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IV.
Il Calvario.
La chiesa del Calvario fa parte di quella del Santo Sepolcro. Tutti i cristiani rammentano la lugubre storia: Gesù fu crocifisso sovra un piccolo monticello chiamato Golgotha, che significa cranio, poichè si credeva fosse colà seppellito il teschio di Adamo. Il giardino dove sorgeva la tomba di famiglia di Giuseppe d’Arimatea era proprio accanto al Golgotha, secondo tutti gli evangeli: e i giudei furono molto contenti, che il discepolo segreto del Crocifisso volesse raccoglierne il corpo e portarlo via subito, giacchè era la Pasqua ed essi non l’avrebbero potuta celebrare se si trovavano contaminati dal contatto di un cadavere. La desolata madre e le pietose donne e l’apostolo Giovanni e il buon Giuseppe, non dovettero dunque far molto cammino, per deporre l’estinto nel suo ultimo letto. Così egli giacque, a pochi passi dal luogo del suo martirio.
La grande santa Elena ebbe una idea degna del suo cuore: cioè di rinserrare tutti i posti fatti sacri dalla passione di Cristo, in una immensa basilica. Per ottenere questo, essa dovette far tagliare una parte del monticello, dove spirò l’anima il Figliuol dell’Uomo, tanto che la chiesa è poggiata sola sovra una parte del Golgotha, il resto sovra una elevazione artificiale. Essa è in alto, a mano destra, entrando nella chiesa del Santo Sepolcro, la chiesa del Golgotha: la sua altezza, dal suolo, è di circa cinque metri.
Questa chiesa è collocata nel lato più oscuro della basilica e due scalette di pietra, molto ripide, vi conducono. Una penombra continua vi regna e le lampade gittano una luce incerta sugli ori e sugli argenti delle icone bizantine, sull’altare greco. Giacchè il posto della crocifissione, per una quantità di tristi vicende, appartiene ai greci scismatici. Sotto l’altare, un buco circuito da una stella d’argento indica il posto dove fu innalzata la croce, il metallo è consunto dai baci dei divoti. Poco lontano, discesi i gradini dell’altare, a dritta e a sinistra, vi sono due pietre che indicano i posti dove furono erette le croci del buon ladrone e del mal ladrone, Disma e Cosma; e a diritta, sotto una rivestitura di metallo, si vede la fenditura larga e profonda del macigno che si spezzò, nel minuto in cui Gesù, emesso un alto grido, morì sulla croce. Quella fenditura si prolunga nelle viscere della terra e pare di un violento terremoto. Dice san Luca: Nello stesso tempo, il velo del Tempio si spezzò in due, dall’alto al basso; la terra tremò; le pietre si spaccarono.
Ebbene, ciò non appaga lo spirito. La Dio mercè, dovunque un atto memorabile è stato compiuto da Gesù, vi è un santuario, una cappella, un ricordo: dovunque si può pregare dinanzi a un altare; non è una chiesa di più, quella che può commuovere il cristiano: non è una chiesa di meno, quella che può parere una irriverenza e una ingratitudine verso Gesù.
Il Golgotha doveva rimanere senza tempio. Il piccolo monte che egli ascese penosamente piegando sotto la croce troppo grave alle sue spalle, ove Egli fu spogliato delle sue vesti e fu sovra esse tirata la sorte, — (la tunica di Gesù era inconsutile, di un sol pezzo tessuta dalla madre Maria)
dove egli fu inchiodato sulla croce, e dove egli attraversò tre ore di spasimi, il piccolo monte dove Egli, morendo, pregò per i suoi nemici, doveva restare come era, intatto. Bastava erigervi una gran croce, niente altro: ed era questo il miglior tempio ed era questo il migliore altare. Nell’aria libera, sotto il nitido cielo azzurro quasi bianco, che, giammai, nella lunga estate di Siria, una nuvola viene a turbare, la Croce si sarebbe elevata, gittando la sua grande ombra sul colle roccioso e solingo, e, nell’inverno, l’avrebbero battuta i venti e le piogge, senza vincerla: ed essa sarebbe restata lì, alta, grande, saliente, nell’orizzonte, segnacolo incrollabile della fede cristiana.
Come adesso la percorre, solo per un pezzo, il pellegrino avrebbe ricominciata tutta la via dolorosa: partendo non dal Pretorio di Ponzio Pilato, dove a Gesù fu letta la ingiusta condanna, ma muovendo i passi da quell’indimenticabile giardino di Ghetsemane, che ricorda la notte più fatale del Signore. Il pellegrino avrebbe camminato nella strada che egli seguì, legato fra i soldati, al lume delle torce fumanti, mentre varii apostoli si erano dispersi, e due o tre, soli, lo seguivano alla lontana, mentre Giuda di Kerioth, su cui egli aveva levato i suoi limpidi occhi azzurri, così mansueti, era fuggito via, stringendo l’infame borsa dei trenta sicli. Il pellegrino sarebbe disceso, come Gesù, nel principio della valle di Giosafat, che sta fra il monte degli Ulivi e il monte Sion, avrebbe passato, come lui, il ponticello in pietra sul torrente Cedron, avrebbe preso la rapida salita che conduce al Sion e alla casa di Caipha; e lì, passo passo, il pellegrino avrebbe potuto seguire tutta l’angosciosa istoria della Passione, dalla notte passata da Hannan nella casa di Caipha, dove Simon Pietro, che Gesù amava tanto, in cui Gesù aveva riposto le sue grandi speranze, non ebbe la forza di dichiararsi amico del perseguitato e rinnegò il suo maestro; per tutte le stazioni della via dolorosa, il pellegrino, baciando terra, sarebbe giunto, infine, al piccolo monte dove la terribile istoria si chiuse, nell’ora nona di un venerdì di nisam; e lì, credete, una croce, la sola croce, sarebbe bastata per dargli la visione di quel supremo istante, in cui, per tanta ingiustizia e per tanta crudeltà, parve si sconvolgesse la compagine del mondo. Intatta sarebbe rimasta la roccia, che è di un calcare biancastro ornato di vene e di macchiette rosse: e gli occhi meravigliati avrebbero visto liberamente l’enorme masso spezzato in due, in tutta la sua profondità.
A che un tempio piccolo e oscuro, dove neppure si compiono i riti latini, dove non si respira bene, e non si scorge quasi nulla e dove la gran visione del Golgotha è perfettamente perduta? L’ardore della fede di coloro che venivano a prostrarsi, da tutte le parti della cristianità, non avrebbe potuto demolire una collina, come si è temuto che questo ardore demolisse la roccia del Santo Sepolcro: e il Signore non ha detto che bisogna pregare solo nelle pareti di una chiesa. Si prega così bene, laggiù, all’aria aperta, sotto gli antichissimi ulivi di Ghetsemane, nati novellamente su quelli, all’ombra dei quali tante volte pregò Gesù: si prega così bene, laggiù, sulle fiorite sponde del Giordano, in quei campi amati dal cielo!
Vicino al pozzo di Samaria, un giorno, Gesù rispondeva alla stupefatta Samaritana che lo interrogava, ingenuamente, dove, dove si dovesse pregare: se nel Tempio, come dicevano i gerosolimitani o sulla montagna, come dicevano i samaritani; e le disse, che, da allora in poi, non si sarebbe più pregato nel tempio o sulla montagna, ma dovunque fosse lo spirito di verità, nella sua luce.
Ah, se il Golgotha, oggi, fosse restato come era, nudo, austero, tragico e non fosse diventato un ambiente chiuso, pieno d’immagini, vestite di argento, con la faccia bruna, tutto affumicato dalle lampade, mentre la fenditura mirabile della roccia è tutta coperta di gocce di cera, dai piccoli ceri che vi abbassano i pellegrini, per veder meglio! Se innanzi al cielo, nelle fresche albe pungenti, come nei caldi crepuscoli, senza dipendere dal regolamento della Sublime Porta che apre e chiude i santuarii, senza passare innanzi ai custodi turchi e ai soldati turchi, nella luce, si potesse andare colà dove Egli finì la sua vita e dove fu consumato il più alto sacrificio, come lo spirito irrequieto, che domanda le impressioni più schiette e più dirette, sarebbe appagato!
Ma santa Elena non poteva pensare tutto questo. La fede, allora, era così viva e forte, e così candida, anche, e così perfettamente semplice, e così lussuosamente pagana, ancora, che pensava subito, per soddisfare il bisogno di venerazione, a qualche magnifica costruzione, ricca di marmi e di pietre preziose. La fede di sant’Elena ha costruito trentatrè santuarii, sui Luoghi Santi: come non avrebbe eretto un tempio, anche sul Golgotha? Più tardi, le sue basiliche furono distrutte e ricostruite e distrutte ancora, e non ancora rifatte, ma niuno pensò mai che il Calvario doveva essere un monte, quale era, e che solo la Croce lo poteva adornare. Ah, si sarebbe vista da tutti i colli di Gerusalemme, la Croce, e l’occhio non avrebbe potuto fissarla senza lacrime!
Giù, nella chiesa del Santo Sepolcro, a mano sinistra, vi è un cancelletto di ferro che circonda una pietra. Dista quaranta o cinquanta passi dal Golgotha: resta dirimpetto. È il posto donde le pie donne guardavano, lacrimando, Gesù morire sulla croce. Adesso guardando in su non si vede altro che una gran confusione di pietre e di balaustre. O pie donne, voi lo vedevate, almeno, e noi non possiamo nemmeno vedere il simbolo del suo dolore!