Edmondo De Amicis: Raccolta di opere
Edmondo De Amicis
L'idioma gentile

PARTE TERZA.

IL PERIODO PERFETTO.

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IL PERIODO PERFETTO.

Il modo di periodare d’uno scrittore maestro nell’arte è paragonabile per certi rispetti al modo d’andare d’un uomo ben formato, sano, svelto e elegante; il quale cammina per la strada a passi lunghi corti, ritto, ma non impettito, sciolto, ma dignitoso, e guarda e saluta di qua e di senza soffermarsi e senza scomporsi, supera gl’impedimenti con agilità, scansa le persone con garbo, svolta alle cantonate con un giro cauto, sale senz’affannarsi, discende senza lasciarsi andare, e s’arresta a un tratto, quando arriva alla meta, con un ultimo passo risoluto, rimanendo ritto ed immobile.

Hai mai analizzato il diletto vivo che ti , oltre all’utile dell’idea che v’è espressa, uno di quei periodi magistrali, d’ampia stesura e di proporzioni giuste, nei quali v’è una corrispondenza perfetta fra il pensiero e la forma, e i concetti sono collegati e contrapposti in maniera da illuminarsi a vicenda, e tutte le locuzioni son proprie, e tutte le giunture facili, e nessuna parola superflua, per modo che non ti riesce [401] d’immaginare come quella data idea avrebbe potuto essere svolta altrimenti, neppure nei particolari secondari e minimi della sua espressione? Il periodo è lungo e ti par rapido, perchè non c’è nessuna oscurità che ti desti un dubbio, nessuna ridondanza che ti distragga, nessun intoppo vuoto che t’arresti. I concetti e i membri vi son distribuiti così bene, senz’affollamento, quantunque siano molto fitti, che ti par che l’aria vi si mova e v’entri dentro la luce da ogni parte. Il periodo è così ben modulato che vi senti una correlazione armonica fra la prima e l’ultima frase, e fra queste e le intermedie, e nelle intermedie fra di loro; ma è un’armonia non studiata e discreta, e come naturalmente prodotta dall’accordo dei pensieri. Tutti i concetti accessori che vi son contenuti ti si stampano nella memoria nello stesso ordine in cui lo scrittore li ha posti, come se quello fosse il loro ordine necessario e immutabile. Sono poche righe, e quando sei arrivato in fondo ti par d’aver fatto un lungo cammino, perchè hai veduto molte cose in un piccolo spazio, e non sei soltanto sodisfatto della lettura, ma anche di te medesimo, perchè dietro alle idee espresse n’hai vedute di sfuggita, grazie all’arte dell’autore, molt’altre, e scambi quell’arte con acume d’intuizione tuo proprio. E dopo la prima lettura ti senti forzato a rileggere, compiacendoti di cercare le cause di quell’effetto piacevole e utile, d’esaminare in ogni sua parte il congegno, e quasi di disfarlo e rifarlo, per conoscere l’operazione mentale complessa e sottile, con la quale fu fabbricato. Ti sembra un’opera d’arte che stia da , ed è in fatti una serie di parole che formano per sole un tutto, che contengono un principio [402] e un fine; è un piccolo capolavoro d’ordine e di numero, in cui sono congiunte la semplicità e l’eleganza, l’ampiezza e la brevità, la delicatezza e la forza; dove lo scrittore ha esercitato tutte le sue facoltà e messo tutte le sue doti migliori: il buon senso, il buon gusto, la ragione, l’immaginazione, la profondità e l’agilità del pensiero, l’acutezza e la vastità della vista mentale, alla quale non sfugge minuzia alcuna, e che abbraccia ad un tempo cento cose vicine e remote. Poi, rivolgendo quel piccolo capolavoro nel pensiero, godi un piacere simile a quello con cui si guarda e si rivolta per le mani un corpo rotondo, solido, liscio e lucente, e fai dei paragoni, per i quali t’appare anche più ammirabile la sua perfezione. Ripensi altri periodi d’altri scrittori, che ammirasti, ampi anche quelli, e bene architettati, e musicali; ma che differenza! C’è in quelli più suono che pensiero, e in qualche punto il suono è strepito; ci sono proposizioni che fanno eco l’una all’altra, frasi che si voltano indietro a guardare lo strascico della propria veste, concetti secondari che portano in capo un pennacchio troppo alto per la loro statura; e a certi svolti tu ci perdi d’occhio l’idea principale, e non sempre la ritrovi, o la ritrovi per riperderla ancora quando sei arrivato alla fine. Ma questo è per ogni verso perfetto. Non è nulla o è poca cosa rispetto al libro che lo contiene; si potrebbe anche togliere, e rimarrebbe all’opera tutto il suo valore; eppure non c’è da secoli fra le migliaia di lettori uno solo che non si sia arrestato a quel breve giro di parole, che non l’abbia ammirato, riletto dieci volte, citato in cento occasioni, ricordato per molti anni o per tutta la [403] vita; e in questa gemma si fisserà lo sguardo di generazioni e generazioni di lettori, fin che non sarà morta e sepolta la letteratura dov’essa risplende.

Ora senti: non è soltanto un consiglio, è una calda raccomandazione questa ch’io ti faccio, con la ferma certezza che, se la seguirai, n’avrai un vantaggio grande. Quando, leggendo uno scrittore, t’imbatti in uno di quei periodi, trascrivilo. E non temere d’aver da fare una tal fatica troppo sovente, perchè son periodi rari anche negli scrittori grandi. L’avere alla mano una corona di queste piccole maraviglie, e lo sfilarla ogni tanto, ti gioverà di più, per imparare a periodar bravamente, che leggere decine di volumi. Potrei presentartene io parecchi, che ho raccolti da scrittori di vari secoli; ma è meglio che li cerchi e che faccia la scelta tu stesso. Quando li avrai trascritti, e li rileggerai, e ci penserai su, ci scoprirai molte più bellezze di quelle che t’avranno fermata l’attenzione alla prima, e ne ricaverai tanti ammaestramenti da formartene in capo un piccolo trattato dell’arte del periodo, che sarà tutto tuo. Ci troverai fra i vari concetti connessioni intime, non significate con parole, come legami di fila finissime, non visibili che allo sguardo fisso e prolungato della mente; “volute di sintassi accennate appena che faranno fare come un mezzo giro al tuo pensiero verso un oggetto nuovo, per rimetterlo quasi subito al punto da cui l’avranno ritolto„; brevi spiragli, per cui t’appariranno di fuga tratti d’orizzonti lontani; e salite e discese e scorciatoie e profondità e curve ed angoli della locuzione, che ti desteranno nella mente altrettanti [404] moti diversi, leggerissimi, con ciascuno dei quali ti parrà di fare, e farai in effetto un passo avanti nell’arte difficile dello scrivere. E vedrai come ogni volta che ti metterai a scrivere dopo aver ristudiato quei modelli, troverai maggior facilità a far capire nel circuito d’un periodo solo molti concetti, a inanellarli senza sforzo, ad accennarne alcuni senza esprimerli, a involgerne altri dentro un altro, e a trascorrere da questo a quello con un colpo d’ala, e a districare gli stami di molti pensieri confusi per distenderli e incrociarli in un disegno netto e leggero.

Dammi retta: fàtti da te questa piccola raccolta di periodi perfetti, e imparala a mente, se puoi. E, chi sa! Se proseguirai in questi studi nell’età virile, forse ti verrà in mente di ampliare la raccolta fatta nella giovinezza, e di dare ai giovani italiani un’Antologia singolare e utilissima; della quale, ch’io sappia, non c’è ancora esempio.

 

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