IntraText Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
Concetta, Giustina e detti, poi Don Antonio.
CONCETTA (con cartoccio di paste): Guè, tu sì benuto finalmente, la carrozza addò sta?
ALESSIO: La carrozza non l’aggio potuta trovà, invece vi presento questo caro giovine... come vi chiamate?
FELICE: Felice Sciosciammocca a servirvi. (Vede il cartoccio.) Mè nce lo mangiamo a casa questo?
ALESSIO: (S’ha ncaparrata la cena). Per certi fatti suoi si voleva sparare, io ce l’ho impedito, e l’ho invitato per questa notte a dormire in casa nostra.
GIUSTINA: Avete fatto buone papà, povero giovine!
CONCETTA: Ha fatto male, perché un giovine che non si conosce, non si ammette in casa di notte!
ALESSIO: Lo conosco io, e basta, il galantuomo subito si vede.
CONCETTA: Io non aggio visto niente ancora.
ALESSIO: Tu non hai da vedere niente!
CONCETTA: Come sì patrone tu, so’ patrona pur’io.
ALESSIO: Io sono il marito, e faccio quello che mi pare e piace.
CONCETTA: Io sono la mogliera, e comme tale te dico che no sconosciuto dinta a la casa non lo voglio.
GIUSTINA: Papà, chillo se spara! (Gridando, tuoni.)
ALESSIO (corre a trattenerlo.) Levate stu cuorne de carnacottaro da lloco. Sono io che comando in casa mia! (Alle donne:) Camminate avanti, che noi veniamo appresso.
CONCETTA: Lo palettò che n’haje fatto?
CONCETTA: Ah, te l’haje vennuto, e mò vene a chiovere. L’ombrello addò sta?
FELICE: (N’auto ppoco se venneva pure lo cazone).
CONCETTA: Ah, pure l’ombrello, và trova pecché te l’haje vennuto, a la casa parlammo. (A Gius.) Jammoncenne. (Viano.)
ALESSIO: Non la date retta, venite.
FELICE: Grazie, padre mio, mio salvatore.
ANTONIO (uscendo dalla farmacia): Don Alessio, volete perdonarmi quella mancanza involontaria?
ALESSIO: Mai! L’insulto è stato grave!
ANTONIO: Vedete, lo schiaffo, era diretto appunto a questo giovine.
ALESSIO: A voi?
FELICE: Sissignore, lui me n’ha cacciato dalla farmacia, ha posto mpuzatura co lo principale.
ANTONIO: Sissignore, quando voi avete bussato, credevo che era lui, perciò vi ho dato lo schiaffo.
ALESSIO: Ah, benissimo! Allora facciamo così: quando voi vi farete dare uno schiaffo da questo giovine, mia figlia sarà vostra.
ANTONIO: Ah, ma questo è impossibile!
ALESSIO: Non sento, questa è l’ultima mia volontà, quando vi farete dare uno schiaffo da questo giovine, mia figlia sarà vostra. (A Felice:) Venite. (Via.)
FELICE: Quando volete sono a vostra disposizione, mi comandate e io vengo a servirvi.
ANTONIO: Io mò pe causa toja aggia avuta perdere chella guagliona e quattemila franchi de dote, e pò pe che? Pe n’ommo che non è buono a niente. Ah, ca te voglio!... (Gli si avvicina.)
FELICE (gli punta contro il revolver, e l’insegue.)
ANTONIO: No, Felì pe ccarità, non sparà. (Soggetto, scappa nella farmacia e chiude subito.)
FELICE: Da oggi in poi lo ppane me faccio mancà, ma chisto no! (Mostra il revolver.)