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I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
Aveva già perduto un anno di
tempo, alle belle arti, senza che ancora fosse deciso sul suo conto; il che
doveva dipendere dai diversi pareri dei più vecchi avventori, e da suo padre
che se ne ricordava soltanto molto di rado e con rabbia. Anna insisteva con
pazienza, anche dopo l'infelice prova del disegno, persuasa ch'egli fosse
intelligente. Ma era destino che non potesse in alcun modo fargli del bene.
Una mattina decise di portarlo dal parroco,
perché la consigliasse. Aveva già preparato il suo più bel vestito, e voleva
far lesta perché il marito non lo risapesse: ci andava quasi di nascosto.
All'improvviso, sentì chiudersi il cuore sempre più stretto; ma non poteva
gridare. Non s'accorse né meno di cadere.
Fu trovata con la testa sul pavimento, verso
l'armadio che aveva aperto; tutta stesa in avanti; come quegli animali che
hanno avuto una calcagnata sul capo; con gli occhi mezzo schiusi e pieni ancora
di vita, con il viso un poco contratto, quasi che le rincrescesse della sua
morte soltanto per gli altri, chiedendo di non esserne rimproverata; con una
preoccupazione indescrivibile e dolorosa.
Rebecca, ch'era andata a cercarla per ravviarle i
capelli, fu la prima a vederla. Ella aprì subito le boccette che servivano
quando si trattava delle convulsioni, ma Anna non respirava più.
«Signora padrona! Padrona!».
Spaventata e tremando tutta, corse in cucina e
s'affacciò a gridare dalla finestra che rispondeva dinanzi all'uscio della
trattoria. La intese un cameriere.
«Il padrone! Che venga subito!».
Il cameriere, credendo che fosse un attacco di
convulsioni più forte del consueto, posò il cencio che aveva in mano e andò in
cucina:
«Dov'è il padrone?»
«Non è ancora tornato: è restato a pagare il
conto dal droghiere».
«Correte subito a cercarlo! La padrona si sente
male!».
Lo sguattero, che aveva risposto, posò il
coltello con il quale puliva il pesce ammonticchiato dentro l'acquaio e tolto
allora allora dalla sporta, si asciugò le mani, ravvolse il grembiule su al
legacciolo; ed uscì. Ma non poté trovare subito Domenico, che era andato a fare
altre spese.
Quando lo vide, tornarono ambedue quasi correndo.
Per le scale, Domenico sbatté contro il medico, suo amico e avventore, che
scendeva ad aspettarlo:
«Caro Domenico... Ascoltate un momento!».
Il trattore lo prese per le spalle. Il medico gli
allontanò le mani, fermandogli i polsi.
«Domenico, questa volta... Quella povera donna!».
Egli gridò:
«Mi lasci! È una convulsione».
Ma si sentì gelare tutto, con un gelo che gli
veniva a ondate dalla cima delle dita e si fermava nel mezzo del capo.
Credette, lì per lì, che si trattasse di un turbamento della sua intelligenza;
ma il respiro affannoso, a lui che respirava così bene, gli ricordò che la cosa
quasi presentita era ormai venuta. Come affrontarla? Come vedere Anna morta?
Doveva proprio andarci lui?
E quando entrò nella camera, i muri e le porte
traballavano e si spalancavano da sé, credette di non vedere niente. Poi toccò
il volto già freddo e un po' rigido; e allora chiuse gli occhi, si buttò sopra
la moglie e cominciò a piangere.
I suoi gridi stessi lo facevano tremare.
A poco a poco sentì il suo dolore. Tutta la sua
enorme violenza, ora, gli pareva cambiata in paura; gli pareva che Poggio a'
Meli fosse trascinato via lontano ed egli non aveva il tempo di far qualche
cosa; gli pareva che gli usci della sua trattoria si chiudessero da sé e non
volessero esser riaperti; e che Anna avesse tanto sofferto per non poter
parlare; e tutto crollava in lui.
Il suo dolore era così pieno che tutti avrebbero
dovuto consolarlo! Ora si pentiva di non averle voluto bene abbastanza!
Anna s'era raffreddata a poco a poco; e, avendole
qualcuno stese le palpebre, parve insolitamente estranea per la prima volta a
tutta la gente che le era attorno.
Qualcuno la prese sotto il mento, e la compianse:
«Chi sa che avrebbe voluto dire! Che passione!
Povera donna! Così buona!».
Pietro la vide già portata sul letto, senza saper
quel che ne dovesse pensare. Domenico gli parlò soltanto quando qualcuno glielo
rammentò. Ma senza nessun affetto; quasi con il bisogno di sfuggirlo. E proprio
in quel momento, sperò ancora di più di tenerlo con sé per la trattoria.
Continuava intanto a gridare che l'udivano anche dalla strada.
«Sembra che stia per scendere da letto!».
Disse Rebecca.
A un tratto Domenico le si accostò un'altra
volta, la toccò su i capelli, fece un gesto di disperazione; ed urlò più forte.
Pietro, senza provar niente, all'infuori di una vaga inquietudine, si appoggiò
ai guanciali e cercò di piangere: dentro di sé chiedevasi se anche gli altri
sentissero così poco e provò una consolazione indefinibile quando il padre fu
allontanato in modo ch'egli non vide e non udì più il suo dolore; che gli era
antipatico come le sue collere.
Rebecca gli disse:
«Povera mamma, voleva tanto bene a te!».
A lui gliene importava poco, anzi s'ebbe a male
di queste parole; e si allontanò per distrarsi, vergognandosi.
La mattina dell'esequie s'era dimenticato di
tutto, quando intravide dall'uscio mezzo aperto il padre che gli si avvicinava.
Ebbe, senza spiegarsi il perché, paura d'esser percosso a sangue.
Domenico gli disse:
«Vestiti; tra poco porteranno via la tua povera
mamma».
Pietro si sforzò d'obbedire. Piuttosto, era ora
spaventato di qualche sciagura che dovesse capitare a lui!
Discese dal letto; e, fingendo a se stesso, si
vestì cercando d'imitare i gesti di dolore che aveva veduti.
In tal modo finì con il sentire una ilarità muta,
mista a terrore.
Ma, quando gli fecero baciare la mamma, prima che
la mettessero dentro la cassa, pensò: "Perché non c'entro anch'io?
Metteteci me".
Poi l'assalì uno sgomento inaudito. "Credete
che sia morta? Fingete tutti. Anche questa è una finzione. Lo sapevo che
m'avreste dato qualche dispiacere violento; e non lo merito".
Singhiozzò, invaso da una cupa disperazione.
Perché non gli avevano detto prima ch'era morta?
Restò tra le persone che mettevano il cadavere
dentro la cassa; ma non avrebbe toccato né meno il lembo della veste. E si
meravigliò che gli altri facessero tutto come se si trattasse di una faccenda
qualsiasi, con le lacrime e con quei segni di affetto che non sembravano mai
finiti; raddrizzare la testa sopra il cuscino scelto con le cifre ricamare,
accostare i piedi insieme, accomodare sui capelli un fiore scivolato tra una
spalla e la cassa.
Egli avrebbe voluto che nessuno fosse stato lì; e
gli facevano male tutte quelle mani, che si muovevano in fretta. Quelle mani,
quelle mani!
Voleva gridare: "Portatela via presto!
Perché non l'avete portata via? Non ce la voglio più in casa". E si
meravigliò del padre, che non s'impazientiva, un poco calmato da tutte quelle
attenzioni.
Volle seguire il trasporto al cimitero in
carrozza chiusa, tirando giù nervosamente le vecchie tendine di seta turchina
per non esser visto da nessuno; mentre Domenico anche per risparmio avrebbe
voluto andare a piedi. Ma Pietro si preoccupava della gente ferma a guardare
nella strada e perfino dinanzi all'uscio di casa. Notò che si alzavano in piedi
ed allungavano il collo per veder meglio.