Eduardo Scarpetta
Tetillo

ATTO SECONDO

SCENA QUINTA   Attanasio, Menechella, Pasquale e detti.

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SCENA QUINTA

 

Attanasio, Menechella, Pasquale e detti.

 

FELICE: Chi è?

ATTANASIO (d.d.): Apre Tetì, songh’io sopapà.

FELICE: Papà.

MICHELINA e MARIETTA: Comme facimmo!

MENECHELLA (d.d.): Aprite, signori.

FELICE: La serva!

MICHELINA: Comme se ?

FELICE: Aspè, annasconniteve dinto a sta cammera. (Le spinge 2a a stn. e chiude.) Artù, aiza lo tavolino, leva chella carrozzella. (Arturo esegue mettendo la carrozzella sul tavolino dove sono a studiare. Felice apre il maestro.) Maestro facimmo lezione. (Siede al tavolino insieme ad Arturo.) Maestro aprite chella porta, spicciateve.

PASQUALE: Ma ccà ch’è succiesso la distruzione de Pompei! (Apre la porta poi siede a fare lezione.)

ARTURO (come recitando la lezione): Il padre che non riesca a frenare i traviamenti del figlio.

FELICE (egualmente): Dovrà essere cacciato dalla famiglia.

PASQUALE: Lo Codice addò sta?

FELICE: Articolo 2009.

PASQUALE: Benissimo, quello che parla dell’ipoteche.

FELICE: Quello che parla delle poteche.

PASQUALE: (No, de li magazzine). Lo Codice addò sta?

FELICE: (Maestro nun lo sapimmo. Stateve zitto).

MENECHELLA (a Felice): Signurì, vulite che ve porto la biancheria pulita, o chiù tarde?

FELICE: non pozzo penzare a questo, sto studianno.

ATTANASIO: Lassolo , vide che sta facemmo lezione.

MENECHELLA: Chella n’ha mannata la signora pe sapè si D. Felice la biancheria.

ATTANASIO: E portancella e zitto.

MENECHELLA: Va bene. (Andandosene:) (Nun pozzo stà nu momento senza vederlo). (Via.)

ATTANASIO: Maestro. (Salutando.)

PASQUALE: Signore (c.s.).

ATTANASIO: Io sono il padre di questo giovine.

PASQUALE: Lo credo perché lo dite voi.

ATTANASIO: Come si porta?

PASQUALE: Magnificamente!

ATTANASIO: Ho visto che vi siete chiusi da dentro. Avete fatto bene così non siete seccati.

FELICE: Articolo 9124.

ARTURO: Articolo 8350.

PASQUALE: (Sochiù poche, sochiù poche).

ATTANASIO: Maestro, che fa sta carrozzella ccà ncoppa?

PASQUALE: Ah, sissignore, volevo insegnare un poco di meccanismo a D. Felice, le vulevo vedè comme se situa l’asse dinta a la rota.

ATTANASIO (la prende): E levatela da ccà. (Va per metterla sul pianoforte, vede il Codice e lo prende.) E chisto ch’è lo Codice, che nce fa ncoppa a lo pianoforte?

FELICE: ( abbuscammo tutt’e tre maestro).

PASQUALE: Dove stava, sul pianoforte?

ATTANASIO: Steva apierto ncoppa a lo letterino.

PASQUALE: E aveva da stà. Ecco qua, caro signore, ve spiego: è un sistema mio particolare, io piglio il testo di legge e lo faccio cantare ai miei scolari.

ARTURO: (Chesta è grossa).

PASQUALE: Vi sembra una cosa strana, ma quando insegno una cosa a pianoforte resta impressa.

ATTANASIO: Uh! Maestro, fateme lo favore, faciteme vedè come fate.

PASQUALE: Ah! Volete vedere come faccio?

ATTANASIO: Sì, perché veramente e una cosa nuova per me, ne vorrei avere un ‘idea. E non cambiate nisciura parola?

PASQUALE: Oh, se , qualcheduna se deve cambiare, il senso è sempre lo stesso. Non è vero D. Felì è sempre lo stesso.

FELICE: Sicuro.

ATTANASIO: Fatemi sentire il 222 cantando.

PASQUALE: D. Felì, fate sentì a papà comme fa l’articolo 222 cantando.

FELICE: Ma maestro, scusate, stammatina nce avite data la prima lezione, cantatelo voi.

PASQUALE: Ah, già, avete ragione, adesso lo canto io. L’articolo 222 dice così. (Canta:)

 

Quel padre il quale — non può frenar

Della sua prole — l’irregolar

Condotta deve — farlo partir

Od in prigione — farlo morir.

 

ATTANASIO: Bravo. Voi vedete a che s’è arrivato con lo studio. Maestro fateme sentire lo 223. (Guarda nel Codice.)

PASQUALE: (E te prode a capa!). Va ragazzi fate sentire l’articolo 223 come si canta.

FELICE: Embè, maestro, ve l’avimmo ditto che stammatima nce avite data la prima lezione, cantatelo voi.

PASQUALE: (Che assassino!). L’articolo 223 si canta così: (Lazzi.)

 

Non è permesso al figlio

La casa di lasciar

Se gli si consiglio

Dal padre di restar

 

FELICE e ARTURO: Signorina dincello a mammà. (Cantando.)

PASQUALE: Che signorina. Neh, questo è quell’altro articolo.

FELICE: Ah! Già, è quell’altro articolo.

ATTANASIO: Comme, nce sta n’articolo che dice: Signorina dincello a mammà?

PASQUALE: Nonsignore, è il motivo, ma le parole sono quelle del Codice. (Lazzi poi canta:)

 

Però se me può andar

Senza permesso

Senza permesso

Se va il soldato a far

Che gli è concesso

Che gli è concesso

Partir quand’ei vuol

La patria per servir

(Arturo e Felice ripetono il coro c.s.)

ATTANASIO: Bravo, veramente bene maestro, vi faccio i miei complimenti.

PASQUALE: (Io sto tutto sudato!).

FELICE: (Maestro, dicite ch’avimmo fernuto).

PASQUALE: (Io chesto vaco trovanno). Ragazzi, la lezione è finita.

FELICE: Grazie maestro.

PASQUALE: Ci vedremo domani. Portatevi come vi siete portato oggi (e state frische tutt’e duje).

FELICE: Non dubitate maestro.

PASQUALE: Signore.

ATTANASIO: Maestro riverito.

PASQUALE: (Io n’aggio visto padre rapeste, ma chisto è nu vero turzo de cavolifiore!). (Via.)

FELICE: (Comme facimmo pe me j a papà).

ARTURO: (E io che ne saccio, pe me me ne vado).

FELICE: (Aspetta, che bella idea!). Neh, papà, Arturo non crede che vuje tenite chillorologio che ogn’ora sona nu valzer.

ATTANASIO: Sissignore, quello era del padre della felice memoria di mio nonno. Ah! è na bella cosa, n’inglese me vuleva 200 piastre, io nun nce lo vulette .

ARTURO: Ma sta sopra a qualche conzola?

ATTANASIO: No, quello è piccolo, è un orologio da sacca.

ARTURO: Un orologio da sacca? E ogne ora suona nu valzer?

FELICE: Sì, sì, suona nu valzer; papà, facitingillo vedè, io pure nun lo veco da tanto tiempo.

ATTANASIO: E perché no, andiamo a basso e ve servo.

FELICE: Sì, sì, caliamo abbasso. (Mentre tu vide l’orologio, io vengo e le faccio fuì.)

ATTANASIO (Felice urta Attanasio d.d.): E nun me vuttà.

FELICE: , pecché Arturo va de pressa.

ARTURO: Andiamo.

FELICE: vide quanto è bello. (Viano fondo. Scena vuota.)

 


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