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Bisogna, la prima cosa, acquistare il materiale della lingua.
Parlando a te, italiano, intendo dire con “materiale della lingua„ tutti quei vocaboli e quelle locuzioni che mancano generalmente all’italiano parlato fuor della Toscana.
Gli uni e le altre si possono cercare ad un tempo; ma sarà meglio che tu incominci coi vocaboli, che sono i più necessari, e che per qualche tempo non t’occupi d’altro.
Ci sono, prima di tutto, certe consuetudini del pensiero, che tu devi prendere.
Delle moltissime parole che non sappiamo molte le abbiamo lette o intese dire; ma non ci sono rimaste nella memoria perchè non abbiamo fermato su esse, neppure un momento, l’attenzione. Bisogna dunque, ogni volta che ci cade sott’occhio o ci viene all’orecchio una parola non compresa nel nostro vocabolario abituale, guardarla in faccia come si guarda una persona sconosciuta che ci si presenti, fare un atto della volontà per ritenerla, metterci sopra, per così [92] dire, il suggello del nostro pensiero. Se, leggendo o ascoltando, avessimo fatto questo, non dico sempre, ma soltanto una volta su cinque, anche senza ricorrer mai alla penna, avremmo tutti nella memoria molte centinaia di vocaboli di più di quelli che possediamo.
Poi: ogni volta che discorrendo ci manca una parola per designare una data cosa, prender nota nella nostra memoria di quella mancanza, e ripararvi quanto prima ci è possibile, cercando quella parola. Ogni volta che ci càpita alle mani o ci si presenta in qualunque modo un oggetto usuale od insolito, domandare a noi stessi, non solo se lo sapremmo nominare a chi non lo conoscesse, ma se glielo sapremmo descrivere nominando le sue varie parti, e, non sapendo, cercare il nome delle sue varie parti, per metterci in grado di descriverlo. Ogni volta che troviamo in un libro una parola nuova, della quale non comprendiamo il significato, non cercarla immediatamente nel vocabolario, chè, trovata così subito senza fatica, non ci rimane impressa; ma pensarci un po’, cercare d’intenderla da noi stessi, segnarla nella nostra mente con un punto interrogativo; al quale essa rimarrà poi attaccata come a un gancio quando sapremo che cosa significa, perchè non si dimenticano mai le parole nuove sulle quali s’è esercitata la curiosità, e di cui c’è costato qualche sforzo l’apprendere il senso.
Ma questo non basta. Tu, che sei sulla via degli studi, devi fare questo studio in forma ordinata e metodica.
Proponiti, da principio, d’imparare i nomi di tutte le cose che t’occorre ogni giorno di vedere, [93] toccare, adoperare. Prendi uno di quei Prontuari dove son registrati tutti i nomi degli oggetti d’uso domestico, con la descrizione di ciascun oggetto, la quale comprende i nomi d’ogni sua parte. Comincia dalla roba che porti addosso, per poi passare alle cose che hai sempre tra mano, ai mobili della tua camera, alla mensa, allo scrittoio, agli arredi e utensili di tutta la casa, alle varie parti della casa stessa. Va’ innanzi con ordine, a poco a poco, fissandoti d’imparare ogni giorno un certo numero di nomi. Non ti costerà alcuno sforzo il ritenerli, avendo sempre sott’occhio le cose a cui si riferiscono, e a ritenerli t’aiuterà il dirli spesso a voce alta, con pronunzia netta. Passerai poi dalla casa al cortile, al giardino, a tutti gli annessi e connessi della casa, e poi alle varie parti della città e ai luoghi e ai servizi pubblici, e alle arti e ai mestieri più comuni. E non considerar neppure come uno studio quest’occupazione; fattene uno svago dello spirito. E ogni volta che te ne sentirai un po’ svogliato, pensa che ciascuna delle parole che ti si stamperà stabilmente nella memoria ti risparmierà mille volte, nel corso della vita, un’incertezza, un impaccio, una piccola vergogna; che mille volte la cognizione di una data parola ti toglierà, nel parlare e nello scrivere, un intoppo, il quale romperebbe il corso del tuo pensiero e la foga del tuo discorso; che ogni vocabolo che s’impara, anche se paia superfluo, è come uno di quegli utensili da nulla, dei quali non s’ha bisogno quasi mai, ma che una o due volte in molt’anni son necessari, e se non si ritrovano, non si sa che pesci pigliare.
E poi vedrai che anche questo studio, che ora [94] ti par materiale, ti darà sodisfazioni che non t’aspetti. Quando il tuo corredo di vocaboli sarà già considerevole, t’accorgerai che ogni nuova parola ti rimarrà impressa assai più facilmente che per il passato, perchè in quel particolare esercizio ti si sarà fortificata e fatta tenace la memoria mirabilmente. Riconoscerai, quando potrai nominare molte cose e particolari di cose di cui prima non sapevi il nome, di quanti giri di parole, di quante definizioni e descrizioni e lungaggini, che prima non potevi scansare, potrai far di meno parlando, e che nuovo sentimento di libertà e di sicurezza avrai nel parlare, non essendo più impensierito di continuo dal timore d’inciampare nell’impedimento d’una cosa comunissima, che tu debba nominare e non sappia, o nella necessità di fare una svoltata col discorso per non averla da nominare. E vedrai quante volte, dopo che ti ci sarai avvezzato per proposito, ti sarà un passatempo piacevole, trovandoti ad aspettare in qualche luogo, come un’officina o una bottega o una sala, rifar nella tua mente la nomenclatura di tutte le cose che avrai dintorno; e come ti divertirai a osservare gli artifizi curiosi coi quali la gente s’ingegna, nella conversazione italiana, di nascondere la propria ignoranza dei vocaboli più necessari, e di farsi in qualche modo capire; e che piacere sarà per te in molti casi il levar d’impaccio chi parla, anche persone d’età maggiore e di cultura superiore alla tua, porgendo loro gli spiccioli per le minute spese del discorso.
Mettiti dunque a questo studio, non con l’impazienza di chi ha uno scopo immediato; ma [95] tranquillamente, adagio adagio, nei tuoi ritagli di tempo, contentandoti di poco ogni giorno, e rimarrai maravigliato ben presto della quantità di materiale linguistico, che senza fatica, quasi senz’avvedertene, ti troverai accumulato nella memoria.
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