Federigo Tozzi
Con gli occhi chiusi

[XXXVIII]

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XXXVIII]

     Pietro giunse poco dopo al cancello aperto; e, prima d'entrare da Giacco, si soffermò a guardare la luna che pareva escita allora allora dalle finestre dalla parte di dietro della casa.
     Pensava anche che gli assalariati avrebbero ammirato il suo amore per una contadina, per una che era di loro.
     Egli e Ghìsola andarono per la strada del campo, che dall'aia menava a quel ciliegio vicino al quale s'erano parlati molti anni innanzi. Il ricordo pareva ancor , sotto le fronde.
     Ghìsola era nervosa e pronta a darglisi tutta. Stava per dirgli: "Perché non te n'accorgi?". Ma Pietro era in un'estasi che aumentava. Quasi parevagli di camminare sognando. Diceva:
     «Perché non guardi sempre me?».
     Infatti ella gli si volgeva soltanto di sfuggita, e lo avrebbe lasciato solo volentieri. Ma, dominandosi come quando s'era stesa con la schiena sul murello, contraffacendo la voce di lui, si fermò a guardare il cielo. Egli, credendole, esclamò:
     «Una notte così non la vedremo mai più! Le stelle scintillano anche dentro i tuoi occhi. Te le vedo io!».
     E la baciò lungamente. Ella scosse il capo, discostandosi. Era pazzo? La faceva soffermare ancora; gridava di gioia. Ghìsola, fuori di sé dalla voluttà, era come un'anfora che alla fine s'apre tutta secondo una sua incrinatura. E non si tenne dal dirgli:
     «Se tu fossi un uomo!».
     Pietro le rispose come a se stesso:
     «Io ti voglio bene!».
     E siccome anche la sua estasi doventava sensuale, volle tornare a dietro: Ghìsola non doveva accorgersene né meno!
     Masa attendeva in cima alla strada, con le mani su i fianchi, inquieta per tutte le insinuazioni allegre degli assalariati seduti attorno all'aia. Giacco s'era rincantucciato in casa, malcontento di dover tenere acceso troppo il lume ad olio, contro il quale si buttava una farfalla con un corpo grosso quanto un dito. Il rumore delle sue ali, che di quando in quando si dibattevano, gli faceva alzare la testa e poi guardare dall'uscio scostato.
     Pietro e Ghìsola allentarono il loro abbraccio, rasentando l'aia; mentre Masa disse sottovoce:
     «Non andate lontani».
     Gli assalariati si chetarono a posta; anche per riguardo al padroncino; e si vedevano i loro volti che parevano senza linee nel chiaro di luna.
     Lo stollo del pagliaio era rimasto inclinato verso un tiglio.
     A Poggio a' Meli ci si divertiva!
     Fuori del cancello, i due giovini si ripresero per mano.
     Le lucciole, innumerevoli tra le chiome pallide degli olivi, sembravano aumentare continuamente: le lucciole che, talvolta, s'appiccicavano alle mani come se fossero state gommose.
     Cominciarono a baciarsi, ella appoggiandosi alla cancellata di legno, ed egli stringendosi a lei; nascosti nell'ombra della siepe. Ma, ad un tratto, Pietro s'accorse che faceva movimenti troppo voluttuosi con tutte le anche: si discostò e la rimproverò.
     Masa, sempre più intollerante, dopo essere stata in mezzo all'aia, turandosi la bocca per non rispondere agli assalariati che ascoltava a suo malgrado, chiamò proprio in quel mentre; e Pietro e Ghìsola andarono a casa.
     Qualche assalariato, invaso da una giocondità intrattenibile, si grattava forte la testa. Carlo, curvo con le mani su le ginocchia, sghignazzava tutte le volte che aveva dato uno sguardo verso Masa; e dentro una mano gli pareva di tenere quel che aveva toccato.
     Le chiacchiere, che se ne fecero, durarono più di un mese.
     Carlo rimase un po' di tempo a spiare dal suo uscio quando s'avviassero, perché non gli pareva vero d'andare a letto senza aver parlato con Ghìsola.
     Ma Ghìsola propose alla figliola di un assalariato di riaccompagnare con lei Pietro fino al borgo; così, dopo, tornando, non avrebbe dovuto far la strada da sola.
     Camminarono a braccetto; mentre l'altra ragazza, non osando avvicinarsi troppo, si teneva a distanza. Ma, volgendosi, la vedevano sorridere attenta e agitata; e, poi, quasi convulsamente.
     Prima di lasciarsi, si dettero altri baci. Allora la ragazza, che s'era coperta la faccia con ambedue le mani, guardandoli tra le dita, si buttò nel mezzo della strada e si rotolò nella polvere. Poi gridò, come se fosse stata sola:
     «Oh, oh, che faccio!».


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