Federigo Tozzi
Con gli occhi chiusi

[XL]

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XL]

     Verso settembre, andò a trovarla a Radda.
     Questo paese, il cui mucchio di case si continua a vedere, prima di arrivarci, per parecchi chilometri in fondo a un bosco, in cima a una collinetta, è così silenzioso che si ode parlare dentro le case dalla via.
     Pietro era andato, fino alla Castellina, con la vettura di un suo conoscente che lo avrebbe atteso la sera per riportarlo a Siena.
     Di a Radda, andò a piedi. Traversò tutto il bosco: tra i macigni e i cespugli di ginepri, tra le querci, sentiva di quando in quando l'odore lasciatovi da qualche gregge di pecore.
     Vide il tabernacolo dipinto d'azzurro, sul margine della vecchia strada abbandonata; dietro tre cipressi smilzi, con i tronchi pieni di rigonfiature. E su gli avanzi del muro, che cominciava da quel tabernacolo, dopo pochi metri tutto caduto, l'edere insieme con un enorme biancospino.
     Attorno, i bei boschi delle altre colline; sempre più chiusi e fitti, d'un colore che sbiadisce fino a divenire una trasparenza.
     Incontrò Poggiarofani, un luogo dove si fermano i pecorai quando passano di lassù. Ivi la strada è più alta che altrove, tutta contorta, fatta di risvolte, di salite e di scese; tra l'Appennino aretino e il Monte di Santa Fiora, ma così lontani che paion d'aria come l'orizzonte.
     Gli uccelli, alzandosi all'improvviso dalle valli, che si aprono da ambedue le parti, lo rasentavano. E, quasi non sapessero poi dove drizzare il volo, dopo un tratto a sghembo, risparivano nelle profondità.
     Quando giunse al paese, stanco e irritato, aveva un'esaltazione che di quando in quando diminuiva; e allora le cose avverse gli s'affacciavano all'anima. Sapeva che il padre l'avrebbe maltrattato e che quasi tutti avrebbero pensato ch'egli andasse a trovare Ghìsola perché gli si dava.
     Dopo le prime case, lasciò passare avanti una carrozza così polverosa che era doventata bianca.
     Ad una donna che, scortolo, non gli aveva più tolto gli occhi di dosso, mentre la sua brocca, sotto il rocchio di una fontana, traboccava, domandò di Ghìsola. E seppe che stava in casa di Lucia, la sorella maggiore che s'era maritata. Si fece indicare l'uscio; e, trovatolo aperto, entrò; ma ridiscese per bussare.
     Già tre altre donne, nella stradicciola, s'erano adunate per la curiosità di saper chi fosse. E, allora, per sottrarsi ai loro sguardi, salì senza attendere che gli fosse risposto.
     Lucia, che l'aveva una volta conosciuto a Poggio a' Meli, gli andò incontro in cima alle scale. Ed egli, senza né meno salutarla, domandò: «Ghìsola dov'è?».
     Se Lucia non fosse stata la sorella, si sarebbe adirato perché subito, quasi non sapesse niente del bene che le voleva, non glielo aveva già detto.
     Allora Lucia, visto il suo desiderio, rispose:
     «È di sopra».
     Egli le disse con collera:
     «Chiamala... anzi, la chiamo io».
     Ma Ghìsola si fece innanzi da sé, dopo aver prima sentito le sue parole.
     In pochi giorni s'era fatta più bruna, e aveva una sottana sdrucita che toccava il pavimento.
     E siccome ambedue se ne stavano in silenzio a guardarsi, Lucia tornò in cucina a far da mangiare.
     «Perché non sei a casa dei tuoi genitori?».
     Ella lo guardò ancora, senza rispondere. Poi gli chiese con una meraviglia sincera:
     «Mi vuoi sempre bene?».
     Ma egli s'inquietò e le disse:
     «Perché mi chiedi così? Perché non ti dovrei amare?».
     E fece l'atto di torcerle un polso: ella con gli occhi fissi a terra, lo lasciò fare, senza curarsene.
     «Tu non devi stare con questa veste... Se ti vede qualcuno?».
     E ripeté, per sapere com'ella rispondesse:
     «Se ti vede qualcuno?».
     E siccome Ghìsola taceva come offesa, Pietro se ne pentì, come quando s'è percosso un animale e poi ci s'accorge che s'è fatto senza ragione.
     «Ti si vedono le gambe... la sottana è anche aperta».
     Quelle parole che non avrebbe voluto dire, lo facevano quasi piangere. E per evitare la tentazione sensuale, le prese un braccio spingendola nella sua stanza. Ghìsola si trasse indietro, perché la lasciasse: allora la veste finì di rompersi; ed egli le vide un fianco. Ella arrossì. Egli le nascose il volto abbracciandola, perché non si vergognasse di lui!
     «Ti ho vista... ma non volevo».
     Ella chiuse con una mano la sdrucitura, pronta invece a togliersi tutta la veste; e gli disse:
     «Lasciami».
     «Perché, dunque, stai così?».
     Domandò Pietro, pentito d'averla accarezzata in quel momento.
     «Io faccio il comodo mio. Perché sei venuto a Radda? Sei venuto proprio per me? Ci sono altre ragazze! Anche tu l'hai con me?»
     «Devi tacermi qualche cosa oggi!».
     «Io ho sempre qualche cosa, dici tu, da tacere».
     «Forse non è vero? Ti ho mai rimproverata senza alcuna ragione?».
     La gola gli si chiudeva, ed egli stesso aveva voglia di smettere.
     «Ma se non mi vuoi così, perché...»
     «Perché ti voglio bene, non è vero?».
     Ella, allora, si mise a ridere, sempre più lasciva. Egli riprese, con le labbra che doventavano sempre più aride:
     «Se non ti volessi bene, non ti dispiacerebbe forse?».
     E sorpreso del suo silenzio, aggiunse:
     «Ti perdono. Dammi un bacio».
     Ella si volse verso di lui con un atto lento e pudico, quasi avesse temuto di concedere troppo. Poi, quando furono per baciarsi, si ritrasse. Pietro le alzò il volto piegato in giù con forza, con tutta la sua volontà; e le disse:
     «Non piangere».
     Egli temeva di vedere quel tremolio interno delle labbra, per cui sembra che il pianto giunga come una sorgente profonda. Tenendole ancora le mani sopra le tempie, disse, più remissivo, quasi raccomandandosi, con disperazione:
     «Ascolta».
     Ella lo guardò.
     «Forse non vuoi esser più la mia sposa?».
     Ella lo guardò ancora; poi, come gli riesciva bene, fece l'atto d'inghiottire le lacrime. E perché non pianse gli parve così buona da commoverlo.
     Allora s'abbassò e le baciò tutta la gola, l'obbligò a guardarlo, affascinandosi degli occhi.
     «Perché dovresti aver bisogno di tradirmi?».
     E disse la frase con la gola strozzata dalla repugnanza, con tutta la sua avversione morale.
     Ella, al sospetto, tacque.
     Pietro allora le riprese il volto con ambedue le mani, il suo volto rigido come la selce, glielo piegò in modo ch'ella dovette guardarlo: si torceva come il ramarro quando svolta e fugge.
     «Tu hai pensato di non farti veder più!».
     Ella gli disse che aveva indovinato; svincolò le mani dalle sue, gli volse le spalle.
     Egli l'esaminò così a lungo, impacciato.
     Ma ella avendo paura ch'egli fosse capace di vendicarsi, gli si fece docile; e gli sorrise. Egli l'abbracciò e la baciò. Ed ella gli disse:
     «Ma tu non ami proprio me».
     Egli non comprese; e si abbatté su di lei, chiedendole:
     «Perché dici sempre così?».
     Gli venne il sudore freddo; ma procurò di calmarsi, accarezzandola e dicendole:
     «Non amo te, dunque?».
     Allora ella disse con calma, senza nessun sentimento:
     «Tu sposerai un'altra».
     Egli impallidì; ma ebbe la forza di fare alcuni passi verso l'uscio. Ghìsola, allora, gridò, per offenderlo:
     «Mi vuoi bene così?».
     Per prima gli offrì la bocca; egli esitò, poi lasciò venire a sé tutta quella sensazione che lo ubriacava.
     E Ghìsola, che voleva darglisi per fargli credere poi di essere restata incinta, gli chiese:
     «Perché mi accarezzavi dianzi?».
     Pietro non glielo voleva dire. Ma Ghìsola esclamò:
     «Lo so. Ho indovinato... Ora mi accarezzi in un altro modo! Anche tu mi desideri. È impossibile che tu possa farne a meno. Del resto, se tu vuoi, io son tua».
     Ma Lucia chiamò dalla cucina, e mangiarono tutti e tre insieme: il marito della sorella era fuori di Radda.
     Due ore dopo mezzogiorno, Pietro doveva già pensare a tornarsene via; e lo disse a Ghìsola. Ma ella, che se n'era dimenticata, esclamò tutta allegra:
     «Dormi in casa nostra».
     «Mio padre m'aspetta. Tu sai che doventerebbe più cattivo anche contro di te».
     Ghìsola insisté:
     «Dormi qui. Io verrò a baciarti come feci l'altra volta a Siena».
     Egli temette, allora, che avrebbero anche potuto dormire insieme; e rifiutò. Ghìsola, indovinandolo, chiese:
     «Ci stiamo insieme di giorno, senza far niente di male?». E, con un'aria innocente, disse:
     «Ti giuro che tu mi rispetterai, perché tu non vuoi...».
     «No; prima devi essere la mia sposa. Sono io stesso che te lo dico, perché ti voglio bene».
     Ma ella, con la carne imbevuta di voluttà, come una spugna d'olio, entrò in un'altra stanza, chiudendosi l'uscio dietro. Ricomparve quasi subito, mentr'egli non sapeva più se aspettarla o andarsene. Egli le disse, con voce quasi piagnucolosa, imitando la sua:
     «Staremo insieme in seguito. Ora facciamo questo sacrificio. Dobbiamo».
     La scosse, tenendola per la vita:
     «Rispondi».
     Ghìsola nascose il volto nel grembiule, fingendosi di un candore così naturale che avrebbe ingannato chiunque.
     «Perché ti nascondi? Non ti nascondere. Non voglio».
     Scesero, tenendo le mani intrecciate; e siccome ella aveva un'aria timida e pudica, egli n'ebbe compassione, e gli parve impossibile d'essere stato capace di rimproverarla.
     In fondo alle scale, Ghìsola si appoggiò alla soglia. Egli mise un piede nella strada, ed attese qualche parola; ma siccome sembrava che a lui non ci pensasse né meno più, non le disse altro, e s'avviò a passi lenti fuori del paese; e più d'una volta avrebbe voluto tornare a dietro.
     Ghìsola si riscosse, e guardò nel posto dov'egli era stato; e con le mani, che teneva insieme appoggiate allo spigolo della soglia, spinse innanzi tutto il corpo, discostandosi. Poi, rientrò in casa.
     Con la sorella non disse né meno una parola su Pietro.


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