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I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
«Vestiti».
Trovatala in camera con le braccia nude, voleva
che si affrettasse a rimettersi il giacchetto color rosa; e aspettando per
baciarla. Poi le disse:
«Così mi piaci di più. Altrimenti, non ti potevo
baciare. Lo sai!».
Ella sarebbe partita con la diligenza di Radda.
Le cose erano rimaste sempre allo stesso punto:
Domenico aveva finto di non occuparsi di Pietro e di Ghìsola, sapendosi
dominare, sicuro che il tempo lo avrebbe aiutato; e le chiacchiere insinuanti
non erano state confutate: Pietro non aveva trovato nessun modo d'affrettare il
matrimonio.
Masa esciva ed entrava, dando un'occhiata a loro
e una nel piazzale; per vedere se gli assalariati stessero lì a curiosare.
Temeva più che mai le loro lingue; e non le pareva l'ora che Ghìsola se ne
andasse, per riguardo al padrone.
Ella non si sentiva degna che la nipote
doventasse la moglie di Pietro: era una cosa che aveva superato ogni sua
pretesa! Non s'arrischiava né meno a ringraziarne Dio, perché temeva dovesse
punirla della sua troppa contentezza; e poi, prima, ne voleva esser più sicura!
Aveva detto altre volte:
«Non si può chiedere a Dio una cosa, di cui non
siamo degni».
Pietro porse a Ghìsola il pettine, poi le
abbottonò il giacchetto lungo la spalle. Ella, dopo l'ultimo bottone, si volse,
e si fece baciare un'altra volta.
E siccome c'era ancora molto tempo, si distese
sul letto dove aveva dormito giovinetta. Il suo volto s'indurì, sino a prendere
un'aria d'angoscia sinistra. Respinse tutte le carezze di Pietro; non volle
esser più baciata, non gli rispose né meno; qualunque cosa egli tentasse di
dire; con gli occhi accigliati e torbidi, la bocca gonfia di collera.
Masa disse:
«Ti senti male? Che cosa hai?».
Ella tirò la testa in dietro, quasi il collo
s'irrigidisse. Pietro le prese le mani:
«Non è niente. Ti passerà. Ma che cos'hai?
Lasciatela fare, Masa».
Ghìsola li guardava ambedue, ora l'uno ora
l'altra. Pietro la baciò su i piedi: ella li nascose sotto la sottana. Era il
dispiacere d'andarsene? Ma somigliava ad altre volte; a quando s'era
accontentato di toccare qualche cosa che le appartenesse: un nastro, uno
spillo; e anche il suo braccialetto d'argento. E gli era impossibile ammettere
che ella avesse potuto scambiare con un'altra persona uno dei suoi ninnoli!
Ghìsola avrebbe voluto non muoversi più: credeva
di dover stare a quel modo un tempo indefinibile, forse per sempre.
Pietro e Masa, così intorno a lei, le facevano
venire un brivido. E li avrebbe presi a pedate.
Quando Pietro la decise ad alzarsi, dicendole che
altrimenti non sarebbe più stata in tempo alla diligenza, ella sentì rientrare
la voglia immensa di parlare con tenerezza; e la sua bocca fece una smorfia
cattiva ma graziosa.
Si quietò di mano in mano che s'avvicinava al
luogo da dove doveva passare la diligenza. Camminava con le gambe che si
ripiegavano, lasciando battere ad ogni passo il suo ombrellino da sole sopra un
ginocchio. Appoggiata a Masa e a Pietro, prese un'aria di bambina.
Masa pensava ancora agli assalariati e alla casa
lasciata aperta; e si volgeva indietro, storcendosi le labbra.
La diligenza tardava. Allora la vecchia, tenendo
le mani insieme sul ventre se ne andò, dopo aver detto:
«Badiamo che tutto finisca bene!».
Ma Ghìsola non la salutò né meno. E si discostò
da Pietro, che non smetteva mai di guardarla.
Alle finestre del Palazzo dei Diavoli non c'era
nessuno. Prima di giungervi, avevano veduto l'aia di un contadino tutta
occupata da una mucchia di manne di grano. Ed era parso che dal tetto della
casa grondasse giù la luce del sole e rimbalzasse in terra in un cerchio di
fiamme.
Ma, da dove s'erano fermati, videro, in cima ad
una collina alta, Vico Bello tra i suoi alberi fasciati da un muro: tutta la
collina era verde di granturcheti, mentre gli olivi sembravano incolori e
trasparenti. I filari delle viti ingrossati dalle proprie ombre.
Un mendicante si sedette su gli scalini della
Cappella; alla cui meria erano anch'essi: se lo accennarono, sorridendo d'aver
avuto lo stesso pensiero; e attesero che cominciasse a mangiare il pane che
stringeva con tutte e due le mani.
La diligenza arrivò. Dentro, c'era una donna e un
contadino dalla faccia smunta e la barba non rasata: un malato che la moglie
aveva ripreso dall'ospedale. Egli reggeva accanto a sé un fazzoletto rosso,
pieno di medicine; la moglie teneva su le ginocchia uno scialle bigio che gli
avrebbe messo la sera. L'uomo aveva gli occhi velati, e pareva che si trovasse
a disagio; come se avesse voluto che la diligenza non si fermasse, aspettandosi
una cosa che li avrebbe disturbati.
Le tende, abbassate per parare il sole,
ondeggiavano.
Il cavallo s'era arrestato con un movimento
brusco, ripiegando le gambe di dietro. Era lungo e magro: uno di quei cavalli
dalla testa alta e le mandibole enormi. Tra i finimenti, su cui luccicavano le
borchie d'ottone, tutte le sue costole si dilatavano nel respiro. Un filo
d'avena gli era rimasto tra le labbra grinzose, infilato sotto il morso. Si
sorreggeva, appoggiandosi agli stanghini. Puzzava di sudore.
Pietro aprì lo sportello della carrozza, su la
quale era dipinto lo stemma postale. Ghìsola salì, a capo basso. Poi fece
comprendere che voleva essere baciata; e Pietro la baciò; ma le avrebbe detto:
"Non sta bene qui!". Ella sorrise, a se stessa, di lui; mentre la
diligenza si moveva.
Dopo aver dato un'occhiata ai due che le sedevano
dinanzi, come se prima non se ne fosse né meno accorta, abbassò un'altra volta
il capo e impallidì: aveva sentito una trafitta della maternità.
Pietro, con angoscia quasi mortale, aspettò
invano che si volgesse.