Edmondo De Amicis: Raccolta di opere
Edmondo De Amicis
Il soldato Poggio

UN'UMILE GRANDE EROINA

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               UN'UMILE GRANDE EROINA

Si chiamava Camilla Fossati, e si è spenta il 30 agosto del 1915 povera o quasi, com'era vissuta, e in quell'ombra che è cara alle anime veramente grandi.

Perchè un'anima grandissima Ella ebbe, un'anima quale forse non ebbero neppure talune eroine di cui la storia registra il nome in virtù di un loro magnifico ma momentaneo gesto.

Camilla Fossati non era che una bella e modesta fanciulla del contado; la sua mente non ebbe forse altro ornamento se non quello che le potè dare la scuola elementare d'un piccolo comune, cinquant'anni or sono; ma il suo cuore seppe intuire un'opera di bontà così eroica, che mille altri cuori, pure forti, non avrebbero osata.

E quell'opera seppe compiere, non solo senza un istante di smarrimento e durante tutto un cinquantennio, ma sempre con così ferma gentilezza, che il suo lungo inaudito sacrificio quasi non pareva.

Si chiamava Camilla Fossati; ma da cinquant'anni portava un nome glorioso, un nome che nella storia d'Italia è scritto a caratteri d'oro; il nome che le aveva dato, sposandola, il soldato Giovanni Poggio, il nome cioè del prode artigliere che sotto le mura di Capua, il 2 novembre 1860, per un atto eroico e necessario, che niuno osava e che Egli invece volle compiere, ebbe ambedue le braccia stroncate dalle granate borboniche.

All'umile e grande soldato, che ebbe l'encomio personale di Vittorio Emanuele II, l'Italia ufficiale non seppe dare altro compenso che una medaglia d'oro, una croce di cavaliere e una pensione di seicento lire annue.

Ella invece, Ella Camilla Fossati, gli seppe, gli volle offrire spontaneamente i tre più grandi doni che una fanciulla possa porgere all'uomo eletto: l'amore; la gioia d'una famiglia e, infine, dono incommensurabilmente grande, per Lui povero uomo senza braccia, l'assistenza sua, l'assistenza affettuosa e dolce per tutta la vita...

Poichè fu lei, la giovinetta bella, che volle sposare il mutilato artigliere, fu lei che con amore grande e con pietà infinita scelse il suo sacrificio. E di esso, attingendo conforto nella sua viva fede cristiana, seppe fare il nobile scopo della sua vita oscura.

Mille gesti eroici compiuti da donne forti registra la storia; ma io non ne conosco nessun altro che, come questo, richieda un più forte animo, un animo più lungamente forte.

L'umile e santa eroina si è spenta nell'agosto di quest'anno e cioè pochi anni soltanto dopo la morte dello sposo suo, il quale pure era di lei diciott'anni più vecchio. Quasi si direbbe che Ella, finita la sua meravigliosa missione in terra, fosse impaziente di raggiungere il suo compagno lassù.

E si spense povera ed oscura come visse: oscura perchè, per quella modestia che è propria delle anime grandi, Ella si era sempre tenuta nel limite dell'ombra; e povera, perchè l'Italia ufficiale, non avendo saputo far sua la frase con cui Vittorio Emanuele II, in un impeto di generosità, creava, senza decreti e firme, ufficiale il soldato Poggio, a lei, vedova grande d'un soldato semplice, l'Italia ufficiale non volle - non seppe volere - continuata quella misera pensione di seicento lire annue colla quale aveva premiato l'eroe.

E l'umile eroina troppo forse avrebbe sofferto, se per lei non ci fosse stata l'assistenza devota, riconoscente, affettuosa dei figli, che la veneravano, e la pietà - spontanea, tacita, munifica, personale - della Regina Margherita.

Torino, ottobre 1915.

Oreste Fasolo.

 


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