Eduardo Scarpetta
Gelusia

ATTO SECONDO

SCENA QUARTA   Errico, in fondo in osservazione, e detti.

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SCENA QUARTA

 

Errico, in fondo in osservazione, e detti.

 

ANNETTA: Il nostro matrimonio dunque, è vicino?

EDUARDO: Vicinissimo.

ERRICO: (Che sento!).

ANNETTA: In quanto a me, vi accerto che saprò essere moglie ubbidiente ed affettuosa.

EDUARDO: Ed io marito affezionatissimo.

ANNETTA (alzandosi): Permettete?

EDUARDO: Accomodatevi.

ANNETTA: (Povero giovine. Quanto è infelice!). (Via.)

EDUARDO: (Povera figliola, me pietà!). Intanto io era venuto ccà pe vedè de parlà co Giulietta, e dirle tutto, e non l’aggio vista ancora! Potesse sapè da Saverio, se... (Per uscire.)

ERRICO: Signore, un momento.

EDUARDO: Oh! Carissimo maestro...

ERRICO: Debbo dirvi due parole, se pur non vi è d’incomodo.

EDUARDO: Incomodo affatto. Parlate.

ERRICO: Pochi momenti or sono, io stava qui, ed ho intese le ultime parole che ha detto a voi quella giovine.

EDUARDO: Come: voi?

ERRICO: Lasciatemi dire. Sappiate dunque che io sono Errico Fiorino di Benevento; ero un misero maestro di letteratura, e vivevo con quel poco che mi davano cinque o sei ragazzi del paese, ai quali faceva lezione. Due anni conobbi il signor Giammatteo, questi mi guardò di buon occhio fin dal primo giorno che entrai in sua casa, volle farmi dare lezione ai suoi due figli Annetta e Feliciello, mi teneva a pranzo quasi ogni giorno con lui, mi trattava, mi amava come un suo terzo figlio... Signore, in poche parole, io m’innamorai di Annetta, Annetta s’innamorò di me ed entrambi ci amammo di un amore immenso, indicibile... Ma io non poteva andare da suo padre, perché la mia posiziohe non lo permetteva... pur tuttavia speravamo. Il giorno 8 corrente... Oh! giorno fatale; Don Giammatteo fece leggere una lettera a sua figlia in cui si parlava del suo matrimonio con voi. Oh! Signore, se avete cuore nel petto, se avete amato veramente, figuratevi la mia posizione e quella di Annetta. Obbligati a partire, siamo venuti, qui, dove ho perduto ogni speranza, ogni felicità!

EDUARDO: Affatto! Voi che dite! Oh! Fortuna! Voi dunque amate Annetta?

ERRICO: Oh! Più di me stesso.

EDUARDO: Annetta ve bene?

ERRICO: Oltre ogni credere.

EDUARDO: Oh! Sorte! Oh! Contento!

ERRICO: Ebbene?

EDUARDO: Voi dovete sapere che Annetta... se voi l’amate assai, a me non me passa manco pe la capo.

: Che!

EDUARDO: Sissignore, sappiate che io faccio l’ammore co... ma silenzio...

ERRICO: Oh! Vi pare!

EDUARDO: Io faccio l’ammore co Giulietta.

ERRICO: Che sento! Come, la sposa del fratello di Annetta?

EDUARDO: Perfettamente... è n’anno e miezo: lo padre non ne sape niente, pecché io non nce l’ho potuto dire.

ERRICO: E perché?

EDUARDO: Per l’istessa vostra ragione.

ERRICO: Oh! Benissimo, per bacco! Signore, voi mi avete consolato!

EDUARDO: Voi mi avete addecriato!

ERRICO: Voi mi avete data la vita!

EDUARDO: Voi mi avete data la salute.

ERRICO: Permettetemi, vado a dir tutto ad Annetta. (Via.)

EDUARDO: Solamente io non pozzo dicere niente a Giulietta. Vuje vedite che combinazione io me credeva che chella... Ah! Pecchesto ha parlato de chella manera co me. Ah! Si potesse vedè a Giulietta.

 


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