Federigo Tozzi
Gli egoisti

CAPITOLO XVI.

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CAPITOLO XVI.

 

Dario evitò di aprire i cassetti del canterano; perchè, non spianando bene sull’impiantito, tentennava battendo nel muro; e, irritato, si metteva a guardarlo, con il desiderio di farlo a pezzi.

S’era convinto che Roma fosse una città uguale a qualunque altra, e cominciava a desiderare di andarsene lontano; magari di tornare a Pistoia, dove certamente gli avrebbero dato un impiego piuttosto buono che cattivo. Non credeva più di essere un musicista; e, ormai, era già troppo anziano per sperare ancora. Sarebbe andato via senza farlo sapere a nessuno; ma contava di guadagnarsi la stima del Carraresi. Si sentiva prendere da questa nuova decisione; e gli bastava.

Avrebbe pensato sempre ai suoi amici di Roma; ma era indispensabile non commettere più l’errore di soffrire lungamente come aveva fatto.

Da se stesso non poteva rendersi conto d’essere passato attraverso quasi tutti gli eventi che s’incontrano in una grande città; rasentando ora la miseria e ora il lusso. Roma non aveva aggiunto nulla alla sua indole di natura; ed era stato troppo credulo a qualunque tentazione, scambiandola per un buon indizio che gli si presentasse.

Non aveva profittato nulla, perchè i suoi nervi erano troppo deboli. Inoltre, non aveva saputo fare a meno di non subire dagli altri ogni sorta di egoismo; compreso quello di Albertina. Soltanto la campagna e certe strade di Roma lo avevano lasciato libero. Ogni altro sentimento era stato d’impaccio.

Anche l’avvilimento d’ogni giorno, ch’egli aveva cercato di cambiare a suo vantaggio, pigliava un peso importante nel desiderio di andarsene. Lunghi mesi di inutili tentativi, che restavano soltanto stati d’animo piuttosto complicati, lo avevano ravveduto. Quantunque Roma lo avesse quasi sempre corrisposto, non poteva scacciare da una specie di rancore; che lo compensava di tante rinunce e dell’inutilità di averci vissuto. Gli spunti musicali, che a Pistoia lo avrebbero inorgoglito, dovevano fare posto a nuovi sentimenti di bontà. Anche con Albertina le cose dovevano cambiarsi completamente: o era possibile che si amassero o dovevano dimenticarsi per sempre; ed egli trovare una donna più adatta. Non capiva, poi, perchè con il Giachi non si fosse mai inteso; benchè fossero amici. Da Pistoia gli avrebbe scritto una lunga lettera; particolarmente molte cose passate tra loro. Il Papi era così lontano dal suo animo, che non gli avrebbe mai scritto: lo lasciava, volentieri, alle sue amanti; benchè ora sospettasse che fossero meno di quanto il Papi gli diceva. Andava via da Roma, senza portarne nulla con .

Gli era agevole prevedere come sarebbero finiti tanti giovani, anche suoi amici, che si scaldano la testa e lo stomaco con una tazza di cicoria; credendo, a forza di minute postille quotidiane o notturne, di compiere una funzione intellettuale. Roma, per essi, non era altro che una città di provincia più informe e senza scampo! Quelli che riescono debbono, anzi, vivere continuamente da soli e non dare spiegazioni altro che a se stessi; quelli che riescono a lavorare sono subito distinguibili in mezzo alle torme dei boriosi, insulsi e cattivi. Dario, invece, li aveva ascoltati, e qualche volta con il desiderio di superarli. Aveva imparato anche lui quell’egoismo spirituale; che consiste non nello sviluppare gli individui secondo i loro rapporti; ma attribuendo alle idee e ai sentimenti istintivi un’esistenza quasi indipendente; giustificata volta per volta da occasioni caparbie, che non hanno meno un’affinità continua. Dario aveva voluto trovare dovunque i segni del proprio pensiero; credendo di potersi sostituire a tutto. Quanti lasciava a Roma in simili presunzioni! A casa della zia lo aspettava invece una certezza, che gli avrebbe formato il sentimento della coscienza.

Mettendosi il solino, vide allo specchio che le tempie cominciavano a imbiancarsi; e ne fu atterrito.

Mentre cercava di non pensarci, non fu in tempo, sentendo aprire la porta, a volgersi; e Albertina era già dinanzi a lui. Più che vederla, capì che era lei; e l’abbracciò. Ancora non le aveva visto la faccia; e l’avrebbe piuttosto soffocata che lasciarla andare. Ambedue si cercavano la bocca; ed ambedue cercavano quasi istintivamente di non vedersi; o, almeno, volevano ritardare quel momento.

Ma nessuno dei due poteva abbandonarsi al proprio sentimento, perchè aveva in una chiarezza; che tentava di mettere dentro la coscienza tutto il tempo trascorso; separato da un taglio, del quale volevano tacere. Il loro amore doveva nascere in quel momento stesso; e, alla fine, guardandosi negli occhi, capirono che si amavano davvero per la prima volta.

 

 

FINE.




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