Edmondo De Amicis: Raccolta di opere
Edmondo De Amicis
Amore e ginnastica

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    Tenne la sua conferenza sulle pompiere volontarie. Aveva scelto male la serata; c'era poca gente, fra cui una trentina di signore e un gruppo di studenti; ma riportò fra quei pochi, per la singolarità del soggetto e per la vivezza originale dell'esposizione, un caloroso successo. Uno dei primi che le corsero a stringer la mano fu il giovane Ginoni, con tanto di faccia fresca, come se nulla fosse accaduto fra loro; anzi, con un sorriso scintillante in cui ella lesse con rammarico la risurrezione del suo capriccio. Infatti, al veder lei per la prima volta in pubblico, ammirata e applaudita, la sua passioncella aveva ripreso fuoco per la miccia della vanità. L'idea degli squisiti godimenti d'amor proprio che egli avrebbe assaporati, quando fosse riuscito a vincerla ogni volta che l'avesse vista e udita a quel modo, gli diede come un solletico irresistibile. E, non conoscendola a fondo, si decise a una nuova mossa da giovanotto impetuoso e leggero, che crede nell'onnipotenza dell'assalto alla baionetta.
    Il giorno dopo, all'ora in cui soleva uscir sola, egli l'aspettava sul pianerottolo del primo piano. Pioveva, la scala era buia; quindi propizia. Per aver un modo d'entratura, egli aveva comperato dal Berry un ritratto del Meller, il vincitore del primo premio di Francoforte, del quale, in pochi giorni, s'eran diffuse migliaia di fotografie in tutta l'Europa.
    Quando la sentì discendere, salì verso di lei.
    Essa era veramente bella quel giorno, ancora un po' eccitata dal piccolo trionfo della sera innanzi, tutta vestita di scuro, con un grande cappello nero che incoronava mirabilmente la sua forte e snella persona.
    Il giovane si levò il cappello, e con allegra disinvoltura, mettendole davanti la fotografia: - Signorina - le disse mi permette di offrirle un ritratto che forse è curiosa di vedere?
    Essa avvicinò il viso con diffidenza; ma, appena letto il nome, mise un'esclamazione di piacere: - Meller!
    E, preso il ritratto, si accostò al muro per vederlo meglio, sotto quel po' di luce che veniva dal finestrino della scala. Il giovane le si strinse al fianco, come per guardare egli pure, e sporgendo il mento sopra la spalla di lei, cominciò a dar delle spiegazioni a bassa , segnando con l'indice della mano destra: - Questo è un vero tipo tedesco. Guardi la struttura del cranio, guardi che bocca. Eppure, se non si sapesse, non si direbbe che è il primo ginnastico della Germania. Non pare piuttosto un pacifico professore di letteratura? Non mi vorrà mai dire una parola consolante? Sarà sempre così indifferente con me? Avrà sempre un cuore...
    Il passaggio da una domanda all'altra era stato così naturale, che la maestra non v'aveva subito posto mente ma lo avvertì bene e meglio sentendosi la guancia di lui contro la sua, e un braccio intorno alla vita.
    Si svincolò con una brusca mossa, indignata, dicendo: Signor Ginoni, questo è un agguato ignobile!
    Il giovane si tirò indietro, per farle una risposta comica, ma la rattenne e si rabbuiò vedendo apparire in capo alla scala la faccia stravolta del segretario, il quale veniva giù lestamente, con un ritratto del Meller, lui pure! Nondimeno, egli non fu scontento di trovare una scappatoia alla sua brutta figura. - Cosa fa lei qui? - domandò al segretario, che s'era fermato e lo fulminava con gli occhi. - Non vien mica a riscuotere la pigione?
    Il segretario non seppe far di meglio che ripetere fremendo le parole della maestra: - È un ignobile agguato!
    - Caspita! - riprese il giovane, mentre la maestra se n'andava lentamente. - È un'eco perfetta, salvo la trasposizione dell'aggettivo. Soltanto badi le parole dette da lei io le piglio in tutt'altro senso.
    - E osa ancora?... - esclamò il segretario, quasi fuor di sé. - Se non fosse il rispetto che ho per il suo signor padre...
    - Oh per carità! - interruppe lo studente. - In queste cose non c'entra né il signor padre né la signora madre. Son vent'anni che sono slattato. Qui non ci sono che due uomini... Ma... per non sciupare il fiato, mi dica: lei è uno di quei segretari che si battono?...
    - Sì! - rispose ad alta voce don Celzani, pigliando un'impostatura troppo tragica per l'occasione. - Sono uno di quelli che si battono.
    - E allora basta così, - disse il giovane risoluto, - avrà l'onore di rivedermi. - E voltate le spalle, rientrò in casa sua.
    Un'ora dopo l'ingegnere Ginoni, informato d'ogni cosa dalla Pedani, prendeva il cappello, seccato, e saliva le scale per andar dal segretario, col fine di prevenire ogni passo del suo figliuolo. In fondo, benché spiacentissimo dell'offesa fatta alla signorina, considerava la provocazione del giovane come una ragazzata; ma da uomo di mondo, che conosceva i riguardi dovuti all'amor proprio d'un giovanotto vivo, capace d'intestarsi a voler condurre a fondo la cosa, la voleva accomodare all'amichevole, non già ritrattando la provocazione in nome di lui, ma proponendo una conciliazione, per la quale si facesse un passo avanti dalle due parti.
    Si presentò dunque al segretario, che trovò solo, coi modi cordiali d'un amico. Ma quegli, eccitato sempre dalla passione, eccitatissimo allora dalla gelosia, lo ricevette con un sussiego, di cui l'ingegnere durò fatica a non ridere.
    Affabilmente, questi gli disse che era stato informato dalla maestra, e che era venuto per comporre la contesa da buoni amici. Deplorava l'atto del figliuolo, ma il duello sarebbe stato una pazzia, un'assurdità ridicola, di cui non c'era neppur da discorrere. Bisognava sopire la cosa immediatamente. - Andiamo, caro segretario - disse - la maestra Pedani è fuor di quistione; io posso fare in nome di mio figlio, per quel che riguarda la signorina, le più ampie scuse, com'è di dovere. Ma per ciò che riguarda lei... non ci fu che un po' di vivacità dalle due parti. Lei non ha che a mostrare un po' di buon volere, e la cosa non avrà seguito alcuno, ne rispondo io.
    Ma don Celzani non era più il don Celzani d'una volta. Stette .
    - Io sono stato offeso - disse.
    - Andiamo - rispose l'ingegnere - le parole più gravi che si sian pronunciate sono ignobile agguato, e le ha dette lei. Chi ha più giudizio più ne metta. Lei ha quindici anni di più. Non è il caso di stare sui puntigli, che diavolo!
    Ma il segretario l'aveva a morte per quel certo braccio intorno alla vita. Questo era il punto, non la provocazione; per questo era di difficile accomodamento. - Pretende forse che io m'umilii? - domandò, rizzando la cresta.
    - Ma di che umiliazioni mi va parlando! - esclamò l'ingegnere. - Non si tratta di questo. Si tratta di salvar l'amor proprio d'un giovanotto, che ha lanciato una provocazione: non la vuol capire! Si tratta di fare in maniera che non sia costretto a darci seguito. Non ha che da dire che le rincresce d'aver pronunciato quelle due parole, e le rispondo io che tutto è finito. Oh santo Iddio! Ma è per punto d'onore o per gelosia che è tanto duro?
    Don Celzani rispose solennemente: - Per l'uno e per l'altro.
    L'ingegnere lo guardò... e perdette la pazienza. - Non credevo - disse, contenendosi a stento, - che l'amore le avesse vuotato il cervello a questo segno. Ma dunque lei cerca un duello?
    Quegli alzò il capo, e rispose con tuono veramente eroico: - Non lo cerco, ma non lo temo.
    - E allora le dirò che è matto nel mezzo della testa gridò l'ingegnere esasperato - e che se le piglierà, saran sue!
    E uscì sbattendo l'uscio con violenza.


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