Eduardo Scarpetta
Amore e polenta

ATTO QUARTO

SCENA PRIMA   All’alzarsi della tela si sentirŕ suonare un valzer, e un servo con ricca livrea che va alla sinistra e alla destra con guantiera colma di bicchierini di rosolio. Dalla sinistra vengono Angelica al braccio di Fruvoli (con poesia), Elena appresso, Cesare la segue.

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SCENA PRIMA

 

All’alzarsi della tela si sentirà suonare un valzer, e un servo con ricca livrea che va alla sinistra e alla destra con guantiera colma di bicchierini di rosolio. Dalla sinistra vengono Angelica al braccio di Fruvoli (con poesia), Elena appresso, Cesare la segue.

 

ANGELICA: Venite, venite, qui si respira un poco d’aria più ossigenata, c’è troppa folla, poi ci fa un caldo orribile. Io odio i siti dove c’è troppa caldagia.

FRUVOLI: (E dalle ! Una appriesso all’ata!). E nu fatto, io pure odio il caldo.

ELENA: A me poi non mi fa niente, io non ci soffro affatto, vorrei sempre ballare, non sono stata mai tanto allegra, come lo sono stasera!

CESARE (con poesia): Elena!

ELENA: (Cesare, che buò? M’aggio miso stu guaio appriesso stasera ca è n’affare serio!). (Angelica siede sul divanetto. Fruvoli le siede vicino. Elena siede ad un sediolino. Cesare presso di lei all’impiedi.)

ANGELICA: A te poi, cara Elena, stasera niente ti dispiace, tutto ti diverte, perché da un anno eri priva di andare ad una festa da ballo, noi no noi facciamo questo ogni domenica.

FRUVOLI: Ma stasera però la festa è diventata più bella, perché la si è fatta per voi, per l’anniversario della vostra nascita.

ANGELICA: Ah! Sicuro! A quest’ora appunto 29 anni fa mia madre mi aveva data alla luce.

FRUVOLI: 29 anni fa?

ANGELICA: Perfettamente.

FRUVOLI: (Nce nu bello coraggio!).

ANGELICA: A proposito, cavaliere, leggete quella poesia che voi tanto impunemente avete scritta per me.

FRUVOLI: Oh! ma per carità, è una cosettina.

ANGELICA: No, anzi è tanto graziosa, leggetela, voglio farla sentire ad Elena.

ELENA: Si, si, sentimmo.

CESARE (sospira): Ah!

ELENA: (All’ossa de mammeta!)

FRUVOLI (prende una carta e legge):

«Quale una rosa allo spuntar d’Aprile

Fra foglie e spine al ramo comparisce,

E che ogni cor di donna essa rapisce,

Così facesti tu, donna gentile!

Però la rosa tolta da quel ramo

Dopo un giorno già perde ogni candore,

Ma tu sei sempre bella e come il fiore

Rapisti me che’ immensamente t’amo!

Sii felice e giammai t’opprima il duolo

Ricordati di me, di me che spero

Non un accento, o un sguardo lusinghiero

Né la parola tua, ma un riso solo!

ANGELICA: Bravo! moltissimamente bene! Sono propri versi aspiratorii.

ELENA: Belli, veramente ve ne faccio i miei complimenti.

FRUVOLI: Grazie, signora. (Dandole la mano.)

CESARE: (Ti sei dimenticata i sonetti che ti ho fatto io?)

ELENA: (Dalle !) Ma perdonate però signor cavaliere, in quella poesia io ci trovo delle parole che m’hanno fatto comprendere qualche cosa! per esempio: Rapisti me che immensamente t’amo!

FRUVOLI: Ed è vero, lo confesso.

ELENA: Ah! bravo!

FRUVOLI: Ma non lo nessuno però!

ANGELICA: Eh! Non lo nessuno! Dentro se ne sono acconti tutti quanti! (Con grazia.) Mi facevano delle guardate, ma a me non m’importa niente... Se ne sono accorti? Meglio così. Io non debbo dar conto a nessuno, noi ci amiamo e ci sposeremo.

ELENA: Bravissimo!

FRUVOLI: Grazie, Angelica, grazie. (Aggio fatto lo colpo!)

ELENA: A proposito zìzì, dinto tutte quante aspettano quel gran tenore, non è venuto ancora?

ANGELICA: No, forse verrà più tardi. Ah! Deve venire certo, io gli ho scritto un biglietto e non mi ha risposto, se non voleva venire mi rispondeva.

ELENA: Dicono che tiene una voce sorprendente.

FRUVOLI: Si vuole che sia il più gran tenore dell’epoca.

CESARE: (Ed io il più disgraziato!)

ELENA: (E te jette a mare, tu che buò da me?).

FRUVOLI: A Parigi per 8 recite gli hanno dato 100 mila lire in oro.

ELENA: Come si chiama?

FRUVOLI: Augusto Ferro di Milano. È venuto a Napoli per una gita di piacere, ma dicono che sia uno stravagante, un originale. Si narra che si trovava a Londra, una signora lo invitò a cantare in casa sua e gli fece domandare quanto voleva per cantare 3 pezzi a pianoforte, rispose che sarebbe andato a cantare, e dopo cantato faceva sapere alla signora quello che voleva. La signora ricchissima accettò, e dopo averlo inteso a cantare gli domandò: Che cosa posso darvi? Rispose: La vostra scarpina, signora, e niente altro.

ELENA E ANGELICA: Ah! Ah! (Ridendo.) La scarpina?

FRUVOLI: Perfettamente. Lei detto fatto se la tolse e gliela diede.

ANGELICA: Vedete che stravaganza! (Si ode il pianoforte di d.) Si suona, andiamo. (S’alzano. Angelica il braccio a Fruvoli. Elena appresso, Cesare la segue.)

ELENA: (Nun te movere appriesso a me, ossà!).

CESARE: Ingrata... ingrata donna! ( Viano a destra.)

 


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