Eduardo Scarpetta
Romanzo d'un farmacista povero

ATTO PRIMO

SCENA SESTA   Felice e detta.

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SCENA SESTA

 

Felice e detta.

 

FELICE (di dentro): è permesso?

ELISA: Chi è? Avanti!

FELICE (con boccettina e ricetta): Sono io, signora, il giovane del farmacista che sta al largo dei Fiorentini.

ELISA: Ah, bravo, avete portato la ricetta?

FELICE: Eh, vi pare... il nostro capo giovine D. Antonio, ci voleva mandare per forza ad un altro, ma ci abbiamo fatta una bella appiccecata... ho voluto io avere questo grande onore. Son venuto pure mezz’ora fa, ma vostra signoria stavate scrivendo, e non volevate essere molestata.

ELISA: Ah, ah, date qua. (Felice la boccetta.) (Come è curioso.) (Apre la boccetta e l’odora.) Ah!...

FELICE: (Uh chella ha sospirato, e pecché ha sospirato?).

ELISA: Veramente è un odore piacevole.

FELICE: (Ah, chella ha addurata la bottiglia).

ELISA (legge l’etichetta): «Acqua per ammorbidire la pelle». Farmacista?

FELICE: Signora.

ELISA: Sapreste dirmi come si adopera quest’acqua?

FELICE: Si fanno delle strofinazioni.

ELISA: Delle strofinazioni? (Si scopre il braccio.) Vorrei provarla qua, sul braccio.

FELICE: Come, signora?

ELISA: Sareste tanto buono di strofinare un poco qui?

FELICE: Io?!

ELISA: Sì voi! Voi dovete saper fare le frizioni?

FELICE Al principale mio ce la faccio tutte le sere, perché soffre di reuma... ma con voi però...

ELISA: Non volete farmi questo favore?

FELICE: No, anzi per me...

ELISA: Se lo fate al vostro principale?

FELICE: Lo signora, ma ci è una bella differenza, prima di tutto il principale, è uomo;e voi siete donna, e poi lui tiene un braccio nero, ruvido, una pelle così tosta, voi invece, avete un braccio morbido... porposo...

ELISA: E che fa?

FELICE: Eh, che fa, sta comme me vene!

ELISA: Oh, ma andiamo, fate conto come se io fossi il vostro principale.

FELICE: Volete così, per ubbidirla. (Siede.)

ELISA: Farmacista che avete?

FELICE: Embè, io v’aggio pregato...

ELISA: Ma voi tremate?

FELICE: Me moro de freddo. (Strofina.) (Guè chella non me fa’ manco tremmà.)

ELISA: Piano, voi mi fate male!

FELICE: E accussì s’ha da fa’, si no non riesce! capite? (Io aggio passato lo guaio!)

ELISA: Eppure voi dovete essere molto giovine? Che età avete?

FELICE: 35 anni.

ELISA: Non ci sembrano però, potete dire benissimo che ne avete 28.

FELICE: Eh! Quando un giovane sta vicino a voi, sempre ricala 5, 6 anni. Voi fate ringiovanire la gente.

ELISA: Ah, ah, ah. (Ride.)

FELICE: Eh, non lo prendete a scherzo. Quando ieri sera entraste nella farmacia, tutti quanti vi guardavano, e quando ve ne andaste, non si fece altro tutta la serata che parlare sempre di voi, quello nce sta D. Antonio, il nostro capo giovine, il quale sposa, si piglia la figlia di un dentista, eppure disse, quanto ve ne andaste che bella signora quando è simpatica.

ELISA: Ah, ah! (Ride.) Basta, basta. (Felice termina di strofinare.) Per ora si è arrossito un poco.

FELICE: Sempre così fa, prima si arrossisce, e poi si fa morbido.

ELISA: Grazie tante. La ricetta l’avete portata?

FELICE: Sissignore... (sotto alla ricetta nce aggio scritto: Io ti amo). Eccola qua. (La .)

ELISA: Quanto vi debbo?

FELICE: 250 lire... 250 soldi... 250 centesimi... 250 volte niente.

ELISA: Oh, ma perché?

FELICE: Mi scuserete l’ardire che mi son preso, se credete che vi ho offesa, bastonatemi pure, è un misero complimento, che vi fa un povero giovane di farmacista.

ELISA: Ed io l’accetto con tutto il cuore. (Gli la mano.)

FELICE: Comandate altro?

ELISA: Niente grazie.

FELICE (p.a. poi torna): Non credete che v’avesse fatto un gran regalo, dalla ricetta potete vedere che si tratta di soldi.

ELISA: Per me è stato molto e ve ne ringrazio.

FELICE: Niente.

FELICE (p.a. poi torna): Potete vedere la ricetta che è intatta come la lasciaste ieri sera — anzi mi pare che D. Antonio, il nostro capo giovine l’avesse passata in pulito sopra un foglio di carta.

ELISA (guarda la ricetta): Ma no, vi siete sbagliato, e proprio quella che lasciai in farmacia, è la mia... ma che dice qua? (Felice si nasconde in fondo.) «Io ti amo» ah, ah, una dichiarazione del capo giovine farmacista?

FELICE (tornando col cappello sulla faccia): Signora.

ELISA: Mi avete detto, mi pare, che il vostro capogiovine sta per sposare la figlia di un dentista?

FELICE: Sicuro, signora.

ELISA: Vedete un po’ che siete voialtri uomini, sta per sposare, e scrive queste parole a me sotto alla ricetta: Io ti amo!

FELICE: E chi l’ha scritto, chi l’ha scritto?

ELISA: Oh, bella, il capogiovine, e se no chi lo scriveva?

FELICE: (E che aggio combinato ?).

ELISA: Sono veramente meravigliata che il capogiovine abbia fatto questo! Basta non ne parliamo più. A rivederci.

FELICE: A rivederci, signora... (p.a. poi torna.) Signora voleva dire...

ELISA: Ma che volete?

FELICE: Quelle parole sotto alla ricetta non le ha scritte il capogiovine... ma le ho scritte io!

ELISA: Voi?!

FELICE: Sì, io! è impossibile, non me lo posso tenere, io sono che vi amo immensamente, io sono che da ieri sera non trovopace, né riposo!...

ELISA: Possibile?

FELICE: Possibilissimo! Signora! E se voi non acconsentite ad amarmi, io mi uccido, mi butto da sopra a basso, perché voi siete na sciasciona, siete aggraziata, signò vuje site bona assaje!

ELISA: Oh! Questo è troppo!... Che vedo! mio zio!

FELICE: (Lo zio!).

ELISA: (Vediamo Carminiello come si porta). Venite Zio, venite.

FELICE: (Uh, chisto era lo Zio!).

CARMENIELLO: Che cos’è, che cos’è?

ELISA: ( a questo giovine: chi siete? Che volete?).

CARMENIELLO: Chi siete, che volete?

FELICE: Signore, ho mancato, compatitemi.

CARMENIELLO: Io non compatisco caro signor Bi?.

FELICE: Chi è Bi?

ELISA: Sì, mio caro Zio, è stato lui che ha detto di amarmi, ma io vi giuro che non lo conosco.

FELICE: Io sono il giovane del farmacista allargo dei Fiorentini, potete informarvi di me, se ho detto di amarla, è segno che voglio sposarla.

CARMENIELLO: Ma ve la sposate sopra al tamburo?

FELICE: Quà tamburo?

CARMENIELLO: Sopra a la grancascia?

CARMENIELLO: Voi dove ve la volete sposare?...

FELICE: Io me la sposo pure ncoppa a li piattine!...

ELISA: Sì, zio mio, egli ha avuto l’ardire di scrivere sotto alla ricetta, che ieri sera lasciai in farmacia: Io ti amo!

CARMENIELLO: Possibile! Questo ha scritto?

ELISA: Oggi andrete a dire tutto al suo principale, intendo di avere una soddisfazione, e la voglio!... (una rimproverata, e mandalo via). (Via a sinistra.)

CARMENIELLO: (Va buono, me lo spiccio io). (Passeggia.)

FELICE: (Ma chi sartore l’ha combinato sto soprabito?).

CARMENIELLO (si ferma vicino al tavolino): Io vorrei dire moltissime cose... perché credo e ripeto abbiamo ragione...

FELICE: (Quanto è bello, quanto è bello!).

CARMENIELLO: E se non sarebbo io...

FELICE: (Ah!).

CARMENIELLO: Un uomo serio e moltissimo conoscitore della qualità nella quale in cui mi trovo...

FELICE: (Statte stà).

CARMENIELLO: Non potrei con la giustizia ammettere e permettere qualche lotono.

FELICE: (Quanto è bello sto lotono!)

CARMENIELLO: Ma se questo abbonamento, questa tranquillità, come signore, galantuomo e persona intesa, non vi potrebbe piacere e sareste tosto di testa, potreste lesto essere buttato dalla finestra. (Quanto vaco bello!)

FELICE: (E che ha accucchiato fino a ? l’aggia na chiacchiariatella pure io!...) Signore con la capa accesa da una passione, sorgiuta da un momento all’altro, ho mancato, ripeto, più di quello che manca un uomo, che non sa la mancanza quando ha mancato. Però prima che lei fosse uscito dentro a questa camera, la vostra nipote mi ha trattato con tanto istituto, mi ha detto tanta belle preposizioni che io mi ho creduto padrone della bocca, e ho liquidate delle parole amirose. Ma vi dico, se voi vi foste posto al mio posto, avreste perso la testa ad ogni costo! Dalla finestra se ne va il pollastro, io parto per l’uscio e servo vostro!

 

(Cala la tela.)

 

Fine dell’atto primo

 

 


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