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CAPITOLO XII.
Da un mese era partita, e non gli aveva scritto. Egli sentiva una specie di curiosità dolorosa, ma non guardava nè meno più il suo ritratto. Gli pareva dovesse rifarsi da capo a vivere secondo il suo desiderio; e andava quasi tutti i giorni con il Papi, che tentò di farlo innamorare d’una giovinetta magra e ben fatta, con gli occhi azzurri e i capelli d’un nero sbiadito. Ma non gli disse subito ch’era un’attrice cinematografica. Poi gliene fece conoscere un’altra, che aveva il viso come se i capelli biondi glielo avessero colorito; e l’oro era anche dentro gli occhi. Questa era una dattilografa. Dario non gli dava retta, ma gradiva la sua compagnia; perchè qualche volta sentiva ravvivare le cose lontane della giovinezza.
Il Carraresi non s’era fatto più vivo, ed egli quasi lo rimpiangeva; perchè, forse, lo avrebbe tolto da ogni indecisione. Non sentiva, invece, nessun desiderio di rivedere il Giachi; e quasi se ne scordava. In quanto agli altri amici, egli voleva prima non vivere più come viveva. Si trattava, senza che se ne rendesse conto, del suo amor proprio; e, per non incontrare qualcuno di costoro, cambiò d’abitudini. Nessuno lo vide più al caffè o al teatro.
Il Papi s’ostinava sempre di più in quell’idea di farlo innamorare di un’altra; e tornava sempre alla carica; inventando pretesti d’ogni genere e stando attento quando poteva essere il momento più adatto perchè si lasciasse persuadere. Gli disse:
— Ma perchè senti il bisogno di restare fedele a una donna; che forse...
Dario gli acconsentì che proseguisse; ma il Papi, cambiò in meglio quel che avrebbe voluto dire:
— ... che forse non ti ama più? Che ne sai, ormai? Non vedi che non ti scrive nè meno?
Dario sorrise; ma sentì su la faccia come una rigidità della tristezza; e rispose:
— Non importa!
Il Papi insistette, subito:
— Sei doventato perfino più magro! Non ti fai vedere più da nessuno. Non si sa dove passi le giornate!
— Ti lascio dire così, perchè ti sono amico; ma, se no, non vorrei.
— Io ti parlerei lo stesso anche a costo di leticare. Tu sai che io faccio all’amore con altre tre, adesso. Ma, con quattro, sarebbero troppe. E, poi, vorrei che una signorina che conosco da ieri, trovasse chi le volesse bene da vero. Perciò ho pensato a te. Ci sono donne che io tratto come se mi fossero sorelle, anche se le conosco poco.
Dario lo guardò come se fosse per accondiscendere.
Il Papi lo prese sotto il braccio e cercò di portarlo con sè. Dario fu costretto a dirgli:
— Tu mi sei simpatico e puoi contare, come sai, su la mia amicizia; ma non per questo devi credere che io sia disposto a quel che pensi tu.
— Non fare il superbo, allora! Non ti si può dire mai niente!
Ma il Gavinai era preoccupato di ben altro; e quelle parole gli fecero molto dispiacere. Taceva, ma si sentiva disposto anche a picchiare; tanto più che il Papi lo guardava quasi per provocarlo; facendosi pallido e parlando a stento.
Si pentì d’avergli dato forse troppa confidenza; e tutta quella simpatia di pochi minuti innanzi gli si mutò quasi in odio. Ma ne soffriva e gli pareva quasi una crudeltà che un amico più giovane di lui, con il quale scherzava sempre tanto volentieri, non lo capisse fino in fondo. Non era possibile, dunque, essere amico con qualcuno!
E andò a casa con l’animo pieno di angoscia violenta. Ormai, era certo che non poteva contare su nessuno; e, se aveva qualche segreta dolcezza non doveva parlarne a nessun costo. Egli doveva tenersela per sè; perchè gli altri, se no, avrebbero fatto di tutto per cambiarla in una delusione lacerante come un coltello.
Ma doveva vendicarsi, e imparare per sempre. E pure gli tornava a mente anche con quanta soavità si era sentito amico del Papi. Come più anziano, aveva preteso perfino di poterlo consigliare in molte circostanze; e, ora, quegli non ne teneva nessun conto; anzi, non gli portava nessun rispetto!
Chi sa se, amando Albertina, non avesse potuto staccarsi da quella vita sempre peggiore e in mezzo alle più forti violenze che poi lo lasciavano come insensato e incapace di quietarsi!
Ma quando, tre giorni dopo, incontrò un’altra volta il Papi gli andò incontro con tutta amicizia; e temette che l’altro non facesse altrettanto. Egli l’avrebbe anche baciato, e gli tenne la mano finchè non fu sicuro che tutto era finito da sè.
Ma Dario provava un senso doloroso, della sua allegrezza giovanile; e gli chiese, ridendo della risposta che già si aspettava:
— Non è possibile che ti innamori da vero?
— Io spero di no.
— Si vede che non sei come me. Ma io ho piacere di essere così.
— Tu hai già una certa età!
Dario ebbe un senso rapido di malessere; e gli disse, ironicamente, per fargli capire che gli era dispiaciuto:
— Già, io sono vecchio!
Il Papi, invece, sentì piacere a dirgli quella mezza verità; perchè in certi momenti aveva quel fanatismo capace di qualunque cosa; il quale è un segno caratteristico della giovinezza. Infatti, si credeva in diritto di farlo soffrire; perchè era molto più giovane di lui; con una differenza vanitosa. Un giovane può anche godere dell’effetto che gli produce uno di maggiore età! E Dario, appunto, rifiutava perfino di prendersi una delle più belle e delle più eleganti signorine di Roma! Al suo modo di vedere, era una cosa che non avrebbe potuto scusare per nessun motivo!
E lo lasciò a se stesso, con quel viso quasi sconvolto, come sempre; con gli occhi pieni di inquietudine. Perchè più giovane, si discostò un poco da lui; per evitare d’essere perfino rasentato con un braccio! Perchè, infatti, Dario doveva rimproverarlo? Che faceva di male? Che importava se era più giovane? Sapeva tenerlo lo stesso a distanza.
Ma Dario si sentiva nauseato di tutta quella gente per Via Nazionale. Sentiva il bisogno di stare solo, e lasciò il Papi; suggerendogli, per scherzo, di seguire una giovinetta molto graziosa. E scappò fuori di Porta San Sebastiano; sperando sempre di trovare una parte di Roma che facesse per lui. Lasciando le ultime case gli pareva di garantirsi un riposo sempre più certo.
Ad un certo punto della Via Appia Nuova, pareva che la pianura volesse sprofondarsi tutta insieme sempre di più; fino ai Colli Albani. Nel cielo c’era una solitudine turchina che gli faceva venire il bisogno di vedere almeno una nuvola. Ma anche il cielo era deserto come la campagna. Le macerie s’erano coperte di edera fitta e nera; e i fichi nani erano spuntati, quasi da per tutto, tra le pietre.
Credette che il silenzio lo volesse tenere lì per un tempo indefinibile; e guardò, come se non avesse dovuto rivederle più, le statue grigie sopra la Basilica di San Giovanni e gli acquedotti rossi, tra i cui archi apparivano i monti nebbiosi.
Come poteva escire da quella solitudine, che gli s’imponeva troppo?
Perfino il ricordo di Albertina pareva disperdersi; come un grano di polvere. Le statue sopra la Basilica di San Giovanni si distruggevano, a poco a poco; consumate dall’aria luminosa. Anche la Basilica si sbriciolava; e non ne restò che una breve striscia in terra. Gli acquedotti sparivano, i monti non erano altro che nebbia. Egli stesso moriva, e non aveva nè meno la certezza che la sua anima fosse qualche cosa che potesse restare.
L’anima non esisteva; ed egli si sentiva vuoto, senza difesa. contro la morte; ch’era perfino nella luce immensa.
Non poteva morire da lì a tre giorni o il giorno dopo?
Che restava di lui? Niente! Lo sentiva con un raccapriccio spaventoso. Non c’era, per lui, nessuna pietà; e, allora, guardando Roma, in fondo alla pianura, gli parve una grazia a poterci tornare. Non volle stare più solo; e pensò, con il cuore che gli palpitava, che di lì a mezz’ora ci sarebbe stato e avrebbe visto la gente. Ma Roma era troppo vasta, ed egli non la sapeva ancora conoscere a fondo.
Quando scorse i pioppi, lungo il torrentello della Ninfa Egeria, avrebbe voluto credere alla divinità del settembre. E il cuore gli corse verso quel verde, come una mandra di cavalli e di puledri ridiscendendo da un poggetto erboso.