Federigo Tozzi
Gli egoisti

CAPITOLO XI.

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CAPITOLO XI.

 

Le giornate del Gavinai erano soltanto inquietudini, desideri pazzeschi, rinunce.

Voleva essere forte e scettico; ma non era possibile. Ed il pensiero della bellezza somigliava quello della morte. A scrivere ad Albertina aspettava che prima glielo dicesse lei; perchè, per prudenza, non voleva mandarle le lettere a casa. Sperava che a scriverle si sarebbe chiarito ogni cosa; ed era impaziente di leggere la prima lettera; per baciarla. Si sentiva già commosso soltanto a pensarci; e non gli pareva meno vero che gli fosse possibile provare un sentimento così delizioso e spontaneo.

Mentre si ricordava, con un desiderio vivo, di come le baciava la bocca e di come le sue mani entravano dentro i capelli: si sentiva quasi pungere dalla sensualità.

Quando se n’era innamorato? Erano andati a Villa Borghese insieme; come facevano ormai da qualche settimana. Si sederono vicino ad una fontana con l’acqua verde come le foglie degli alberi; tra i quali il cielo aveva una luminosità abbagliante. C’era poca gente; e, giù, in basso, a Porta del Popolo, restava nell’aria, senza mai avvicinarsi, un grande scampanio; mentre attorno a loro qualche usignolo faceva sentire, quando si chetava, il silenzio di tutta la Villa. Allora egli le prese la mano, che era vicino a lui, dalla sua parte; e disse:

Non mi vuole anche lei un poco di bene, Albertina?

E, in fretta, per paura di non osare più, le baciò la mano. Ella doventò bianca; e, alzatasi, si allontanò di qualche passo: pareva che vacillasse; e non poteva rispondere. Si tirava su i capelli dalle tempie, e andava più lontana; senza alzare la testa, evitando di guardarlo, benchè le paresse di vederlo lo stesso. Poi disse:

Perchè me l’ha detto! Non bisognava parlarne! Mi lasci sola!

Istantaneamente, egli sentì che aveva detto una cosa più grande di quel che aveva creduto la coscienza: fu un momento di angoscia anche per lui.

Allora, si riaccostò a lei; e osò darle del tu:

Parla!

Ma ella teneva ancora la testa giù: e non lo guardava. Non s’era ancora rimessa, seguitando a tirarsi i capelli dalle tempie. E stette quasi due giorni, senza risolversi ad accettare questo sentimento; dal quale dipendeva tutta la sua .

Ma, ora, inutile, si sentisse tanto buono con lei! A momenti, anzi, lo assaliva la voglia di vendicarsi al più presto. Non gli importava niente se anche la zia gli avesse promesso di aiutarlo di più ogni mese. Si sentiva egualmente nella miseria, e gli dispiaceva di non starci più di nascosto; come se gli occhi della zia lo potessero osservare di continuo. Gli pareva di rivederla, magra come se fosse stata una sola grinza di rughe dal collo alle gambe; tutta gialla e con gli occhi che potevano guardare anche prima di aprirsi; con le mani belle perchè erano brutte.

Avrebbe voluto convincere la giovinezza e restare con lui, magari prendendola a tu per tu; come s’era imposto a qualche persona.

Egli, dunque, non aveva niente in ; che potesse allungarla e proteggerla!

Andando verso la Porta Salaria, perchè voleva come rifugiarsi distante più che gli fosse possibile, un’altra musica gli riempì tutta l’anima. Sembrava la portasse dentro di ; come una donna porta su la testa un vaso pieno di acqua, che le pesa e la sente muovere ad ogni passo. Non poteva farla aspettare; perchè risuonava sempre più forte; quasi lo assordasse. Non vedeva meno. Si sentiva affaticare; e anche in campagna gli persisteva qualche motivo; sottile, quasi tagliente; come un filo che fosse rimasto attaccato a lui da qualche matassa che finalmente aveva potuto sciogliere; una matassa enorme! Ma, nello stesso tempo, liberatosene, era lieto; e gli pareva di avere raggiunto l’intento.

Era già la metà di settembre; e, nella campagna, c’erano soltanto i fiori secchi dei cardi selvatici e degli stroppioni; con le foglie pungenti. Gli piaceva tanto quel crepuscolo, tutto uguale, anche nelle lontananze; e, quando s’accorse che la luna era venuta su, provò una specie di delusione. La luna si faceva sempre più candida e più luminosa. Allora, guardava il cielo, e lo trovava sempre più largo; e gli pareva di respirare soltanto quell’aria.

I cardi frusciavano forte insieme, come se dovessero spezzarsi; con quei fiori che di sera non hanno nessun colore. Sempre più scontento, tornò a dietro; e gli pareva di camminare strisciando anche con la faccia in mezzo alla strada.

Mentre la luna, ora, era piccolissima; come se avesse dovuto staccarsi.

 


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