Federigo Tozzi
Bestie

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Una strada scende, anche un'altra scende e le viene incontro: si fermano insieme. Dalla prima, a metà, se ne parte un'altra che scende per un altro verso e ne trova subito un'altra, più bassa che fa lo stesso.
Su la prima se ne butta un'altra; poi la prima e la seconda, dopo la fermata, se ne vanno giù insieme e a un certo punto incontrano quella più bassa di tutte. Altre strade le tagliano e scendono. Le case hanno paura a stare ritte tra questi precipizi e si toccano con i tetti pendenti. Ma anche i tetti, a pendere così, non potrebbero cadere tutti giù?
Le case, per fortuna, sono soltanto a due o tre piani; e la gente, alle finestre, ha l'aria di far loro da contropeso; perché non seguitino ad andare più in giù, tutte insieme, verso la Porta Fontebranda, da dove certo non passerebbero essendo così stretta. Le vie della città guardano queste quasi per scendere loro addosso; con la Cattedrale nel mezzo e con San Domenico sopra il tufo giallo. Ma la Fontebranda è ficcata giù sotto terra, e i Macelli se ne stanno stretti stretti, rasente la balza che regge metà di Siena. La vasca natatoria è verdastra dietro le punte nere e taglienti del suo cancello; i lavatoi hanno l'acqua saponata; gli archi delle conce piene di cuoia ad asciugare. Quanta solitudine e quanto silenzio anche con il vocio delle donne e dei ragazzi! Quando le donne di Fontebranda cantano, con quelle cadenze d'una stanchezza tanto dolce!
È un silenzio che sta come le case; quasi assurdo. E perché quel cadere perpetuo dei tetti insieme con le strade?
Non si ha, al contrario, il senso che le strade salgano; si sente soltanto la discesa fatta in fretta, con ansia; e, dal punto più basso, anche il meriggio è così lontano che resta soltanto per gli altri rioni di Siena.
Cominciano le strida dei porci scannati, ognuno basta ad empire di sangue due secchi.

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