Edmondo De Amicis: Raccolta di opere
Edmondo De Amicis
L'idioma gentile

PARTE PRIMA.

LA MEMORIA LATENTE.

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LA MEMORIA LATENTE.

Ora ti debbo dire alcune cose per preservarti da un senso di scoraggiamento, dal quale è probabile che tu sia preso a quando a quando, nel primo corso dei tuoi studi.

T’accadrà qualche volta di passare in rassegna mentalmente il materiale di lingua che crederai d’aver accumulato in vari mesi di letture e di appunti, e troverai nella tua memoria ben poca cosa, ti parrà che una gran parte di quel materiale ti sia sfuggito come un liquido da un vaso forato, e che un’altra parte ti sfugga nell’atto che lo cerchi, e rimarrai scoraggiato da quel disinganno, e quasi avvilito.

Ebbene, sarai in errore.

Una gran parte del materiale della lingua si va a riporre da in certi scompartimenti secreti della memoria, dove noi lo portiamo senz’esserne consapevoli, e donde non esce se non quando è chiamato fuori da certe idee, con le quali è legato da fili sottilissimi, invisibili, per così dire, al nostro pensiero, e quindi non afferrabili dalla nostra volontà. Ma, nel parlare e [150] nello scrivere, quando vorrai esprimere certi pensieri e nella ricerca viva dell’espressione le tue facoltà intellettuali si ecciteranno, tu vedrai che ti verranno sulle labbra e alla penna una quantità di parole, di frasi e di costrutti, che non sapevi di possedere, e che ti parrà di non aver cercati. È una cosa che segue a tutti quelli che studiano la lingua, e che è per loro una sorpresa gradevole, come di trovare nelle tasche o nei cassetti carte preziose o danari dimenticati. Non ti sgomentare, dunque, se dai ripostigli della tua memoria non esce che pochissima lingua, quando a questa tu gridi: – Fuori! – non per bisogno, ma per vederla soltanto, per metterla in mostra a te stesso. Quando n’avrai bisogno davvero, saranno le tue idee urgenti e imperiose che andranno a picchiare all’uscio delle mille celle in cui le parole stanno nascoste, ciascuna alla cella di quella che le conviene e le appartiene, e te le porteranno di volo sulla carta e alla bocca. E ti porteranno vocaboli e frasi che da lungo tempo non s’eran più fatte vive nella tua mente, e che ti parrà d’imparare in quel , e della forma felice in cui ti verranno espressi certi pensieri, rimarrai maravigliato come di roba non tua, che ti fosse suggerita da un altro, o come se scoprissi in te un altro te stesso, che parli e scriva una lingua più ricca, più propria, più efficace di quella che tu possiedi. Sii certo di questo. Molto spesso, ritrovando nel dizionario o nei tuoi appunti certi modi segnati da te un pezzo addietro, esclamerai: – Guarda! Questo m’era scappato di mente. – No, non t’era scappato; vi stava rimbucato, e dormiva, aspettando che venisse a risvegliarlo [151] un’altra parola o frase di senso o di suono affine, una voce sfuggevole dell’animo, un’idea sua parente od amica, alla quale egli si sarebbe manifestato ed offerto. Prosegui dunque con animo a leggere, a notare, a raccogliere, poichè tutto il materiale di lingua che ti metti in capo vi si ordina e vi si collega in mille modi, come in una officina oscura, a poco a poco, con un lavorìo spontaneo, del quale tu non hai coscienza. E non ne sarà affatto perduta neppur quella parte che non verrà fuori al bisogno, perchè di molte voci e locuzioni effettivamente dimenticate, tu sentirai nella tua memoria il vuoto che v’avranno lasciato, e di le spierai e moverai per rintracciarle e prima o poi le ripiglierai al laccio per sempre. Prosegui nello studio, con viva fede nelle forze latenti e nel lavoro misterioso e maraviglioso della memoria, che ti sarà per medesimo un argomento di studio e una fonte di diletto profondo.

 

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