Edmondo De Amicis: Raccolta di opere
Edmondo De Amicis
Ricordi di Parigi

VITTOR HUGO

I.

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VITTOR HUGO

 

I.

 

V'è uno scrittore, in Francia, salito in questi ultimi anni a un tal grado di gloria e di potenza che nessun'ambizione letteraria può aver mai sognato d'arrivare più alto. Egli è, per consenso quasi universale, il primo poeta vivente d'Europa. Ha quasi ottant'anni: è nato il secondo anno del secolo. Le siècle avait deux ans. Era già celebre cinquant'anni sono, quando Alessandro Dumas diceva ai suoi amici, parlando di lui: - Nous sommes tous flambés - e non aveva, inteso che il dramma Marion Delorme. Il suo nome e le sue opere sono sparsi per tutta la terra. D'un nuovo suo libro spariscono centomila esemplari in pochi giorni. I suoi lavori giovanili sono ancora ricercati oggi come quando annunziarono per la prima volta il suo nome all'Europa. Tutti i suoi cinquanta volumi sono pieni di gioventù e di vita come se fossero venuti alla luce, tutti insieme, pochi anni sono. La vita di quest'uomo è stata una guerra continua; una guerra letteraria, prima, bandita dal teatro; una guerra politica, dopo, rotta nelle assemblee e proseguita in esilio: l'una contro il classicismo, l'altra contro un imperatore; tutt'e due vinte da lui. Nessun altro scrittore del suo tempo fu più di lui combattuto, e nessun altro sedette, vecchio, sopra un più alto piedestallo di spoglie nemiche. Falangi d'avversarii furiosi gli attraversarono la strada; - egli passò - e quelli disparvero. I suoi grandi rivali discesero l'un dopo l'altro nel sepolcro, sotto i suoi occhi. Una serie di sventure tragiche disperse la sua famiglia: tutti i rami della quercia caddero l'un sull'altro fulminati; il vecchio tronco rimase saldo ed immobile. Egli passò per tutte le prove: fu povero, fu perseguitato, fu proscritto, - solo - vagabondo - vituperato - deriso; ma continuò impassibilmente, con una ostinazione meravigliosa, il suo enorme lavoro. In tempi in cui pareva finito, si rialzò tutt'a un tratto, trasfigurato, con opere piene di nuove forze e di nuove, promesse. Su tutte le vie della letteratura mise l'impronta dei suoi passi giganteschi. Non tentò, assalì tutti i campi dell'arte, e v'irruppe tempestando, rovesciando, sfracellando, lasciando da ogni parte le traccie di una battaglia. Alla tribuna, nel , in tribunale, in patria, in esilio, nella poesia e nella critica, giovane e settuagenario, fu sempre ad un modo, audace, ostinato, sfrenato, provocatore, rude, furioso, selvaggio. E suscitò degli eserciti di nemici, ma si trascinò dietro degli eserciti. Una legione di scrittori fanatici e devoti gli si strinse e gli si stringe intorno, e combatte in sua difesa e nel suo nome. Mille ingegni eletti, in varii tempi, non brillarono d'altra luce che del riflesso del suo genio; altri, attratti nella sua orbita, sparirono nel suo seno; altri s'affaticarono inutilmente, tutta la vita, per levarsi dalla fronte l'impronta ch'egli v'aveva stampata. La pittura, la scultura e la musica s'impadronirono delle creazioni della sua mente, e le resero popolari, per la seconda volta, in tutti i paesi civili. Una ricchezza enorme d'immagini, di sentenze, di traslati, di modi, di forme nuove dell'arte, profusa da lui, circola, vive e fruttifica in tutte le letterature d'Europa. Egli è da mezzo secolo argomento continuo di discussioni ardenti e feconde. Quasi tutte le nuove questioni letterarie o hanno radice nelle sue opere o vi girano intorno forzatamente, ed egli presiede, innominato e invisibile, a tutte le contese. Ma ora le contese, per quello che riguarda lui, almeno in Francia, sono quasi affatto cessate. La sua età, le sue sventure, la sua immensa fama, la vitalità poderosa delle sue opere, rinvigorita da recenti trionfi, la popolarità grande del suo nome tenuta viva continuamente dalla sua parola e dalla sua presenza, lo hanno messo quasi al di fuori e al di sopra della critica. I suoi più acerrimi nemici letterarii d'un tempo tacciono; i suoi più accaniti avversarii politici saettano il repubblicano, ma rispettano il poeta, come una gloria della Francia. Chi non lo riconosce come poeta drammatico, lo ammette come romanziere; chi lo respinge come romanziere, lo adora come poeta lirico; altri che detestano il suo gusto letterario, accettano le sue idee; altri che combattono le sue idee, sono entusiasmati della sua forma; chi non ammira nessuna delle sue opere partitamente, ammira ed esalta la vastità grandiosa dell'edifizio che formano tutte insieme: nessuno gli contesta il genio; nessuno, parlandone cogli stranieri, si mostra incurante od ostile all'omaggio che gli vien reso; e anche chi l'odia, ne è altero. Oltre a ciò, l'aura politica del momento gli è favorevole. Egli è un poeta popolare e un tribuno vittorioso, e porta sulla corona d'alloro come un'aureola sacra di genio tutelare della patria. È arrivato a quel punto culminante della gloria, oltre il quale non si può più salire che morendo. La sua casa è come una reggia. Scrittori ed artisti di tutti i paesi, principi ed operai, donne e giovanetti, entusiasti ardenti, vanno a visitarlo. Ogni sua apparizione in pubblico è un trionfo. La sua immagine è da per tutto, il suo nome suona ad ogni proposito. Si parla già di lui come d'una gloria consacrata dai secoli, e gli si prodigan già quelle lodi smisurate e solenni che non si concedono che ai morti. Ed egli è ancora pieno di vita, di forza, d'idee, di disegni, ed annunzia ogni momento la pubblicazione d'un'opera nuova. Ecco l'uomo di cui intendo di scrivere oggi. Dopo l'Esposizione universale, Vittor Hugo. Un argomento val l'altro, mi pare.

 

 

 


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