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Alessandro Manzoni Adelchi IntraText CT - Lettura del testo |
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Scena Nona. Adelchi, e Detti.
ADELCHI
Padre, ti trovo!
(s'abbracciano)
DESIDERIO
S'io t'avessi ascoltato!
ADELCHI
Oh! che rammenti? Padre, tu vivi; un alto scopo ancora È serbato a' miei dì; spender li posso In tua difesa. - O mio signor, la lena Come ti regge?
DESIDERIO
Oh! per la prima volta Sento degli anni e degli stenti il peso. Di gravi io ne portai, ma allor non era Per fuggire un nemico.
ADELCHI (ai Longobardi)
Ecco, o guerrieri, Il vostro re.
UN LONGOBARDO
Noi morirem per lui!
MOLTI LONGOBARDI
Tutti morrem!
ADELCHI
Quand'è così, salvargli Forse potrem più che la vita. - E a questa Causa, or sì dubbia ma ognor sacra, afflitta Ma non perduta, voi legate ancora La vostra fede?
UN LONGOBARDO
A' tuoi guerrieri, Adelchi, Risparmia i giuri: ai longobardi labbri Disdicon oggi, o re: somiglian troppo Allo spergiuro. Opre ci chiedi: il solo Segno de' fidi è questo omai.
ADELCHI
V'ha dunque De' Longobardi ancora! - Ebben; corriamo Sopra Pavia; fuggiam, salviam per ora La nostra vita, ma per farla in tempo Cara costar; donarla al tradimento Non è valor. Quanti potrem dispersi Raccoglierem per via; misti con noi Ritorneran soldati. Entro Pavia, A riposo, a difesa, o padre, intanto Restar potrai: cinta di mura intatte, Ricca d'arme è Pavia: due volte Astolfo Vi si chiuse fuggiasco, e re ne uscìo. Io mi getto in Verona. O re, trascegli L'uom che restar deva al tuo fianco.
DESIDERIO
Il duca D'Ivrea.
ADELCHI (a Guntigi che s'avanza)
Guntigi, io ti confido il padre. Il duca di Verona ov'è?
GISELBERTO
(si avanza)
Tra i fidi.
ADELCHI
Meco verrai: nosco trarrem Gerberga. Triste colui che nella sua sventura Gli sventurati obblia! Baudo, il tuo posto Lo sai: chiuditi in Brescia; ivi difendi Il tuo ducato, ed Ermengarda. - E voi, Alachi, Ansuldo, Ibba, Cunberto, Ansprando,
(li sceglie tra la folla)
Tornate al campo: oggi pur troppo ai Franchi Ponno senza sospetto i Longobardi Mischiarsi: esaminate i duchi, i conti Esplorate, e i guerrier: dai traditori Discernete i sorpresi, e a quei che mesti Vergognosi, vedrete da codesto Orrido sogno di viltà destarsi, Dite ch'è tempo ancor, che i re son vivi, Che si combatte, che una via rimane Di morir senza infamia; e li guidate Alle città munite. Ei diverranno Invitti: il brando del guerrier pentito È ritemprato a morte. Il tempo, i falli Dell'inimico, il vostro cor, consigli Inaspettati vi daranno. Il tempo Porterà la salute; il regno è sperso In questo dì, ma non distrutto!
(partono gli indicati da Adelchi)
DESIDERIO
O figlio! Tu m'hai renduto il mio vigor: partiamo.
ADELCHI
Padre, io t'affido a questi prodi; or ora Anch'io teco sarò.
DESIDERIO
Che attendi?
ADELCHI
Anfrido. Ei dal mio fianco si disgiunse, e volle Seguirmi da lontan; più presso al rischio Star, per guardarmi; io non potei dal duro Voler, da tanta fedeltà distorlo. Seco indugiarmi, di tua vita in forse, Io non potea: ma tu sei salvo, e quinci Non partirò, fin ch'ei non giunga.
DESIDERIO
E teco Aspetterò.
ADELCHI
Padre...
(a un soldato che sopraggiunge)
Vedesti Anfrido?
IL SOLDATO
Re, che mi chiedi?
ADELCHI
O ciel! favella.
IL SOLDATO
Il vidi Morto cader.
ADELCHI
Giorno d'infamia e d'ira, Tu se' compiuto! O mio fratel, tu sei Morto per me! tu combattesti!... ed io... Crudel! perché volesti ad un periglio Solo andar senza me? Non eran questi I nostri patti. Oh Dio!... Dio, che mi serbi In vita ancor, che un gran dover mi lasci, Dammi la forza per compirlo. - Andiamo.
CORO
Dagli atrii muscosi, dai fori cadenti, Dai boschi, dall'arse fucine stridenti, Dai solchi bagnati di servo sudor, Un volgo disperso repente si desta; Intende l'orecchio, solleva la testa Percosso da novo crescente romor. Dai guardi dubbiosi, dai pavidi volti, Qual raggio di sole da nuvoli folti, Traluce de' padri la fiera virtù: Ne' guardi, ne' volti, confuso ed incerto Si mesce e discorda lo spregio sofferto Col misero orgoglio d'un tempo che fu. S'aduna voglioso, si sperde tremante, Per torti sentieri, con passo vagante, Fra tema e desire, s'avanza e ristà; E adocchia e rimira scorata e confusa De' crudi signori la turba diffusa, Che fugge dai brandi, che sosta non ha. Ansanti li vede, quai trepide fere, Irsuti per tema le fulve criniere, Le note latebre del covo cercar; E quivi, deposta l'usata minaccia, Le donne superbe, con pallida faccia, I figli pensosi pensose guatar. E sopra i fuggenti, con avido brando, Quai cani disciolti, correndo, frugando, Da ritta, da manca, guerrieri venir: Li vede, e rapito d'ignoto contento, Con l'agile speme precorre l'evento, E sogna la fine del duro servir. Udite! Quei forti che tengono il campo, Che ai vostri tiranni precludon lo scampo, Son giunti da lunge, per aspri sentier: Sospeser le gioie dei prandi festosi, Assursero in fretta dai blandi riposi, Chiamati repente da squillo guerrier. Lasciar nelle sale del tetto natio Le donne accorate, tornanti all'addio, A preghi e consigli che il pianto troncò: Han carca la fronte de' pesti cimieri, Han poste le selle sui bruni corsieri, Volaron sul ponte che cupo sonò. A torme, di terra passarono in terra, Cantando giulive canzoni di guerra, Ma i dolci castelli pensando nel cor: Per valli petrose, per balzi dirotti, Vegliaron nell'arme le gelide notti, Membrando i fidati colloqui d'amor. Gli oscuri perigli di stanze incresciose, Per greppi senz'orma le corse affannose, Il rigido impero, le fami durâr; Si vider le lance calate sui petti, A canto agli scudi, rasente agli elmetti, Udiron le frecce fischiando volar. E il premio sperato, promesso a quei forti, Sarebbe, o delusi, rivolger le sorti, D'un volgo straniero por fine al dolor? Tornate alle vostre superbe ruine, All'opere imbelli dell'arse officine, Ai solchi bagnati di servo sudor. Il forte si mesce col vinto nemico, Col novo signore rimane l'antico; L'un popolo e l'altro sul collo vi sta. Dividono i servi, dividon gli armenti; Si posano insieme sui campi cruenti D'un volgo disperso che nome non ha.
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