre in mezzo De' miei pensier si getta, e la consulta Ne turba? - Fedeltà! Bello è con essa Ogni destin, bello il morir. - Chi 'l dice? Quello per cui si muor. - Ma l'universo Seco il ripete ad una voce, e grida Che, anco mendico e derelitto, il fido Degno è d'onor, più che il fellon tra gli agi E gli amici. - Davver? Ma, s'egli è degno, Perché è mendico e derelitto? E voi Che l'ammirate, chi vi tien che in folla Non accorriate a consolarlo, a fargli Onor, l'ingiurie della sorte iniqua A ristorar? Levatevi dal fianco Di que' felici che spregiate, e dove Sta questo onor fate vedervi: allora Vi crederò. Certo, se a voi consiglio Chieder dovessi, dir m'udrei: rigetta L'offerte indegne; de' tuoi re dividi, Qual ch'ella sia, la sorte. - E perché tanto A cor questo vi sta? Perché, s'io cado, Io vi farò pietà; ma se, tra mezzo Alle rovine altrui, ritto io rimango, Se cavalcar voi mi vedrete al fianco Del vincitor che mi sorrida, allora Forse invidia farovvi; e più v'aggrada Sentir pietà che invidia. Ah! non è puro Questo vostro consiglio. - Oh! Carlo anch'egli In cor ti spregerà. - Chi ve l'ha detto? Spregia egli Svarto, un uom di guerra oscuro, Che ai primi gradi alzò? Quando sul volto Quel potente m'onori, il core a voi Chi 'l rivela? E che importa? Ah! voi volete Sparger di fiele il nappo, a cui non puote Giungere il vostro labbro. A voi diletta Veder grandi cadute, ombre d'estinta Fortuna, o favellarne, e nella vostra Oscurità racconsolarvi: è questo Di vostre mire il segno: un più ridente Splende alla mia; né di toccarlo il vostro Vano clamor mi riterrà. Se basta I vostri plausi ad ottener, lo starsi Fermo alle prese col periglio, ebbene, Un tremendo io ne affronto: e un dì saprete Che a questo posto più mestier coraggio Mi fu, che un giorno di battaglia in campo. Perché, se il rege, come suol talvolta, Visitando le mura, or or qui meco Svarto trovasse a parlamento, Svarto, Un di color, ch'ei traditori, e Carlo Noma Fedeli... oh! di guardarsi indietro Non è più tempo: egli è destin, che pera Un di noi due; far deggio in modo, o Veglio, Ch'io quel non sia.
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