Federigo Tozzi
Novale

Parte prima

28 dicembre 1902.

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28 dicembre 1902.

Oggi parlo d’una cosa che ho avidamente provata e sempre provo: il bisogno d’amare.

Quest’altra volta: il bisogno d’essere amati. Glielo dico perché si tenga pronta e perché possa dirmi nella lettera sua se tale scelta di tema le piace, ché altrimenti Ella stessa lo cambia in un altro suo. La mia paura è sempre quella di proporle conversazioni che non possano interessarla quanto interessano me.

Perciò ho desiderio che Ella scelga i temi e per prima li tratti: sono certo che il suo gusto sarà conforme al mio.

Per esempio, nel parlare del bisogno di amare, occorre entrare in certe intimità psicologiche che la potrebbero offendere, ma io da buon cavaliere sacrificherò volentieri alcune parti dello svolgimento del tema al rispetto che dovrei portare ad Annalena. Cosi spero di comportarmi come devo.

Amen!

Io ho sofferto due mesi la fame.

Non ero in Siena ; amici non ne avevo, perché tutti quelli che mi era dato avvicinare, non mi piacevano...

Quando siamo affamati ed è inverno non si può stare in casa. Io me ne uscivo e andavo sempre alla campagna, tutto beato quando un po’ di sole splendeva. Era un pezzo che non mi ero fatto tagliare la lanuggine del mento e i capelli avevo lunghi e riccioli; portavo un cappello nero a larga tesa e un pastrano alla... Rodolfo, spelacchiato e scolorito. La quotidiana sofferenza m’aveva procurato un’aria di sognatore, dolorosa.

Alle donne non potevo piacere!

E poi io ero in una città piena di brio e di eleganza, dove anche le ragazze povere rubano le occhiate ai principi. Si figuri io che non sono principe, come m’estasiavo dinanzi a una bellezza! Col tormento fisico che m’infiacchiva ed esagerava le impressioni estetiche, io non ero padrone di lasciarmi cadere in un vortice d’idee senza desiderare l’amicizia di una di quelle donne che per un momento mi avevano affascinato e poi erano scomparse nell’ombra della loro vita.

A volte alcune di esse – erano lavoratrici – mi producevano una pena indicibile: mi pareva che la loro giovinezza dovesse cadere nell’abbrutimento dell’insaziabilità carnale, sfatte lentamente nella corruzione, come fiori nel fondo di un’acqua.

Altre le avrei volute , perché m’apparivano cattive, vane; ma i loro occhi erano troppo dolci perché non mi dessero tanta voluttà, quanto ne basta ad innamorare un uomo.

Quelle brutte? Chi guarda una donna brutta? Mi facevano compassione; ma tuttavia avrei desiderato che anch’esse fossero amate, con meno squisitezza di sentimento, ma bonariamente da un onesto operaio.

In quei giorni io respiravo tutte quante le dolcezze femminee; amavo infinitamente e astrattamente la donna, con tutta l’ingenua passione di cui è capace il mio cuore.

Era la fame? io non lo so.

È un fatto che se io fossi stato costretto a non vedere più una donna, ne sarei morto di desiderio.

Come esplica Ella questa sentimentalità? 


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