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Alessandro Manzoni
Il conte di Carmagnola

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  • ATTO QUINTO.
    • Scena Terza. Gonzaga, e dette.
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Scena Terza. Gonzaga, e dette.

 

ANTONIETTA

 

Gonzaga!... ov’è il mio sposo? ov’è?... Ma voi

non rispondete? Oh cielo! il vostro aspetto

annunzia una sventura.

 

GONZAGA

 

Ah che pur troppo                      185

annunzia il vero!

 

MATILDE

A chi sventura?

 

GONZAGA

 

O donne!

Perché un incarco sì crudel m’è imposto?

 

ANTONIETTA

 

Ah! voi volete esser pietoso, e siete

crudel: tremar più non ci fate. In nome

di Dio, parlate; ov’è il mio sposo?

 

GONZAGA

Il cielo  190

vi dia la forza d’ascoltarmi. Il Conte...

 

MATILDE

 

Forse è tornato al campo?

 

GONZAGA

 

Ah! più non torna...

Egli è in disgrazia de’ Signori... è preso.

 

ANTONIETTA

 

Egli preso! perché?

 

GONZAGA

 

Gli danno accusa

di tradimento.

 

ANTONIETTA

Ei traditore?

 

MATILDE

 

Oh padre!                                  195

 

ANTONIETTA

 

Or via, seguite: preparate al tutto

siam noi: che gli faran?

 

GONZAGA

 

Dal labbro mio

voi non l’udrete.

 

ANTONIETTA

 

Ahi l’hanno ucciso!

 

GONZAGA

 

Ei vive;

ma la sentenza è proferita.

 

ANTONIETTA

 

Ei vive?

Non pianger, figlia, or che d’oprare è il tempo.                  200

Gonzaga, per pietà, non vi stancate

della nostra sventura; il ciel v’affida

due derelitte: ei v’era amico: andiamo,

siateci scorta ai giudici. Vien meco,

poverella innocente: oh! vieni: in terra                                205

c’è ancor pietà: son sposi e padri anch’essi.

Mentre scrivean l’empia sentenza, in mente

non venne lor ch’egli era sposo e padre.

Quando vedran di che dolor cagione

è una parola di lor bocca uscita,  210

ne fremeranno anch’essi; ah! non potranno

non rivocarla: del dolor l’aspetto

è terribile all’uom. Forse scusarsi

quel prode non degnò, rammentar loro

quanto per essi oprò; noi rammentarlo                               215

sapremo. Ah! certo ei non pregò; ma noi,

noi pregheremo.

(in atto di partire)

 

GONZAGA

 

Oh ciel, perché non posso

lasciarvi almen questa speranza! A preghi

loco non c’è; qui i giudici son sordi,

implacabili, ignoti: il fulmin piomba,                                    220

la man che il vibra è nelle nubi ascosa.

Solo un conforto v’è concesso, il tristo

conforto di vederlo, ed io vel reco.

Ma il tempo incalza. Fate cor; tremenda

è la prova; ma il Dio degl’infelici  225

sarà con voi.

 

MATILDE

 

Non c’è speranza?

 

ANTONIETTA

 

Oh figlia!

(partono)

 

 




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