Eduardo Scarpetta
Lo scarfalietto

ATTO TERZO

SCENA SESTA   Usciere e detto, poi Dorotea.

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SCENA SESTA

 

Usciere e detto, poi Dorotea.

 

USCIERE (correndo e gridando): Eccellenza, eccellenza!

RAFFAELE (alzandosi): Giacomì che d’è?

USCIERE: è na femmena!

RAFFAELE: N’ata femmena! 7 e una 8! Ma è na disdetta!

USCIERE: Nonsignore, Eccellenza, vuje c’avite capito! Fore nce sta na femmena, se chiamma Dorotea Papocchia.

RAFFAELE: All’arma de mammeta! Me credeva che muglierema aveva fatta n’ata femmena! Falla trasì.

USCIERE: Favorite.

DOROTEA (entra, un’occhiata di rabbia a Gaetano ed Emma): Signori miei, salute a buje!

GAETANO: (è morta la ciuccia! che scennimmo a ccà certo abbusco!).

RAFFAELE: Giacomì, va fore e statte attiento.

USCIERE: Va bene. (Via.)

DOROTEA (a Gaetano): Ve site mise de rimpetto, che scennimmo abbascio, te volgio rompere li gamme a te e a essa.

GAETANO: l’ho detto!

RAFFAELE (legge nella lista dei testimoni): Emma Carcioff, venite avanti. (Emma s’alza e si dirige verso Raffaele e Dorotea occuperà la sua sedia.)

GAETANO: Comme cammina bello, che belli passe, che belli passe.

FELICE: Nu turneso lo piatto, che pignuole!

RAFFAELE (con caricata eleganza): Voi siete Carcioff?

EMMA: Sì signore.

RAFFAELE: A me pare che siete la ballerina?

EMMA: Sicuro.

RAFFAELE: Bravo!... Eh, a me me piacciono tanto le ballerine. Io vengo tutte le sere al teatro, dove state voi, tengo la poltrona a prima fila, non m’avete visto mai a me?

EMMA No, non ci ho fatto caso.

RAFFAELE: Eh, come, io vengo sempre. Tengo nu binocolo grande grande, e vi fisso, vi fisso tutta la serata.

FELICE: (Ma è possibile c’avimma suppurtà sti vuommeche!).

RAFFAELE: Dunque giurate di dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità?

EMMA: Lo giuro.

GAETANO: Quanto è bella, quanto è bella!

RAFFAELE: Che sapete voi di questo Felice Sciosciammocca e sua moglie?

EMMA: Niente, Sig. Presidente, so che sono i proprietari di una casa al vico Baglivo.

RAFFAELE: E questa casa voi la volevate fittare?

EMMA: Sì, perché era vicino al teatro dove sto scritturata.

DOROTEA: E s’era diretta al suo cassiere.

RAFFAELE: Pss... (Suonando il campanello con lazzi.)

FELICE: Nu pupazzo movibile 25 soldi.

RAFFAELE (mostrando Dorotea): Guè, n’è venuta n’ata, la ! E poi perché non l’avete più fittato?

EMMA: Perché i proprietari non vollero più fittarla.

FELICE: No, io la volevo fittare. (Raffaele fa gesti d’impazienza; lazzo di tirare il campanello.)

GAETANO (riparandosi dietro Felice): (D. Felì stateve zitto, chillo mena a vuje e coglie a me!).

RAFFAELE: Sapete niente come questo Sig. Sciosciammocca trattava la moglie?

EMMA: No, di questo non so niente.

RAFFAELE: Come, non sapete tutte le quistioni, tutte le chiacchiere, tutte le liti che succedevano in casa.

EMMA: No, niente.

RAFFAELE (aprendo la bocca sul manico del campanello): Ah!

FELICE: (Oh! se lo magna lo campaniello! E chillo che nce a scennere).

RAFFAELE: Allora, una volta che non sapete niente, potete ritirarvi. (Dandole la mano.)

EMMA: Grazie.

RAFFAELE: Ricordatevi di guardarmi la sera, sa?

EMMA: Va bene. (Salutando.) Signori. (Passando davanti a Dorotea questa le volta le spalle.)

GAETANO (guardando Emma): se ne !... se la portano...

FELICE: A Tata li prievete. (Predica.)

RAFFAELE (leggendo c.s. nella lista): Rosella Paparella”.

ROSELLA: Presente. (S’alza.)

RAFFAELE: Venite avanti.

ROSELLA: Eccome cca.

FELICE: Chesta è na bona testimone, sape tutte li fatte mieje! (Piano a Rosella:) Rusì, ricordate che te facette la vesta nova lo nomme tujo!

ROSELLA (s’avvicina a Raffaele): (Va buono).

RAFFAELE (sorridente): Voi siete la serva di D. Felice?

ROSELLA: Sissignore.

RAFFAELE: Bravo! A me me piacene tanto le serve.

FELICE: (Chisto, a stu Presidente le piacene tutte quante).

RAFFAELE: Se mai ve ne andate da D. Felice, fatemelo sapere, perché vi prendo al mio servizio.

FELICE: (Va a servizio cu l’urzo!).

RAFFAELE: Io tengo 7 figlie femmene, ho bisogno di un’altra cameriera.

FELICE: (Chisto tene lo serraglio a casa!).

RAFFAELE: !... Giurate di dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità.

ROSELLA: Lo giuro.

GAETANO: Spiritosa.

FELICE: Io ve l’aggio ditto ca è bona.

RAFFAELE: Sapete niente se i vostri padroni si contrastavano mai?

ROSELLA: Sempe, ogni minuto secondo!

FELICE: Bene! (Dando un colpo sul cappiello di Gaetano che aveva sulle gambe.)

GAETANO: Puozze passà nu guaio. M’ha rovinato lo cappiello!

FELICE: Abbiate pazienza, D. Gaetà, è stato pe na mossa de piacere.

GAETANO: E che piacere, scusate!... Sia fatta la volontà de lo Cielo!

RAFFAELE (ai due): Stu mormorio, stu mormorio! Ah!

FELICE: (E trasuto la vacca dinto a lo palazzo, pigliate lo bicchiere).

RAFFAELE: E sapete niente dell’affare dello scaldaletto?

ROSELLA: No, de lo scarfalietto nun ne saccio niente.

RAFFAELE: Chi era la causa del contrasto, il marito o la moglie?

ROSELLA: Nun lo saccio signò, io me trovavo sempe quanno se stevene appiccecanno, nun saccio da chi preveneva.

RAFFAELE: Va bene, sedetevi, che poi sarete richiamata. E ricordatevi, se ve ne andate da D. Felice fatemelo sapere.

ROSELLA: Va bene. (Ritornando al posto:) (Mamma mia! moro da la paura).

FELICE: (Bestia, tu aviva dicere che preveneva da essa).

GAETANO (a Gennarino): Non t’addormentare.

RAFFAELE (leggendo sulla lista): Gaetano Papocchia”.

GAETANO: Hai capito? Che sarai chiamato pure tu.

RAFFAELE (c.s.): Gaetano Papocchia”.

GAETANO: Statte svegliato, si no haje n’atu paccaro.

RAFFAELE (c.s. gridando): Gaetano Papocchia”.

FELICE: D. Gaetà, jate llà.

RAFFAELE: Ma nce sta sta Papocchia, o no?

GAETANO: Presente, sto qua io. (Alzandosi.)

RAFFAELE: Ma vuje overo fusseve surdo?

GAETANO: Nossignore!

RAFFAELE: E venite avanti.

GAETANO: Me vulite lloco?

RAFFAELE: E vulite che vengo io lloco?

GAETANO: Nossignore.

RAFFAELE: E dunque, venite. (Gaetano si avanza, e facendo segni con la moglie di volerlo perdonare, ritarda di andare da Raffaele. Questi lo chiama con un grido e un colpo col campanello. Gaetano fa un salto.) Papocchia! Ma volete venire sì o no?

GAETANO: Eccomi. (S’avvicina a Raffaele.)

FELICE (sotto voce): D. Gaetà, ricordatevi, porco e baccalaiuolo!

GAETANO (arrivato vicino a Raffaele gli dice): Porco e baccalaiolo!

RAFFAELE: Oh! (S’alza gridando:) Chi è porco e baccalaiolo!?

FELICE: (Che animale!). (Sogg. lazzi.)

RAFFAELE: Giurate di dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità.

GAETANO (guardando ora Felice, ora Dorotea che lo minaccia): Lo giuro! (Giura con la mano sinistra.)

RAFFAELE: Co la mano sinistra giurate?

GAETANO (a Felice): Co la mano sinistra me fate giurà.

FELICE: E che so’ io?

GAETANO (c.s.): Lo giuro! (Mettendo la mano destra sul calamaio.)

RAFFAELE: Ncoppa a lo calamaro!

GAETANO (a Felice): Ncoppa a lo calamaro?

RAFFAELE: Qua, qua, dovete giurare. (Sulle carte che avrà innanzi.)

GAETANO: Lo giuro!

RAFFAELE: Voi volevate fittare la casa del Sig. Sciosciammocca?

GAETANO: Sissignore. ( che scengo abbascio muglierema m’accide.)

RAFFAELE: Ma questa casa non serviva per voi, serviva per la ballerina Emma Carciofi’?

GAETANO: (è fatta la frittata!). (Poi pianissimo a Raffaele:) Sissignore.

RAFFAELE: Che avete detto?

GAETANO (c.s.): Sissignore.

RAFFAELE: E alluccate, io non ve capisco.

GAETANO (piano): Sig. Presidente, c’è mia moglie , non vorrei far sapere.

RAFFAELE: Che m’importa a me di vostra moglie, lo debbono sentire tutti. Avanti.

GAETANO: Sissignore. (Forte.)

RAFFAELE: E quando andaste per fittarla, il Sig. Sciosciammocca si stava contrastando con la moglie?

GAETANO: Sissignore.

FELICE: (D. Gaetà, viene).

GAETANO (a Raffaele): viene.

RAFFAELE: Chi viene?

GAETANO (a Felice): Chi viene?

FELICE: (Lo porco).

GAETANO (a Raffaele): Lo porco!

RAFFAELE: Viene lo porco qua?

GAETANO (a Felice): Viene lo porco qua?

FELICE: (Che bestia!).

RAFFAELE: E chi lo porta?

FELICE (a Gaetano): (Lo baccalaiuolo).

GAETANO (a Raffaele): Lo baccalaiuolo.

RAFFAELE: Lo baccalaiuolo porta lo porco qua?

GAETANO (a Felice): Porta lo porco qua?

FELICE: (No! La moglie).

GAETANO: La moglie.

RAFFAELE: La moglie porta lo porco?

FELICE: (No! la moglie lo chiamò porco).

GAETANO: La moglie chiamò il porco.

FELICE: (E baccalaiuolo!).

GAETANO: E baccalaiuolo!

RAFFAELE: La moglie chiamò il porco e lo baccalaiuolo?

FELICE: (No! A me, a me!).

GAETANO: A lui, a lui!

RAFFAELE: A lui? Voi che state accucchianno? (Gridando:) Se sapè chi lo porta stu porco?

GAETANO: Ecco qua... (Poi mostrando Felice:) (Chillo me fa j ngalera me, lo !). Si dissero delle parole improprie, tanto lui a lei, che lei a lui, alleluja tutt’e duje.

RAFFAELE: Va bene, ho capito, jateve assetta!... Va!

GAETANO: Grazie, Sig. Ministro.

FELICE: (Che ministro? Presidente).

GAETANO: Grazie, Sig. Presidente.

FELICE: (Cavalier Presidente).

GAETANO: Cavalier Presidente.

RAFFAELE (gridando): Assettateve! (Gaetano siede spaventato.) Dorotea Papocchia”.

DOROTEA: Presente. (S’alza.)

RAFFAELE: Avanti.

DOROTEA: Eccome ccà. (S’avvicina.)

RAFFAELE: Giurate di dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità.

DOROTEA: Lo giuro.

RAFFAELE: Che sapete voi di questo Sig. Sciosciammocca e sua moglie?

DOROTEA: Sig. Presidente, io nun le cunosco.

RAFFAELE: Come? E non sapete niente.

DOROTEA: Niente, proprio niente.

RAFFAELE: E allora perché ci siete venuta?

DOROTEA: Perché voi mi avete chiamata. (Esce l’usciere.) E poi sono venuta per dirvi che mio marito mi tradisce pe na Carcioffola! (Gridando:) Ma io nun me stongo, Sig. Presidente, io le scippo tutta la faccia.

RAFFAELE (suonando il campanello): Pss... silenzio.., basta.

USCIERE (pigliandola pel braccio per farla ritornare al posto): Pss... prego.. signò... silenzio...

DOROTEA: Ma Sig. Presidente, noi siamo tutti qui per essere giustiziati.

FELICE: (L’ha pigliato pe lo boja!).

DOROTEA (a l’usciere): Vi comme stregna, lo , miezo all’ammuina se vuleva piglià lo passaggio!

USCIERE: (Mannaggia mammeta!). (Dorotea ritorna al suo posto e l’usciere via e poi torna.)

ANSELMO (alzandosi): Sig. Presidente, que... questi ci ba... ba... bastano, gli altri te... te... testimoni si po... po... possono inter...rogare do... dopo... (Raffaele cerca parere ai Giudici, e al P.M. i quali con cenni approvano. Poi Anselmo ha la parola, e chiama l’usciere:) Usciè la toga!

GENNARINO: Neh, ma io aggia j a la puteca.

GAETANO: Statte zitto!... (L’usciere ritornando con toga sul braccio, bottiglia d’acqua e un bicchiere nel piatto.)

USCIERE: Ecco servito, Sig. Avvocato. (Lazzo, bottiglia nel cappello d’Anselmo. Poi l’aiuta a mettere la toga e via.)

ANSELMO (dopo aver bevuto): Signor...

FELICE: Capitano, faciteme nu favore... (Cantando.)

RAFFAELE: Pss... (Impaziente:) Lasciate parlare l’avvocato.

FELICE: Sig. Presidente, io me credeva che vuleva cantà la canzone.

RAFFAELE (ad Anselmo): Avanti.

ANSELMO: Signor Presidente, e signori Ciucci... signori Giudici, qui non si tra... ta...ta... tta... tra...tra.

FELICE: Buh! (Ha sparato nu tracco!)

ANSELMO: Qui non si tra...tta di fare la caucia... la causa per un omicidio primmerattato... premeditato, e di un fu... o di un fu...fu...fu...

FELICE: Chiano cu sta parola.

ANSELMO: O di un fu...furto con assoì... assoì...

FELICE: Nun lo vattere!

ANSELMO: Ass...assassinio, ma soreta se ratta... ma solo si tratta di una povera mula sventrata... di una povera moglie sventurata, che viene innanzi a voi signor Puzzulente... signor Presidente, per provare con li fritte de tartufe... con i fatti le torture che le dava co... co... co...

FELICE: Ha fatto l’uovo!

ANSELMO: Co... continuamente suo marito. Chella che ha rotta la pupatella.

FELICE: E chella se ncuieta co la criatura!

ANSELMO: Quello che ha detto la Paparella, ci prova tutta la sua coppola... la sua colpa, e la Parrocchia de S. Gaetano... e il Papocchia sig. Gaetano, uomo impotente... uomo imponente e incapace di mentire, poco fa ci ha detto che 40 ove pe la frittata co lo caso... che quando andò per fittarsi la casa, vide che il sig. Sciosciammocca, se cuccava la state co la provola mmocca...

FELICE: Io me cuccava a la state co la provola mmocca?

ANSELMO: Si contrastava con la propria moglie, e si facevano delle pommarole in brodo... e si dicevano delle parole improprie! Da sotto pe li chiancarelle! (Tutti si alzano spaventati, gridando e guardando il plafond. Felice si copre la testa con una sedia, il Presidente appaurato si curva lasciando vedere dal tavolo la sola testa, e il braccio destro che suona il campanello. Anche Anselmo, vedendo gli altri si spaventa.)

FELICE: Ch’è stato?... Avete visto cadè quacche cosa? (Mostrando la soffitta.)

ANSELMO: No.

FELICE: E voi avete detto da sotto pe le chiancarelle?

ANSELMO: No, io voleva dire... la suddetta Paparella. (Tutti rassicurati si mettono a posto.)

FELICE: Ah! Sangue de Bacco! nce la mengo la seggia. La suddetta Paparella, de sotto pe li chiancarelle! (Siede.)

ANSELMO (seguitando): Dunque, la suddetta Paparella, come serva della casa e donna salata... e donna salariata poteva dire che io saglio lo pallone.., che i suoi padroni non si contrastavano mai, ma nonna nonna...

FELICE: Che vene mammone...

ANSELMO: Ma no... ma no... Essa venne a durece...

FELICE: Alice!

ANSELMO: Essa venne a dirci che il Sig. Felice e sua moglie se cuccavene ogne minuto secondo.

FELICE: E quanno nce suseveme?

ANSELMO: Si contrastavano ogni minuto secondo. (Pausa breve.) Signor Presepio... signor Presidente, si prore a buje e a Giustina...

RAFFAELE: Piano piano avvocà!

ANSELMO: Se preme a voi la Giustizia, potreste credere che questi contrasti venivano secula... per secula...

FELICE: Seculorem amen!

ANSELMO: Se... sempre per parte della maglia.., della moglie? E chi-chi-ri-chi.

FELICE: è schiarato juorno.

ANSELMO: E chi... chi non sa che la donna è assai più debole del marito? E poi, guardate sta figliola, e ciuncate voi sig. Presidente.

RAFFAELE: (Tu e l’arma de mammeta).

ANSELMO: E giudicate voi, signor Presidente, se in quel vizio.., viso vi può essere mannaggia...

FELICE: Llarma de patete.

ANSELMO Mannaggia...

FELICE: Chi t’ha allattato!

ANSELMO: Ma... mal... vagità. (Crescendo:) Essa non è col sepe.

FELICE: No, è co lo sale!

ANSELMO: Non è colpevole, è il marito che vuole pane cevuze e case-cavalle...

FELICE: Io voglio pane cevuze e casecavalle?

ANSELMO: Che vuole paglia per cento cavalli!

FELICE: All’arma de la lengua!

ANSELMO (gridando): Ma chi di voi non tene corne?

FELICE: jammo carcerate tutte quante.

ANSELMO: Tene core, non può fare altro che darle rangiata.

FELICE: No limonata.

ANSELMO: Darle ragione!... Qui... qui... qui...

FELICE: Cacciate le capuzelle.

ANSELMO: Quindi, io conchiudo Sig. Presidente, voi che rappresentate la cestunia...

FELICE: haje ditto buono.

ANSELMO: La... giustizia, se le dovete dare na pera... na pena, o chella de mammeta o chella de sorete... o che l’amalgama, e che l’assolva! (Siede.)

ANTONIO: Sig. Presidente, vi prego d’ascoltare gli altri testimoni...

RAFFAELE (legge la lista): Michele Pascone. Avanti. (Michele savvicina.) Giurate di dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità.

MICHELE: Lo giuro.

RAFFAELE: Tu sei il servo di D. Felice Sciosciammocca?

MICHELE: Eccellenza si...

RAFFAELE: Che sai tu dei tuoi padroni?

MICHELE: Saccio che s’appiccecavano sempe.

RAFFAELE: E lo scaldaletto chi l’ha posto nel letto, il marito, o la moglie?

MICHELE: La mugliera!

AMALIA: Non è vero, Sig. Presidente!

FELICE: Pss. Lasciate parlare il testimone...

ANTONIO: Lasciatelo finire.

DOROTEA (a Gaetano): Galantò, nuje facimmo li cunte nuoste.

GAETANO: Perdonami.

(Tutti parlano e fanno confusione. Raffaele agitando sempre il campanello impone silenzio.)

 


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