Federigo Tozzi
Bestie

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Oggi sono rientrato nella chiesa della mia parrocchia. Lo scialbo bianco è uguale a quindici anni fa: ho creduto riconoscere, su una colonna, vicino a una panca, una scalcinatura che ogni domenica allargavo sempre più con le unghie. E mi son ricordato dei fiori finti, a mazzolini, portati al curato dalle due zitelle che andavano sempre insieme e facevano poca elemosina, e tutti dicevano che erano avare. Oggi mi dispiace di averle odiate con feroce avversione, quasi sempre inciampando se mi voltavo a perseguitarle con gli occhi.
E tutte quelle ragazze, forse ora madri, e non le riconosco, di cui ero un poco innamorato!
Ma quanto piansi quando mi confessai per la prima comunione!
Ora non ho più paura quando suonano le campane, ma mi piace ch'io volessi mettere al collo di una di quelle ragazze un nastro uguale alla riga ch'era per margine a ogni pagina del libro di preghiere della mamma. La voce di quella ragazza mi faceva lo stesso effetto di quando mi guardava; ed io ridevo che la mamma sapesse a pena leggere, ma mi pentivo tanto d'aver ficcato pezzetti di cartasuga dentro il calamaio.
Riesco fuori dalla chiesa, sicuro che il suo scialbo sia più fresco della primavera che inonda la piazzetta sbilenca di San Donato; e, scesi gli scaloni, mi volto a dietro, in su, a guardar le campane.
Me ne vo con meno dispiacere, perché vedo che un branco di passerotti hanno il nido sul tetto.

* * *


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