Eduardo Scarpetta
'Nu ministro mmiezo a li guaje

ATTO PRIMO

SCENA TERZA   Marchese Fiore, e detti.

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SCENA TERZA

 

Marchese Fiore, e detti.

 

MARCHESE: Oh! Caro D. Felice... Embè? Che se fa? Ve posso offrì nu posto dinta a la carrozza mia pe gghì a la stazione?

FELICE: Troppo onore, onorevole, me dispiace solamente che avita aspettà no poco, pecché m’aggio da vestì ancora! Aggio avuto stammatina tanto da fare per questi preparativi che... che... se me permettete vado ad ammobigliarmi, ed in due salti sono qua.

MARCHESE: Fate pure, senza cerimonie. Io intanto vi aspetterò qua, nella farmacia.

IGNAZIO: La ringrazio, Signor Marchese, della visita. Come sta?

MARCHESE: Benone! E voi?

IGNAZIO: Veramente sarei stato meglio se oggi mi avessero fatto riposà nu poco; ma hanno incominciato dall’alba, a martellà, a strillà! Nu vero guajo!...

GAETANO (a Felice) ( accomencia subeto a rusecà chella lengua de galera!).

FELICE: (Lasselo sfucà, povero infelice, nun lo dammo retta). (Un operaio porta due manifesti a trasparente in testa.) Oh! Finalmente tanto ncé voleva a portà sti manifeste!... (L’operaio si ferma in mezza la scena.) Se il Signor Marchese volesse sentire queste iscrizioni che faccio appiccare sotto all’arco.

MARCHESE: Con piacere, vi pare?!

FELICE (legge): «La nuova stella...».

IGNAZIO: Metodo infallibile di far fortuna!

FELICE: Vi prego de starve zitto, faciteme leggere. (Legge:) «La nuova stella d’Italia, dalle punte multifermi, questa sera manda il suo raggio dall’altezza di Roccapulita natio ospite illustre, Paolo Rivelli. Noi Roccapulitani sfoghiamo la piena del nostro affetto in lampi di riconoscenza!...». Comme ve pare?... E poi c’è quest’altro, che per robustezza è più soave... Gaetà avotete. (L’operaio si volta di spalla al pubblico. Felice legge:) «A S.a E.a... che voi dire “A sua Eccellenza” Il Commendatore Paolo Rivelli, Ministro, che per brevora lasciando le cure feconde del potere...».

IGNAZIO: Belle! Quelle cure feconde!...

FELICE: (Quanta fecozze che vuò avé stasera!...). (Seguitando:) «Questi colli si degnava onorare di sua illustre presenza. I Cittadini di Roccapulita, commossi per la sua partenza inopinata, inviano un saluto».

MARCHESE: Siete stato voi che l’avete composto?

FELICE: No, veramente è stato il maestro, ma io dopo l’aggio corretto.

IGNAZIO: Già, ci ha dato il colpo di grazia!

MARCHESE: Ma spiegatemi un poco una cosa? Come va che pel Ministro che , voi fate affiggere un manifesto che gli il buon viaggio.

IGNAZIO: Oh! sicuro, io non nce aveva badato, come va?

FELICE: (Pe lo farmacista che non se n’intende, va bene, ma isso po’ che è deputato me fa sta domanda?...). Ecco ccà, onorevole, è stata un’idea mia, questi due manifesti, il primo quella della stella, lo faccio mettere sotto all’arco trionfale da quella parte dirimpetto alla stazione, il Ministro viene e lo legge, e quest’altra della parte opposta, Sua Eccellenza lo leggerà quando parte.

MARCHESE: Non ho capito.

FELICE: ve lo faccio vedé praticamente. Gaetà, apre li gamme. (Felice col bastone indica dietro a Gaetano.) Questo è l’arco trionfale, Sua Eccellenza entra da qua. (Indica avanti a Gaetano.) E se n’esce da qua. (Indica dietro a Gaetano.)

MARCHESE: Ah, adesso ho capito, bravo! Veramente un’idea luminosa.

IGNAZIO: Altro che luminosa... splendida addirittura!

FELICE: ( vide si le dongo na mazzata nfaccia!). Gaetà, vattenne, e fa mettere subito sti manifesti. (Gaetano via a sinistra.) Già, per contentare Vostra signoria, ci vorrebbe altra roba!... Basta, io vado a vestirmi, con permesso? Cinque minuti e sono da voi. (Entra in casa.)

IGNAZIO: Che ne dite, onorevole, voi già sapete che io sono corrispondente del Fanfulla, ho scritto tre cartoline in cinque anni, ma aggio da mettere in evidenza stu famoso sindaco! È una vergogna! Almeno l’avisseve ditto quacche cosa voi, che avete più autorità.

MARCHESE: No, no, io de sti feste non ne voglio sapé proprio niente... vado a incontrà il Ministro per semplice dovere di cortesia.

IGNAZIO: Stu poverommo de Sinneco, dal giorno che ghiette a Roma ha perduta la capa. Pe chillo famoso viaggio, spera d’avé la croce.

MARCHESE: Oh! Per questo poi, l’hanno data a tanti.

IGNAZIO: Voi avete ragione, ma io penso al giorno che aggio da j dinta a la poteca di Felice e dirgli: Signor Cavaliere 4 soldi di presciutto!

MARCHESE: Eh, via siamo giusti, non si può negare del resto che dovete a lui l’onore di questa visita Ministeriale!

IGNAZIO: A me per esempio, non me ne mporta niente... In ogni modo jammo a ncontrà stu grand’ommo che arriva, a gghì a vedé strillà chella folla che sta mbriaca da stammatina.

GAETANO: Del resto, vuje non v’avarrisseve lamentà si la gente sta mbriaca, pecché sulo accussì putite vennere doje misturelle superchie.

IGNAZIO: Voi pensate agli affari vostri, invece de ve ntricà de chille dell’aute.

GAETANO: Si non vulite che se risponnesse ai vostri spropositi, facitene ameno de chiacchiarià forte mmiezo a la piazza. Questo è suolo pubblico.

MARCHESE: Basta, basta, non incominciamo...

GAETANO: E che vulite, cierti cose non se ne ponno scennere!

IGNAZIO: Poverello, le fanno indigestione!

GAETANO: Oh, sapete, io porto rispetto al Marchese che sta presente.

IGNAZIO: Ahè, e comme pighiammo fuoco! Pighiateve quacche cosa pe ve rinfrescà.

GAETANO: Io si m’aggio da rinfrescà, putite sta sicuro che addò vuje non vengo accattà manco nu soldo d’antacito, pecché sarría sicuro d’avè lo gesso de presa.

IGNAZIO: Io te volarria ngessà veramente la vocca!

MARCHESE: Ma insomma la volete finire? Che bello esempio de concordia date nel paese! Siete consiglieri, per Bacco!...

IGNAZIO: Guardate onorevole, che auto bello tipo vene da chesta parte. E il segretario di S. Eccellenza. Il Cav. Speretillo.

MARCHESE: E co che premura viene.

IGNAZIO: Sfido io! È venuto a preparà l’entusiasmo spontaneo!

GAETANO: Che lengua!...

 


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