Eduardo Scarpetta
Felice maestro di calligrafia

ATTO SECONDO

SCENA QUARTA   Achille, la Marchesa, Alberto e detti.

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SCENA QUARTA

 

Achille, la Marchesa, Alberto e detti.

 

ACHILLE: Favorite, lo Barone proprio è asciuto, ma trica poco; m’ha dato l’ordine che chiunque veneva l’avesse fatto aspettà.

MARCHESA: Va bene, aspetteremo un poco.

ALBERTO: Faremo un po’ di conversazione con la Baronessa e la Baronessina.

FELICE: Pulecenè, lo sposa Pulcinella stateve zitto.

ACHILLE: Facite comme ve piace. (Via.)

ALBERTO: Neh servo, dimmi una cosa, la Baronessina che fa?

PULCINELLA: Me pare che sta facenno la calzetta.

ALBERTO: La Baronessina fa la calza, tu che dici?

MARCHESA: Ma non vedi che quello scherza.

ALBERTO: Scherza! Chi ti la libertà di scherzare. Un vile servitore si mette a scherzare con me. Adesso vado io dalla Baronessina. Vedete che sorta di lazzarone! Ma già, appena la Baronessina mi avrà sposato tu non starai più in questa casa. Vedete che imbecille, scherza con me, col Marchesino Zoccola, non ti azzardare un’altra volta che ti prendo a calci. (Soggetto e via.)

PULCINELLA: Chillo si nce steva la gatta faceva tanta ammuina.

MARCHESA: E che ci ha che fare il gatto?

PULCINELLA: Pecché se l’avarria pigliato pe coppa a la noce de lo cuollo e se l’avarria mmuccato.

MARCHESA: Perché?

PULCINELLA: Pecché essenno figlio de na zoccola, quale siete voi, isso è nu soricillo.

MARCHESA: Oh basta ! Ha ragione il Marchesino mio figlio, tu sei un servitore... ringrazia la sorte che non ti ha fatto niente. Va a dire alla Baronessina che io sono venuta a farle una visita.

PULCINELLA: Subito... ( me vaco a fa na zuppa de carnacotta, D. Felì, spuzzoliatella tu a chesta.) (Via.)

FELICE: A chi, me ne vaco pur’io. (p.p.)

MARCHESA: Oh caro D. Felice...

FELICE: (M’ha visto). Carissima Marchesa.

MARCHESA: (Quanto m’è simpatico stu giovine). Dove andate?

FELICE: Vado a fare un servizio necessario, permettete (p.p.).

MARCHESA: Aspettate un momento, non è educazione lasciare una giovine sola.

FELICE: (All’arma de la giovine). Vedete, vado di fretta... un amico mi sta aspettando...

MARCHESA: E fatelo aspettare un altro poco questo amico accomodatevi, devo dirvi una cosa.

FELICE: (Chesta che se appurà?). (Seggono.)

MARCHESA: Voi siete maestro di calligrafia, non è vero?

FELICE: A servirvi.

MARCHESA: A , a favorirmi.

FELICE: (Mamma mia quant’è brutta!).

MARCHESA: E bravo, siete un simpatico giovine, sapete.

FELICE: Grazie, è bontà vostra.

MARCHESA: No, così è, così è...

FELICE: (Chesta che se fa afferrà).

MARCHESA: Voi la casa mia la sapete?

FELICE: No, non ci sono stato mai.

MARCHESA: Io abito in via della Zecca n. 17.

FELICE: Via della Zecca... (E ca tu na zecca me pare.)

MARCHESA: Vi ho detto la mia abitazione perché vorrei che mi veniste a dare lezione di calligrafia, tengo un carattere così brutto.

FELICE: (E se n’è addunato ampressa la piccerella!).

MARCHESA: Per otto lezioni al mese quanto vi debbo dare?

FELICE: Vedete, io di solito mi piglio cinque lire, ma voi come della casa me ne darete quattro.

MARCHESA: Ma che quattro e quattro, voi meritate cento lire la lezione.

FELICE: Cento! Voi che dite, siete troppo buona!

MARCHESA: No, voi siete buono! (Gli prende la mano.) Che bella mano che ci avete, (com’è bianca!)

FELICE: (Vuò vedè che la vecchia s’è nnammurata de me!).

 


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