Edmondo De Amicis: Raccolta di opere
Edmondo De Amicis
Speranze e glorie; Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma

Le tre Capitali.

NOTA A QUESTA NUOVA EDIZIONE (1.a edizione Treves - 1911).

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Le tre Capitali.

 

 

 

NOTA A QUESTA NUOVA EDIZIONE

(1.a edizione Treves - 1911).

 

Il De Amicis intitolò Le tre capitali, raccogliendoli tardi, questi suoi tre scritti giovanili, due dei quali, con titolo un po' diverso, appartenevano già ai Ricordi del 1870-71 (Firenze, Barbèra, 1872); più importante di tutti il terzo, che ha valore di documento letterario e storico insieme. L'autore, sottotenente nel 3.° Reggimento fanteria, brigata Piemonte, dopo la campagna del 1866 era stato comandato presso il Ministero della Guerra a Firenze e incaricato di dirigere l'Italia militare. Accompagnò, come corrispondente di quel giornale, l'esercito italiano alla presa di Roma, e scrisse immediatamente le sue impressioni del 20 settembre 1870 e delle giornate seguenti.

Molti anni dopo, nel 1898, quando l'editore Niccolò Giannotta di Catania gli propose di iniziare con questi tre scritti riuniti in un volumetto la sua piccola Biblioteca popolare contemporanea, il De Amicis avvertiva:

"Rilessi, prima d'acconsentire, gli scritti, che avevo in parte dimenticati, e, rileggendoli, mi venne spesso sulle labbra un sorriso, che non era certo di compiacenza letteraria, e mi prese più volte un senso di tristezza, come accade sempre a chi si richiama alla memoria speranze alle quali non corrispose la vita ed entusiasmi su cui passò un'onda di nuovi affetti e di nuove idee. Acconsentii nondimeno alla pubblicazione di queste pagine perchè penso che la descrizione degli effetti intimi ed immediati prodotti da certi avvenimenti storici nell'animo d'un testimonio oculare non debba riuscire indifferente inutile ai giovani della generazione che quegli avvenimenti non vide; perchè l'affetto e la reverenza che sono espressi in questi scritti per le tre grandi città in cui palpitò e palpita il cuore d'Italia mi paiono sentimenti di cui non sia superfluo ripetere l'espressione anche dopo unificata la patria; e perchè in fine, in mezzo ai troppi difetti v'è se non altro in queste povere prose il pregio della sincerità giovanile, che, disponendo il lettore alla benevolenza, suol giovare indirettamente all'effetto cercato, ma non conseguito dall'autore per mancanza d'arte."

D. M.


 

 

 


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