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FELICE: Grazie tanto. (Con lettera.)
PASQUALE: Favorite, favorite. Vuje site D. Felice Sciosciammocca?
PASQUALE: Favorirmi sempre. Vi ha mandato il Deputato Cardi?
FELICE: Perfettamente il quale vi saluta tanto, dice che non vi dimenticate le ficosecche mbuttunate.
PASQUALE: Sono pronte, domani sarà servito! Sempre che il Deputato mi dà ordine, io mi credo troppo onorato.
FELICE: Lui mi disse che voi avevate bisogno di un Segratario, e ha creduto di preferire me.
PASQUALE: Bravissimo. Che età avete?
FELICE: 32 anni e quattro mesi. Sono stato 10 anni con Ravel a Napoli...
MICHELE: Faciveve li sacicce? (Lazzi.)
FELICE: Dunque sono stato 10 anni con Ravel, poi me ne sono andato perché non mi voleva aumentare, da Ravel stesso, vi potete informare io chi sono.
PASQUALE: Non c’è bisogno d’informazioni, vi conosce il deputato e basta.
FELICE: Questa è la lettera di presentazione. (La dà.)
PASQUALE (la prende): Accomodatevi. Michè va dà na mano a Luigi ad arapì chelli ficosecche, avite ntiso che lo deputato li bò, agge pacienza.
MICHELE: Sissignore. Eccomi qua. (Mò che steva a lo meglio, mò me n’aggia da j). (Cerca scusa a Felice, lo saluta ed entra a sinistra prima porta.)
FELICE: (Ma che è no brello chiuso!).
PASQUALE (apre la lettera e legge): «Caro Pasquale. Il porgitore della presente è il giovine che ti proposi, egli fa per il tuo negozio, è di buonissimi costumi, educato, istruito, e senza pretenzioni, puoi benissimo affidargli tutti gli affari tuoi, perché è un giovine di sperimentata fiducia, e fedele come un cane. Debbo dirti però, che è molto disgraziato... (Pasquale lo guarda da capo a piedi.) A me però ha confessato tutto. Fino all’età di 15 anni, è stato guardiano di un Arem in Costantinopoli. Voglialo bene, perché se lo merita. Ti saluto, Tuo aff.mo Cardi». Bravissimo, la lettera parla molto bene di voi.
FELICE: Grazie, è bontà del Deputato.
PASQUALE: Io da questo momento vi prendo con me, co lo stipendio di 100 lire al mese, mangiare e dormire, siete contento?
FELICE: Tutto quello che fate voi, sta ben fatto.
PASQUALE: Io vi metterò a parte di tutti gli affari miei, di tutti i miei segreti, e voi pure dal canto vostro, vi dovete confidare con me.
FELICE: Oh, si capisce, sarete per me un secondo padre.
PASQUALE: Io credo che voi dovete essere molto disgraziato?
FELICE: Eh, così, così... (E pecché so’ disgraziato?!).
PASQUALE: Ah! Povero infelice! Povero infelice!
FELICE: (Ma che m’aggio da j a mpennere a stu paese?!).
PASQUALE: Avite fatto marenna?
FELICE: Nossignore, non ancora.
PASQUALE: Aspettate, mò ve servo io. (Alla porta a destra chiama.) Concettella? Concettella?... Mò ve faccio fà na costata, co no bello bicchiere de vino, e ve mettite no poco in forza, n’avite piacere?
FELICE: (E che, so’ debole dinte a li gamme!). Comme volete voi.
PASQUALE: Pò doppo calate, e incominciate a fà qualche cosa, ma cose leggiere sà, v’avisseve da credere che ve faccio faticà assai, io sò la vostra posizione quanto è critica, tenete la volonta, ma...
FELICE: (Chisto che dice!). Fate voi, io dipendo da voi.
PASQUALE (chiama): Concettella?