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VIRGINIA: Sì tu, che vuò da ccà?
PAPELE: Vengo perché il padrone... (Che uocchie, mamma mia!). Le manda a domandare se vostra signoria lo vuole ora ricevere... vorrebbe rivenirla, e prima d’introdursi mi manda ad avvertirla.
VIRGINIA: Dirai al tuo padrone che questa non è l’ora che lo posso ricevere.
PAPELE: Va bene, mia signora. (Per andare.) Così vuole che dica ed io così dirò... Ma credo, o sia, suppongo... del resto poi non sò...
VIRGINIA: Ma cosa?
PAPELE: Gran premura ei di parlarle aveva.
VIRGINIA: Ma allor senz’avvisarmi da me venir poteva. Non sono la sua schiava? Che forse non dipendo dal mio ricco padrone? Digli che qui l’attendo.
PAPELE: Va bene. Io pur voleva domandarle se sà... Mi scusi l’imprudenza... Concetta dove sta? Io non l’ho vista affatto fin da questa mattina, non entro come al solito neppur nella cucina.
VIRGINIA: In cucina tua moglie non ci verrà mai più!
PAPELE: Perché?
VIRGINIA: Perché mi chiedi? Il perché lo sai tu.
PAPELE: Ma no, io non sò nulla.
VIRGINIA: Nulla? Che traditore!
PAPELE: Forse, credo, nun vene pecché nce fa calore?
VIRGINIA: Calore, sì... tu pure sì de la stessa scola, che pe ngannare pronto, tenite la parola. D’amor voi non capite il puro sentimento! Avete un sol pensiero, un solo: il tradimento! Ed ogni donna cade, sia pure onesta e saggia... Va là vattenne fore, me fai venì l’arraggia! Sesso crudele, infame, bugiardo, iniqua razza!
PAPELE: Eccellenza, scusate...
PAPELE: (E chest’è pazza!). (Via pel fondo.)