Eduardo Scarpetta
Quinnice solde so’ cchiù assaie de seimila lire

ATTO TERZO

SCENA QUARTA   D. Carlino e detti, indi Mariuccia.

Precedente

Successivo

Link alle concordanze:  Normali In evidenza

I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio

SCENA QUARTA

 

D. Carlino e detti, indi Mariuccia.

 

CARLINO: Riveritissimo signor D. Asdrubale, onorevolissimo D. Pulcinella, rispettabilissima D. Lucrezia ho il bene di salutarvi e di dedicarvi la instancabile mia servitù.

ASDRUBALE: Padrone mio... (E chisto nce mancava!)

LUCREZIA: (Justo ’ sto chiacchiarone!).

CARLINO: Posso o no avere il piacere di dirvi due parole in fretta in fretta, perché ho da fare, un amico mi sta aspettando abbasso il portone, perché dobbiamo insieme disbrigare un affare di qualche importanza: egli non voleva farmi salire per non farmi perdere tempo; ma io gli ho detto: carissimo amico mio, mi devi scusare, perché debbo per forza andare da D. Asdrubale per un affare che mi preme assai, più del nostro. Allora egli ha soggiunto: va pure, ma ti prego di non farmi aspettare molto tempo... No, ho detto, dieci minuti e sarò da te. Quindi eccomi a voi, caro D. Asdrubale, mi scuserete se mi prendo la libertà d’incomodarvi, ma che cosa volete, ho dovuto per forza farlo, il bene, l’affezione, la stima, il rispetto che ho per voi, m’hanno oblligato... (Asdrubale e Pulcineila vorrebbero parlare, ma non possono.) Se non vi dispiace, sediamo. (Prende le sedie e seggono.) Signor D. Asdrubale, un giorno, se ben vi ricordate, io venni a chiedervi la mano di vostra figlia Marietta, voi spero, che non vi sarete dimenticato; ha prima volta mi diceste di sì, poi dopo 4 giorni, cambiaste idea, e trovaste la scusa che vi eravate informato di me, e vi avevano detto che io era un miserabile. Diffamazione, diffamazione, mio caro D. Asdrubale, io stavo bene, stavo molto comodo, e come sto attualmente comodo.

PULCINELLA: (Lo saccio, che sta assettato).

ASDRUBALE: Ma...

CARLINO: Un momento, lasciatemi parlare, non m’interrompete, perché l’amico mi sta aspettando. Dunque, come stava dicendo, fu una diffamazione. Voi credeste alle bugie della gentaglia, e mi licenziaste. Io quel giorno voleva uccidermi, ma poi dissi fra me: no, non debbo morire, finché ci è vita ci è speranza; io debbo amare quella donna sempre, sempre! E così fu che le mandai una quantità di lettere, alle quali non sono stato mai risposto, e sapete perché? Perché vostra figlia faceva all’amore con quell’imbecille di D. Felice Sciosciammocca!

ASDRUBALE: Come! Come!

LUCREZIA: Veramente?

PULCINELLA: Sì, sì, lo io pure.

ASDRUBALE: Gué, chillo comme lo dice facile. Voi veramente dite?

CARLINO: Ve ho giuro sulla tomba della moglie del fratello di mammà!

ASDRUBALE: ( che giuramento luongo!). Ma voi come lo sapete?

CARLINO: Come lo ? E che solamente questo? Socose che voi paghereste mille piastre per saperle...

PULCINELLA: Ma scusate...

CARLINO: Un momento! Non m’interrompete! D. Asdrubale, vi è stato rubato il denaro che stava in un portafogli?

ASDRUBALE: Sissignore, seimila franchi.

PULCINELLA: M’avite mbriacato voi?

ASDRUBALE: Zitto, lassame sentere... Ebbene?

CARLINO: Ebbene, io chi è stato il ladro.

ASDRUBALE: Lo sapete?

CARLINO: Sì, lo ... ma...

ASDRUBALE: Dicitelo...

LUCREZIA: Facite priesto...

PULCINELLA: E quanno?

CARLINO: Io ve lo dirò, a patto che voi dovete promettermi di darmi vostra figlia per moglie.

ASDRUBALE: Eh, ma caro D. Carlino, che volete che faccio, se chella non ci ha piacere.

CARLINO: Ci avrà piacere, basta che voi acconsentiate.

ASDRUBALE: Io per me acconsento.

LUCREZIA: (Asdrù!...).

ASDRUBALE: (Statte zitta, io dico accossì, doppo se ne parla).

CARLINO: Voi avete detto che acconsentite?

ASDRUBALE: Sissignore.

CARLINO: Non mi basta; datemi la vostra parola d’onore.

PULCINELLA: Va bene, D. Asdrubale ve lo giura sulla tomba del padre, della figlia, della cognata, del fratello...

ASDRUBALE: Statte zitto: embè io sopronto: in parola d’onore che io acconsento a farvela sposare. (Haje da vedè che dice essa.)

CARLINO: Bravo, bravo: ricordatevi che avete detto: parola mia d’onore. Dunque sappiate che il ladro delle vostre seimila lire èstato...

I TRE: Chi?

CARLINO: D. Felice Sciosciammocca!

LUCREZIA: Comme!

ASDRUBALE: Voi che dite?

PULCINELLA: D. Felice Sciosciammocca!

CARLINO: Sì, egli stesso. Quando voi siete usciti, è venuto qua di soppiatto ed ha rubato il denaro.

ASDRUBALE: Uh, mamma mia! Vuje che dicite? D. Feliciello lo scolaro mio? Ma questo è impossibile!

CARLINO: Impossibile! Ah, voi dite che è impossibile? Io pure credeva così, ma sono stato a casa sua, egli stesso me ho ha detto.

ASDRUBALE: Ve l’ha detto isso?

CARLINO: Sì, e se non credete a me, dovete credere a Nicola il vostro servo, il quale è venuto dopo di me e mi ha fatto segno di andarmene che ci pensava lui a farsi dare il denaro.

ASDRUBALE: Uh! Cielo mio che sento! D. Carlì, vuje dicite overo, o pazziate? Embè, per quale ragione Feliciello ha fatto chesto? Comme, chillo era no stupido, no ciuccione, no ntrughione!

CARLINO: Eh, caro D. Asdrubale, il Cielo vi scarsi da questi tali, che fanno vedere di essere sciocchi! Oh, adesso che vi ho portata questa consolantissima notizia, vi ricorderete che mi avete data la vostra parola d’onore; Mariuccia dev’esser mia moglie. Un uomo come voi, probo, integro, costituito non deve mancare alla sua parola. Una parola vale un contratto, e quell’uomo che manca alla sua parola non ha diritto di stare al mondo, per me lo calcolo zero! Ma voi poi siete un galantuomo, un uomo onesto, ed io son sicuro, sicurissimo che voi prima di mancare ad una parola, vi uccidereste mille volte, e così farei pur’io. Basta, ho l’onore di ossequiarvi: signor Pulcinella, vi dedico la mia servitu; rispettabilissima D. Lucrezia, ho il bene di riverirvi. Io sarò qui fra una mezz’ora; vado per quell’affare che vi ho già detto: l’amico s’impazienta. Chieggo permesso, dichiarandomi vostro fedelissimo, ubbidientissimo e devotissimo servitore. (Via.)

PULCINELLA: Ha sparato l’ultimo piezzo de fuoco!

ASDRUBALE: M’ha rimasto co ha parola nganna!

LUCREZIA: E comme D. Feliciello capace de tanto!

ASDRUBALE: E chella bricconcella che nce faceva l’ammore!

PULCINELLA: Tutto va buono, ma me chi cancaro m’ha mbriacato non se sape! (Esce Mariuccia, e non si fa vedere.)

ASDRUBALE: Nce simmo scordate d’addimannarlo a D. Carlino. Io credo che D. Feliciello pe pighiarse li denare, t’ha mbriacato.

LUCREZIA: E accossì ha avuto da essere. Tu te ricuorde niente?

PULCINELLA: Io?... Sì, me ricordo che... Abbuoniconto; io steva... aspetta... aspetta... me vene a mente... pe ntramente io faceva... , appena io... isso... io non me ne ricordo niente.

ASDRUBALE: All’arma toja, non sapeva che diceva... Oh, sì è accossì, D. Feliciello l’avrà da fare con me, lo voglio j ngalera!

MARIUCCIA: (Ngalera!). (Avanzandosi.) E pecché, neh, papà? Che ha fatto D. Feliciello?

ASDRUBALE: Che ha fatto? Sì, famme la semplicetta, tu non saje niente, non è vero?

MARIUCCIA: De che?

ASDRUBALE: De che? Qua s’è saputo tutto!

PULCINELLA: Sì è saputo tutto!

ASDRUBALE: Statte zitto tu, io songo ho padre, io aggio da parlà.

PULCINELLA: E io sozio, e pure posso parlare.

ASDRUBALE: Bricconcella!

PULCINELLA: Bricconcella!

ASDRUBALE: Statte zitto... (A Mariuccia:) Lazzarella!

PULCINELLA: Lazzarella!

ASDRUBALE: Eh, ma che avimmo da , me vuò parlà, o no?

MARIUCCIA: Papà, ma se sapè che è stato?

ASDRUBALE: Che è stato... D. Feliciello... D. Feliciello, tu nce facive l’ammore!

MARIUCCIA: Ah! Io non sapeva che era, e vuje pecchesto state accossì arraggiato? Sissignore, nce faceva l’ammore sì, lo voglio bene, me piace, è no buono giovene.

ASDRUBALE: Buono giovene! Buono giovene! Sì veramente! E no mariuolo!

MARIUCCIA: Mariuolo!

PULCINELLA: Sissignore, mariuolo, e non solo mariuolo, ma ladro pure.

ASDRUBALE: E non è lo stesso?

MARIUCCIA: Mariuolo, e pecché?

ASDRUBALE: Pecché, quanno nuje simmo asciute, isso è venuto ccà ha mbriacato a Pulicenella, e s’ha arrubbato ho portafoglio da dinto a lo comò.

MARIUCCIA: Vuje che dicite? Feliciello!

ASDRUBALE: Sì, sì, Feliciello, Feliciello... proprio vaco da ho Questore e ho faccio arrestà. Tu viene co mmico, devi parlare anche tu; justo, justo la Questura sta ccà vicino, jammoncenne.

PULCINELLA: Iamme, lo faccio io lo piattino. Ah! Mariunciello colla scala ncuollo. E comme! S’arrobba li denare senza manco avvisaremmello... Jammoncenne...

ASDRUBALE: Lucrè, io vengo. l’acconcio io. (Via.)

PULCINELLA: Povero D. Felice, addeventa infelice. (Via.)

MARIUCCIA: Mammà, ma comme?

LUCREZIA: E che comme, e comme... Bricconcella..., se mette a l’ammore annascuosto de li genitori, senza nemmeno farlo sapere alla madre. Te voglio... acconcià io te voglio... (Via nella camera.)

MARIUCCIA: Mamma mia! Ma è overo, o non è overo chello che aggio ntiso? Comme, Feliciello mio, tanto buono, tanto scemo, capace nientemeno d’arrubbà!... Oh, , , manco si l’avesse visto co l’uocchie miei!... Chillo me tanto bene, e faceva chesto! Oh, no, non essere... io nce scommettaria la capa che lo povero Feliciello è innocente! (Rimane a pensare.)

 


Precedente

Successivo

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (VA1) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2009. Content in this page is licensed under a Creative Commons License