Federigo Tozzi
Gli egoisti

CAPITOLO V.

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CAPITOLO V.

 

Per più di una settimana, non scrisse più musica: si sentiva un selvaggio sempre inseguito; e non riesciva più a restare chiuso in casa, benchè la folla gliene facesse provare il bisogno fino allo spasimo. Qualche volta, gli veniva l’idea di aver commesso un gran delitto; e trasaliva quando, all’improvviso, gli passava qualcuno accanto.

Albertina cercava di stordirlo con il suo amore; senza sapere che egli allora non aveva la forza di amarla. Solo quando la zia gli aveva mandato il denaro, si sentiva male un poco meno.

Il Giachi pensava come aiutarlo; ma, poi, se ne dimenticava; oppure, per infingardaggine, non si decideva mai. A Dario diceva che avrebbe avuto sempre tempo a provvedere e che ad aspettare era meglio. E quando Dario gli rispondeva che stava per finire una altra volta i denari, il Giachi rimediava subito:

È vero? Allora per oggi e per domani te li presto io!

Il Giachi aveva per amante una vedova venuta dal suo paesello a Roma; e per stare con lui si sottoponeva a ricamare dalla mattina alla sera per conto di un istituto di suore. Il Giachi la voleva lasciare da almeno due anni, e non ne era capace; sebbene non parlasse di altro.

Una mattina, Dario volle andare da lui; perchè si decidesse a presentarlo a qualche giornale; dove si sarebbe adattato a fare anche il cronista. Non era stato sul punto di accettare un posto di correttore di bozze, che una signora gli aveva trovato ad una tipografia?

Scendendo dalla Via delle Tre Cannelle, dove aveva la camera in affitto, passò dal Foro Traiano.

Tra le colonne avevano falciato l’erba; che s’era ingiallita. Di verde c’era rimasto soltanto un’edera tutta attaccata, come un festone, attorno al muro del recinto; e due melograni fioriti.

Il Giachi sembrava meno apatico delle altre volte, e lo accolse con un sorriso che gli fece piacere. Gli disse:

Oggi, almeno, non sei fuori di te! Ti aspettavo, anzi!

Davvero?

Ma il Giachi era tornato con la sua aria indolente e di malumore; e pareva irritato di avergli sorriso. Dario gli chiese:

Che hai? Non dovevo venire da te?

Non lo so meno io. Non mi sento mai . Avrei bisogno di divertirmi, forse!

Ma, quando, sono entrato, però, sembravi perfino allegro.

Il Giachi torse la bocca e abbassò la testa. Poi, cambiando di posto alle carte che aveva sopra il tavolino, disse:

È venuto a Roma il Carraresi.

Dario chiese, con una contentezza che gli fece bene:

Quando?

Ieri sera.

Lo vedrò tanto volentieri.

Il Giachi gli dette un’occhiata e riabbassò la testa; poi, fece l’atto di mettersi a sedere. Ma vedendo che Dario si meravigliava, si appoggiò ai braccioli della poltrona e restò in piedi: pareva che durasse fatica e che restasse volentieri solo. Dario gli chiese:

Dove posso vederlo?

Ha detto che mi aspetta all’Albergo del Sole. È già l’ora. Va’ tu: io ti raggiungo dopo.

Vieni subito! Anzi, perchè non andiamo insieme?

Non posso! Non ho voglia!

E rise con amarezza; quasi con afflizione. La bocca gli restava un poco piegata; e, nelle guance, gli ci vennero due solchi. Dario lo guardò fisso:

Non capisco come sei fatto!

Non lo so meno io. Lasciami qui.

E io, che non ho da mangiare, come dovrei essere!

Il Giachi sorrise, e non seppe quel che rispondere. Stette ancora con il capo giù, poi gi rispose:

Va’ tu. È meglio.

E gli tese la mano.

Dario escì. Da tre anni non rivedeva il Carraresi, ed era ansioso di sapere quel che gli avrebbe detto.

Si baciarono e restarono vicini, guardandosi negli occhi. Ugo Carraresi, tra il contadino e il signore, aveva quarant’anni; con il viso magro e tutto rughe; senza baffi. I capelli, ancora tutti rossi, gli erano restati soltanto da una parte; ed egli se li lasciava lunghi per coprire la testa fino all’altra parte. Aveva gli occhi color marrone; anzi, quello di sinistra più scuro; e gli brillavano sempre. Le mani piuttosto affilate e non si tagliava mai le unghie; soltanto quando la moglie ce lo costringeva.

Dario gli chiese:

Quanto ti trattieni?

Qualche giorno. Mi sono già infastidito.

Non lo dire! Starai a Roma, invece, almeno due settimane.

A che fare?

Staremo insieme.

Il Carraresi, che odiava le ambizioni del Gavinai come tutte le vanità, rispose:

Io preferisco i campi.

Sei sempre lo stesso!

Lo spero.

Allora Dario, per cambiare discorso, non volendo rispondergli con violenza, disse:

Bisogna aspettare il Giachi qui:

Il Carraresi capì perchè aveva cambiato discorso; e chiese:

Perchè non è venuto con te?

Non me l’ha voluto dire.

Ad un tratto, il Carraresi si fece pallido, la bocca gli divenne addirittura bianca; e gli si vedevano tremare le mani. Si levò la sigaretta di bocca; e, perchè non gli cadesse di tra le dita, la spense e la mise sopra il davanzale della finestra. Poi gridò:

Io l’odio, questa città. Mi fa l’effetto d’una immensa fogna. Le donne, dico le signore, hanno l’aria da prostitute di lusso.

Egli tremava sempre di più; e i suoi occhi s’accendevano di un chiarore sempre più vivo.

Io non ci potrei stare! Le signore mezze nude, gli uomini con gli anelli alle dita! Le automobili che corrono!

Dario si mise a ridere. Ma il Carraresi guardò con diffidenza anche lui; poi, all’improvviso, con una dolcezza quasi angelica gi mise una mano su la spalla, e gli disse:

Ma a te voglio sempre bene.

Dario sentì subito il bisogno di fargli la confessione, che doveva essere la più inattesa:

Lo sai che io...

Ma chiuse gli occhi, perchè il Carraresi lo guardava sempre più fisso. Poi, li riaprì e continuò:

Volevo dirti che io sono innamorato. Il viso del Carraresi si fece giocondo: anche le rughe sembravano un sorriso:

Lo so.

Poi, per non ridere troppo, tossì; e aggiunse, comicamente:

Lo so che tu ami.

Dario arrossì, e rispose con imbarazzo:

È inutile che tu voglia fare la voce ironica.

Allora, il Carraresi rise senza più ritegno; e gli disse con un’enfasi burlesca:

E chi è la donna che tu ami? Lo sai che io ammetto soltanto le donne oneste; quelle che si fidanzano per il matrimonio.

Te la farò conoscere e vedrai che non la giudicherai male. Non ci credi?

Sarà come tutte le altre che fanno come lei.

Il Gavinai rispose, convulso:

Non è vero.

Non parliamone. In ogni caso, per ora, lasciami del mio parere.

Anzi, la conoscerai oggi stesso.

Non ne ho nessun desiderio.

E il Carraresi riprese la cicca, consumando due o tre fiammiferi per accenderla. E siccome non gli riuscì, la rincincignò con ira; come avrebbe fatto d’una signora. Poi, cavò di tasca una delle sigarette, che teneva sotto il fazzoletto. Dario gli disse:

Danne una anche a me.

Al Carraresi tremavano ancora le mani; nei suoi occhi c’era una ilarità beffarda ma buona, anzi, affettuosa. Disse:

Se ti basta una sigaretta per capire la mia amicizia, eccotela!

 


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