Matilde Serao: Raccolta di opere
Matilde Serao
Nel paese di Gesù
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QUATTROCENTO METRI SOTTO IL MARE

I. Gerico...

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QUATTROCENTO METRI SOTTO IL MARE

 


 

I.

 

Gerico...

 

Gerico, Gerico, Gerico! È la parola che udite ripetere più spesso, appena siete giunto nella città santa: ed è in tutte le lingue che essa arriva alle vostre orecchie, con più o meno aspirazione sulla prima lettera, con più o meno aspirazione sull’ultima lettera: ed è da viaggiatori di tutte le parti del mondo che essa viene pronunziata, per lo più all’ora di colazione o di pranzo, e sovra tutte nelle conversazioni dopo la colazione e dopo il pranzo. Gerico, Gerico! Poichè colui che è giunto a Gerusalemme che ha visitato il Santo Sepolcro, che è salito sul Monte degli Olivi, che è disceso nelle cosidette tombe dei Re che è andato a Betlemme, che ha persino visitato Hebron, la città del patriarca Abramo, veramente non ha fatto ancora nulla, ed è inutile che si vanti di aver molto visto, giacché egli non ha visto se non quello che tutti possono vedere, appena appena uscendo dal Grand New Hôtel di Gerusalemme: e ognuno gli può ridere in faccia. Gerico, ecco il punto interessante. Non già in medesimo, poichè della famosa Gerico non esistono più se non otto o dieci case, fra cui un alberghetto, un ospizio russo e certe camerette mobiliate, le sole che vi possano dar ricovero, oltre il mese di aprile. Gerico non è più niente: ma è il punto medio per andare al Giordano e al Mare Morto. A Gerico si dorme e si mangia, se vi è gente che può dormire e mangiare in un Paese a quattrocento metri sotto il livello del mare, cioè dove si respira del piombo fuso: ma dopo di aver mangiato e non aver dormito, dopo essere stato divorato dalle più piccole, più bianche e più terribili zanzare di questo mondo, si va al tetro lago d’Asfaltide che ha inghiottito Sodoma e Gomorra, e che pare ancora fumighi del tremendo incendio, si va a quel fiume Giordano, dove il Battista andò incontro a Gesù e con le chiare acque lo battezzò. Ora vi è chi non va in Samaria, una delle regioni più belle di Palestina, vi è chi commette il peccato di non vedere la Galilea, cioè Nazareth, il Thabor, Tiberiade, il lago di Genesareth, Capharnaum, cioè tutta la giovinezza e tutta la predicazione di Gesù, con la scusa della soverchia fatica: ma nessuno osa tornar via da Gerusalemme, senza esser andato al Mare Morto e al Giordano. È una specie di obbligo d’onore, di cui i viaggiatori sentono il peso, subito che sono giunti, lo stesso giorno, e che gravita sul loro spirito, come un incubo, sino a che non se ne sieno liberati, cioè sieno andati a Gerico e se ne sieno tornati.

 

 

Ora, appena un infelice, sì, ma ingenuo viaggiatore, fresco fresco arrivato, enuncia la sua intenzione di recarsi subitissimo a Gerico, cominciano i segreti tormenti della sua anima.

Gerico! È pericolosa, la via, come tutti sanno.

Pericolosa, perchè, se è lecito?

— Per i beduini.

— E che fanno questi beduini?

Depredano la gente e talvolta la uccidono.

— Come, cosi?

— Proprio così.

— E che fa la polizia turca?

— Li arresta, ma dopo il delitto.

— Ah benissimo.

(Qui il viaggiatore s’immerge in profonde riflessioni; poi va a parlare di Gerico, altrove).

Gerico? Sì, un po’ pericoloso, talvolta: ma, da qualche tempo, non si dice niente.

— Da quanto tempo?

— Oh, tre mesi fa, vi fu un assalto, ma pare si trattasse di una vendetta privata.

— Ma i beduini sono ladri.

— Questo, sicuramente: pure il governo turco ha un contratto con essi, perchè non attacchino i viaggiatori.

— Sul serio?

— Certamente.

— Allora vi si va con sicurezza?

— Con sicurezza perfetta, no.

— Come sarebbe a dire?

— Eh, sapete, in questi paesi...

(Il viaggiatore è più che mai pensoso: si fa coraggio e va a parlare di Gerico in un gruppo di gente che vi è stata).

Gerico? Noi non abbiamo visti beduini.

— Allora siete stati tranquilli

— Ecco... tranquillissimi, no, perchè, a un certo punto, ci hanno detto le guide e la scorta di affrettare il passo, perchè, dietro le montagne, vi erano i briganti.

— Forse le guide volevano una mancia più larga?

— Forse.

Gerico?(parla chi ne ritorna). Prenderete una scorta, signora?

— È naturale: ma questa scorta che è?

— Un beduino, armato, a cavallo. Gli si dànno quindici franchi: è una specie di tributo che si paga al capo tribù, di Aboutiss, il villaggio sul confine fra Gerusalemme e il paese dei beduini.

— Oh, benissimo, benissimo, benissimo (qui il viaggiatore è molto sollevato). E con questa scorta, cioè con questo tributo, si va sicuri, allora?

— Quasi.

— Come, quasi?

Sapete, alle volte vi sono dei beduini di tribù lontane, per cui lo cheick di Aboutiss non può garantire.

— E la scorta che fa?

— Se ne scappa, signora.

— Dunque, non serve a nulla questa scorta?

— Come, a nulla? Ma, senza scorta, non potete partire.

— Se scappa?

— Eh, si dice così, ma la scorta ci vuole; se non l’avete, novanta contro cento, vi accade qualche cosa.

— E avendola?

Novantanove contro uno, che non vi accade nulla.

— Sicché la via di Gerico è buona?

— Se vogliamo non è cattiva.

— A voi è successo nulla?

— Nulla, signora.

(Il viaggiatore è trasformato in buon principe Amleto di Terra Santa: infine, giunto alla disperazione del dubbio, domanda):

— Ma, infine, da quanto tempo non si ammazza e non si ruba, sulla via di Gerico?

— Da moltissimo tempo: pure, voi avrete il dragomanno e la scorta, non è vero?

Sissignore.

— Avrete un beduino a cavallo, armato?

Sissignore.

— Se avete delle armi, portatele.

— Io ho una rivoltella, ma ho sempre paura che spari, da sé, nella valigia.

— Non importa, portatela in vista.

— Dunque, la via di Gerico è pessima?

— No.

— E allora?

— Per ogni evenienza... capite... in Oriente.

Del resto, il coro continua

Gerico? È la più triste via che io abbia mai vista, desolata, deserta, fra paesaggi cupi e monotoni.

— E quanto dura, questa via?

Sette ore, la prima tappa; due ore, la seconda; tre ore, la terza.

— E poi, il ritorno?

— Già, le stesse tappe: fra andare e venire, tre giorni, perchè gli animali debbono riposare.

Gerico? Vi fa un caldo atroce.

— Così atroce?

Incredibile, signora.

— Ma io sono meridionale.

— Che importa? Gerico è il punto più depresso della terra: il Signore pare che vi abbia dato un pugno: non si respira.

Gerico? L’albergo del Giordano è chiuso; l’ospizio russo è chiuso; vi sono quelle camerette mobiliate.

— Come sono?

— Ma!... le tengono alcune buone donne russe; vi è una certa pulizia.

— Una certa?

— Già, tutto è relativo, in questo paese.

Gerico? Non vi è nulla da mangiare, come sapete!

Porterò le provvisioni.

— Non vi è chi le cucini!

— Il mio dragomanno sa cucinare.

— Non bevete acqua, colà, signora!

— Del vino?

— Del the, piuttosto.

Gerico? Voi partirete all’alba, da Gerusalemme, anzi alle tre del mattino; così arriverete colà alle dieci; farà sempre molto caldo, ma non soffrirete nelle prime ore.

Sissignore, partirò di mattino, alle tre.

— Avete un largo cappello?

— No, una pagliettina.

Ohibò! Avete almeno una koufia, cioè un fazzoletto di seta?

Sissignore.

Mettetelo sulla vostra paglia

Sissignore.

— Prima, però, mettete un fazzoletto di cotone sui capelli.

— Tante cose?

— Più cose si mettono sul capo e meno si prendono insolazioni.

Va bene.

Meglio sarebbe, però, avere un casco di sughero, signora.

— Oh, signore, un casco!

— Vi sembra così strano, in Oriente? È il gran mezzo contro il sole.

— Ma io non l’ho, questo casco.

Peccato!

— Se lo avessi, non lo metterei!

— A ogni modo, covritevi immensamente la testa, Signora.

Benissimo, grazie, signore.

Gerico? Partirete nel pomeriggio, non è vero, Signora?

— Niente affatto, parto all’alba, per avere il fresco nelle prime ore!

— È un errore grave.

— E perchè?

Partendo di mattina, avete il sole in faccia, almeno per cinque ore, e vi assicuro che non è un bel divertimento; io l’ho provato e ci ho rimesso la pelle del viso!

— E a che ora si deve partire?

— All’una e mezzo, signora avrete il sole, alle spalle, tutto il tempo o siate a cavallo, o siate in palanchino, non soffrite.

— Ma si arriva tardi a Gerico.

— Che importa?

— Non è pericoloso?

Sentite, i ladri sono incerti, ma la insolazione è certa.

— Tanto brucia il sole?

— Tanto: poi vi è la polvere; portate del cognac, perchè avrete sempre le fauci riarse.

— Lo porterò.

— E non bevete acqua, per la via.

— Quella del Giordano?

Dopo averla filtrata.

Gerico? Una gita alquanto pericolosa, signora; e faticosa molto, certo; e poi, molto costosa.

(Qui l’infelice viaggiatore, in un momento di snervante scetticismo, chiede:)

Gerico? Ma ne vale la pena?

E subito, fra gli interlocutori, quattro dicono no, tre dicono sì, uno dice sì e no.

 

 

Malgrado tutto questo, non vi è un solo viaggiatore di Palestina, giovane o vecchio, uomo o donna, solitario o in compagnia, che non vada a Gerico, immancabilmente.

 

 

 


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