IntraText Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
Biase, e detto, poi Francisco e Felice.
BIASE: Eh, che è stato! Sapite chi sta saglienno?
BIASE: Eh, chi sta saglienno! Non ve lo ppotite maje immaginà.
NICOLA: Chi arma de mammeta sta saglienno?
BIASE: Nientemeno lo sposo de la signorina, chillo che s’aspettava duje mise fa.
NICOLA: D. Celestino Burzello?
NICOLA: E che aggio da fà, me vene accompagnà pur’isso a lo Municipio.
BIASE: Vuje che dicite Eccellenza, chillo ha portato scatole, rroba, starrà co la capa che vene a spusa.
NICOLA: Eh, vene a spusà, se ne fosse addunato da n’ato anno.
BIASE: Ma chillo v’ha scritto Eccellenza, site stato vuje che non l’avite risposto.
NICOLA: Io sapeva chesto, e comme se fa mò.
BIASE: Eccolo ccà, sta trasenno.
FRANCISCO (annunziando): D. Felice Sciosciammocca.
NICOLA: Oh, D. Felice, favorite, favorite.
FELICE (con 2 scatole, una grossa ed una piccola e scatolino con coppola): Caro padre.
NICOLA: Accomodatevi. Pigliate quella roba. (Ai servi.)
FELICE: Grazie, mettetela qua. (I servi eseguono e viano.)
NICOLA: E così, come state, state bene?
FELICE: Eh, non nc’è male, ma l’ho avuta tremenda sà. Come sto, molto delicato, è vero?
NICOLA: No, state come prima, non ci sembra affatto che avete avuta una malattia.
FELICE: Eh, lo dite per cerimonia, io so’ stato rovinato. A casa mia ogni sera c’erano sei professori.
NICOLA: Ah, bravo, faciveve no poco de musica?
NICOLA: Voi avete detto sei professori.
FELICE: Sei medici, sei celebrità. Tutti i giorni consulto; na sera se contrastajene tutti e sei medici, e se dicettene nu cuofene de maleparole.
NICOLA: E perché?
FELICE: Perché s’erano imbrogliati, capite, chi diceva na cosa, chi diceva n’auta.
NICOLA: Il solito. Ma che avete avuto?
FELICE: E chi ne sape niente, è stata una malattia complicata. Incominciò con la febbre, quel giorno che doveva venire qua per andare al Municipio.
FELICE: Da quel giorno non ho avuto più bene. Tutta la notte con la febbre. Papà, scusate, perché avete i guanti.
NICOLA: Stava uscendo per andare a fare una visita.
FELICE: Ah, e che visita, mò so’ venuto io, v’aggio da raccontà tanta cose, levateve sti guante, levateve lo cappiello po’ se ne parla.
NICOLA: (Eh, po’ se ne parla). Ma vedete quella è una visita di premura.
FELICE: Ma ci potete andare più tardi?
NICOLA: Eh, non tanto... basta.
FELICE: Dunque, come vi stavo dicendo, tutta la notte stetti con la febbre, la mattina appresso mi sento tutto dolori, ma dolori tremendi, e stetti tutta la giornata così, in letto, senza muovermi, aspettava che me passavano, niente, la mattina appresso mi svegliai con una gamba un poco intorzata, allora dissi, e di che si tratta, su quel gonfiore mettette lo dito, po’ lo levaie e rimanette lo fuosso, no fuosso così (fa segno con le dita), metto lo dito appresso e rimanette n’auto fuosso, doje fosse.
FELICE: Eh, scusate, incominciati a me mettere paura, chiamai i medici, e llà per là senza perdere tempo, pigliajene la gamba e me facettere na strofinazione de pomata de bella donna, po’ me mettettere 10 mignatte, poi dopo sei carte senapate, poi l’arravogliaine dinta a la semi di lino...
NICOLA: (E la mannajene a lo furno).
FELICE: Ma la fecere stare 10 giorni, dopo 10 giorni sgravogliaje, e che ascette neh.
FELICE: Indovinate sta gamma mia che pareva?
FELICE: Un orrore... non si conosceva più, mò mi sono guarito però è rimasta nu poco più corta e sò io che ho passato, perché poi stavo solo senza nessuno.
NICOLA: Ma come, con quella sorella vostra, non vi siete potuto rappacciare?
FELICE: Chi, Teresina? No, non ci pensate, sono tre anni che stiamo divisi, non la voglio vedere più. Mò ho saputo che fa la modista a la strada Speranzella N. 19, ma chi la cura, per me non la guardo in faccia, fa vergogna alla nostra famiglia.
NICOLA: Ma sempre vostra sorella è, perché la dovete tenere lontana?
FELICE: No, papà non me ne parlate, ognuno sa i fatti suoi, adesso sto bene, e debbo pensare ai fatti miei. Dunque Nannina come sta? Si mantiene sempre così bella, così fresca?
FELICE: Io poi vi ho scritto tante lettere, e voi mi avete risposto una sola volta.
NICOLA: Che volete, sono stato tanto occupato.
FELICE: Non fa niente, vi perdono. Noi mò ci daremo da fare, e lesto lesto combinammo tutte cose.
NICOLA: Che cosa?
FELICE: Guè che cosa, come, il matrimonio.
NICOLA: Ah, già: (Io mò comme me l’aggio da dicere a chisto).
FELICE: Ma che sò papà, io ve vedo nu poco freddo, pare comme si nun nce avisseve cchiù piacere.
NICOLA: No, anzi è perché non dovrei avere piacere, sapete che cos’è, siccome voi non mi avete prevenuto...
FELICE: Eh, ho voluto farvi una sorpresa, forse v’è dispiaciuto?
NICOLA: Che dispiaciuto, per carità, anzi.
FELICE: Nannina quanno me vede resterà meravigliata, io ho pensato sempre a lei, e essa papà che faceva, domandava di me?
NICOLA: Sicuro... specialmente i primi 15 giorni... perché poi... capite...
FELICE: Eh, lo sò, quando uno sta lontano. Io l’ho portato un bell’abito di seta, ed un cappello di ultima moda, voglio credere che l’accetterà con piacere.
NICOLA: Oh, vi pare. (Voi vedete la combinazione, io come faccio).
FELICE: A voi poi, siccome siete amante di coppole per casa, ve ne ho portata una, eccola qua. (La dà.)
NICOLA: Ah, bellissima, velluto di seta tutta ricamata in oro.
FELICE: è oro fino. Sta coppola me costa 75 lire sapete.
NICOLA: Eh, si vede, e poi dalle vostre mani non poteva venire che una cosa scicca. (Se la prova) e mi sta a pennello. (Se la leva, se la pone in tasca, e si mette il cappello.) Vi ringrazio tanto tanto, è stato proprio un bel pensiero che avete avuto.