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I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
E quella finestra che vedevo dal mio podere scintillare
tutte le mattine quando il sole si levava; una finestra che è delle prime case
di Porta Camollia.
Non ho mai saputo chi ci sta; del resto, mi sarebbe stato difficile, perché
quell'abitazione è dalla parte degli orti tra le mura e la chiesa di
Fontegiusta; un orto dopo un altro che non finiscono mai.
A entrar lì dentro bisognava anche attraversare un andito sempre buio, con
l'impiantito sempre molle; perché, in fondo, c'è un pozzo e le donne vi vanno
ad attingere l'acqua con le brocche e le sbattono ai muri troppo stretti.
Le scale da una parte, tutte a pianerottoli, sudicie e sciupate.
Ho pensato che fosse di quella vecchia che tiene in casa il nipote cieco che fa
l'impagliatore di seggiole; poi, di quella fruttivendola sorda; oppure della
tabaccaia tisica o di quel maestro impazzito.
E pure, quando sento cantare, e bisogna che il vento tiri da Siena, specie la
sera, e non so chi è, credo che sia dentro quella stanza; e allora me la
immagino con quei mobili vecchi ma riverniciati di verdolino e con le righe
attorno alle serrature e alle maniglie di ottone, rosse e fatte a mano: più
larghe e più strette, brutte. E, a una parete di fianco, un gran crocifisso
doventato leggiero come una galla perché i tarli l'hanno tutto vuotato; e,
infilato tra i piedi, un ramicello di olivo che si è seccato e che non si può
smovere perché le foglie, color tabacco, cadrebbero subito e sporcherebbero il
pavimento; che dev'essere spazzato ogni giorno e annaffiato con l'acqua a
pisciolo, facendoci quei disegni tutti intrecciati che si allargano da sé.
E questo farfallino grigio scommetto viene di là; perché ha le ali tinte di
polvere.
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