Edmondo De Amicis: Raccolta di opere
Edmondo De Amicis
Il soldato Poggio

(Introduzione)

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Fu il glorioso cinquantenario del Regno d'Italia che mi fece conoscere l'esistenza del bozzetto di Edmondo De Amicis «IL SOLDATO POGGIO».

Pochissimi, per non dire nessuno, ad eccezione dei congiunti del Poggio e di un limitato numero di amici, sapevano che Edmondo De Amicis avesse ritratto, con la mirabile arte sua, il valoroso artigliere piemontese; pochissimi voglio dire fra i lettori italiani dell'insigne scrittore, il quale aveva voluto che l'eroica istoria di Giovanni Poggio fosse viva oltre i confini dei mari, parendogli forse vano raccontarla in Italia, dove le gesta gloriose del mutilato di Capua dovevano essere note.

Toccò al giornale di Buenos Aires: El Nacional, del quale Edmondo De Amicis era corrispondente, l'onore di pubblicare il bozzetto, intitolato «IL SOLDATO POGGIO» nell'autunno del 1884. E lo pubblicò naturalmente in lingua spagnuola, dalla quale lo tradusse poi in italiano il capitano d'artiglieria Morano, perchè rimanesse dolce e prezioso ricordo al Poggio ed alla sua famiglia.

Fu così, per la cortesia di questa e specialmente d'uno dei figli del glorioso mutilato, il cav. Urbano Poggio, che mi fu dato di conoscere e leggere quelle pagine.

Volgeva al termine l'anno 1910, quando parve a me che un giornale, al quale sono care, per antica tradizione, le rievocazioni dei gloriosi eroismi, ed una Rivista che si intitola dal nome della Patria e per la quale è pur culto antico e gentile il patriottismo, cioè la Gazzetta del Popolo di Torino, e l'Illustrazione Italiana di Milano, non dovessero lasciar trascorrere l'ora giubilare d'Italia senza fregiarsi del ritratto che un chiaro artista, Vittorio Cavalieri, aveva fatto del vecchio mutilato.

Giovanni Poggio era entrato in quei giorni nel suo ottantesimo anno di età dopo aver visto poco prima compiersi il cinquantenario del giorno in cui perdeva ambe le braccia all'assedio di Capua.

E la tela, offertagli dai bravi figliuoli e dal gagliardo pittore, nella quale l'eroe è fortemente raffigurato col petto splendente di tante decorazioni, fra cui la medaglia d'oro al valor militare che è la più alta distinzione del nostro Esercito, quella cara e vivida immagine era stata una grande gioia per il povero vegliardo. Ma fu gioia ben !

Sei giorni dopo, il 5 dicembre, per crescente marasmo senile, più che per vera malattia, egli esalava l'estremo respiro.

Lentamente, placidamente, si era spenta la vecchia lampada, da cui pure emanava tanta luce di giovinezza spirituale, poichè quell'immagine vivente di soldato e di eroe era pur sempre un esempio meraviglioso di sacrificio e di amor patrio alle nuove generazioni.

Si era spento quell'umile e grande eroe a cui il destino, quasi a compenso della terribile, per quanto gloriosa sciagura, aveva dato un conforto rarissimo nel mondo, quello di una compagna mirabile, la quale per lui compì il sacrificio maggiore che si possa immaginare, il sacrificio di tutti i giorni e di tutte le ore, tale da richiedere veramente una bontà ed una pazienza che sembrano sorpassare i limiti dell'umano.

«Santa e generosa donna, grande nella tua oscurità, accetta il saluto della nostra gratitudine e della nostra ammirazione»; ripetiamo queste parole che le rivolgeva Edmondo De Amicis, e scriviamone qui il nome: Camilla Fossati!

Il giorno seguente, il 6 dicembre; veniva diretto a tutte le autorità militari del Presidio, dal Comando della Divisione di Torino, questo ordine del giorno:

«Ieri spegnevasi in questa città Giovanni Poggio, veterano della guerra di Crimea e delle Campagne Nazionali del 1859 e 60, l'eroe mutilato di entrambe le braccia, perdute sotto le mura di Capua, il valoroso soldato sul cui petto brillava la più alta e la più ambita decorazione al valor militare.

Nel darne il triste annunzio alle autorità militari del Presidio, onde la vita e l'eroismo di questo modesto artigliere siano additati ad esempio di tutti i militari dipendenti, avverto per opportuna conoscenza di tutti coloro che vorranno rendere un estremo tributo di omaggio all'estinto, che il suo trasporto funebre avrà luogo domani, ecc. ecc.

Il Tenente Generale, comandante la Divisione

CORRADINI».

E la funebre onoranza che si compiva sotto un melanconico cielo piovigginoso nel mattino del 7 dicembre, riuscì una solenne e gentile manifestazione di popolo, alla quale, con lodevole consiglio, si era pure associata la civica amministrazione, interprete sicura di tutta la cittadinanza torinese, ordinando che a spese del Municipio si rendessero i funebri onori.

hanno dimenticato certo, quanti vi assistettero, quel commovente spettacolo, che ancor più viva tenerezza suscitava nel grande atrio della Chiesa di S. Massimo dove il corteo fece capo e dove l'onorata bara, coperta dal tricolore, di fiori e del medagliere, fu salutata dal consigliere comunale avv. Adolfo Bona (rappresentante del Sindaco, senatore Teofilo Rossi) a nome della grande Città di adozione e della piccola terra nativa, a nome cioè di Torino e di Masio.

Poi gli diedero l'ultimo addio, con parola non meno commossa e commovente, il Generale Corradini, per la guarnigione di Torino e per l'esercito tutto; il Generale Gilli per i reduci dalle patrie battaglie; il Colonnello Rassaval, che ricordò anzitutto nel Poggio il suo compagno d'armi nella lontana Crimea, ricordò il baldo cannoniere che il 16 agosto del 1855, mentre gli zuavi ed i nostri bersaglieri fugavano i russi alla Cernaia e l'ufficiale piemontese gridava: «Bersagliè, lasseve nen passè dnans dai fransseis» nella batteria detta «La Rocca di Cavourroteando lo scovolo, caricava il pezzo gridando: «Viva 'l Piemont!».

Il Maggior Generale Ugo Allason gli porse, in vibranti parole, il saluto dei vecchi artiglieri. E lo salutava ancora nobilmente rievocandone la gloria, il Sindaco di Asti avv. Bartolomeo Bottino, che esclamava, volgendosi alla schiera dei Veterani: «E voi, vecchi soldati, che siete venuti recando i cenci gloriosi che passarono sui campi di battaglia agli itali zeffiri ventando, abbassateli sulla sua bara, così come voi fate, piano, in silenzio perchè il suo spirito non si svegli e migri senza avvertirlo, dall'amplesso della Patria, madre degli Eroi, all'amplesso della terra, madre dell'umanità».

Più degne parole non potevano chiedere la corona degli estremi saluti rivolti in quell'ora, vibrante di tanta mesta poesia, alla salma di Giovanni Poggio; così come nessuna parola potrebbe dire tutta l'anima sua di Italiano meglio di queste che si leggono in un foglio, rinvenuto dai figliuoli fra le carte del loro compianto genitore:

 

Ai miei figli,

dopo che il Governo avrà sistemato vostra Madre e tutte le cose saranno aggiustate, se potete, mandate non meno di lire Cento al Ministro della Marina, pregandolo di accettarle come primo fondo di una sottoscrizione popolare di cui vi farete iniziatori per regalare allo Stato una nave che porti il nome «PATRIA».

Queste, e le parole che egli raccomandò che si scrivessero sulla sua tomba: «Onest Popol, sosten l'unità d'Italia, sempre a la testa chi l'ha savula : CASA SAVOIA!» sono il testamento ideale di un Eroe, di un glorioso precursore dei tanti eroi che nell'ultima grande guerra hanno compiuto l'opera di redenzione iniziata da quei primi soldati del nostro vecchio Piemonte; sono il testamento che Giovanni Poggio ha scritto con la penna stretta fra i denti.

Quale epigrafe migliore al commovente bozzetto di Edmondo De Amicis - IL SOLDATO POGGIO

Giuseppe Deabate.

               L'Epigrafe del Monumento dettata da Paolo Boselli

GIOVANNI POGGIO

EROICO ARTIGLIERE
NELLE GUERRE PER L'ITALIA
IN CRIMEA NEL 1859 NEL 1860
COMPIENDO PRODIGI DI VALORE
PRODE FRA I PRODI DEL RE E DI GARIBALDI
NELL'ESPUGNAZIONE DI CAPUA
PROPUGNACOLO BORBONICO
PERDETTE AMBO LE BRACCIA
ONORATO DELLA MEDAGLIA D'ORO
MOSTRÒ LA SERENITÀ DEI FORTI
E MILITARE DECORO
NELLE ANGUSTIE DELLA VITA
NOBILMENTE POVERA
ALLIETATA E SORRETTA
DALLA CONSORTE CAMILLA FOSSATI
CON VIGILE DEVOTA OPERA D'AMORE
————
NACQUE IN MASIO IL 4 AGOSTO 1830
MORÌ IN TORINO IL 5 DICEMBRE 1910
————
QUESTO RICORDO
A SEGNO DI GLORIA
AD ESEMPIO DI MERAVIGLIOSE GESTA
VOLLERO IL POPOLO DI MASIO
AMICI AMMIRATORI

              


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