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FELICE (lato destro correndo): Papà, ch’è stato?... è inutile che nascondete le pistole perché io sò tutto, sono stato informato di tutto.
AGAPITO: Ma addò sì stato, pecché te ne sì ghiuto?
FELICE: Me so’ allontanato no poco pe non sentere chello che diciveve co chill’ommo ch’è venuto. Mò proprio aggio parlato con Luigi Belfiore, dice che tene no duello co buje.
AGAPITO: Alla pistola! E voi sarete il mio testimone!
FELICE: E voi credete che io soffrirò questo? E credete che io posso permettere questo duello? Voi, avvocato padre di famiglia, ritirato dagli affari? No! Me lo vedo io, sono io che vado a battermi con Belfiore.
AGAPITO: Voi? Ma quello è amico vostro?
FELICE: Che amico e amico! Dal momento che si deve battere con voi, non è più amico mio! Datemi queste pistole. (Gliele strappa di mano.) Lasciate fare a me, ci penso io... (Via correndo pel fondo.)
AGAPITO (chiamando): D. Felì... D. Felì... che coraggio!... che risolutezza! Vuò sapé la verità, è stato meglio accussì. Chillo è giovene, tene lo polzo fermo, n’avarrìa piacere si le consignasse no crisuommolo mpietto!... (Via a destra.)