Federigo Tozzi
Bestie

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La mattinata è fresca come le rose umide; ma tuttavia non riesce a convincermi che io posso odorarla.
Tutti questi tetti attraventati addosso alla collina di Ovile si abituano a farsi guardare di quassù, di sbieco, da questo muricciolo così scalcinato che tra mattone e mattone c'entra un dito. Se la primavera ci fosse già, potrei divertirmi a guardare gli alberi fioriti; ma son venuto troppo presto, in vano, impaziente. Scommetto che quando la primavera ci sarà da vero, io non ci verrò né meno. Ma finalmente capisco perché mi ci prenda questa dolcezza con la quale voglio prepararmi a scrivere alla mia fidanzata. , da una parte della piazza, dove la ghiaia è più consumata, c'è la porta del Seminario, verde e sbiadita, con l'architrave di marmo doventato quasi giallo, contenta di essere accanto a San Francesco, quasi sotto il campanile. Mi pare ancora di entrarci per andare a scuola. Ma c'entra il sole, con una striscia che va a ritrovarsi con quella di dentro il chiostro.
Ed io resto nella piazza. Giù la Porta Ovile, poi campi di olivi e viti; e, su in alto, la piccola stazione con i vagoni carichi di sacchi e di legname; con una strada, per salirci, che gira più di un esse fatto per ridere sopra un muro da qualche ragazzo. È una dolcezza che, se qualche volta pare stanca, tuttavia si sente anche lontano lontano, tra le pieghe verdi dei colli dove non sono stato mai.
Il campanile con i grappoli delle campane che fanno escire per la piazza i rondoni!
Ed i tetti hanno la pazienza di stare e l'abilità di non lasciarsi andare per riposarsi un poco!
Qui, pensando alla fidanzata, ritrovo molta della mia vita, anche quando andavo, d'estate, all'ombra, sotto il muraglione delle Figlie di Maria ad imparare la chitarra, e dove m'ebbi un pugno e riescii a non piangere; e ricordo il cavallo che scappò dalla caserma dei carabinieri.

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