IntraText Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText | Cerca |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
Scendendo dall’Ok-meïdan verso il Corno d’Oro, ci trovammo in un altro piccolo sobborgo musulmano, chiamato Piri-Pascià, forse da quel famoso gran vizir del primo Selim, che educò Solimano il Grande. Piri-Pascià prospetta il sobborgo israelitico di Balata, posto sull’altra riva del Corno. Non v’incontrammo che qualche cane e qualche vecchia turca mendicante. Ma questa solitudine ci permise di considerare a nostro bell’agio la struttura del borgo. È una cosa singolare. In quel borgo, come in qualunque altra parte di Costantinopoli uno s’addentri, dopo averla vista o dal mare o dalle alture vicine, si prova la medesima impressione che a guardare un bello spettacolo coreografico dal palco scenico dopo averlo visto dalla platea; ci si meraviglia che quell’insieme di cose brutte e meschine possa produrre una così bella illusione. Non v’è nessuna città al mondo, io credo, nella quale la bellezza sia così pura apparenza come a Costantinopoli. Veduta da Balata, Piri-Pascià è una cittadina gentile, tutta colori ridenti, inghirlandata di verzura, che si specchia nelle acque del Corno d’Oro come una ninfa, e desta mille immagini d’amore e di delizia. Entrateci, tutto svanisce. Non sono che casupole rozze, tinte di coloracci da baracche di fiera; cortiletti angusti e sucidi, che paiono ricettacoli di streghe; gruppi di fichi e di cipressi polverosi, giardini ingombri di calcinacci, vicoli deserti, miseria, immondizie, tristezza. Ma scendete una china, saltate in un caicco, e dopo cinque remate, rivedete la cittadina fantastica, in tutta la pompa della sua bellezza e della sua grazia.