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Mio padre (non avendogli io risposto) m’ha scritto domandandomi se mi ero recata ad offesa la lettera ultima sua, e ritornando nel buono animo della penultima.
Stasera sono stato dal G. È il primo uomo ch’io creda onesto e buono. Non ha potuto farmi nulla, ma mi ha fatto intravedere in seguito, promettendo di scrivere all’indirizzo della signora Bisi-Albini. È stato pieno di rispetto. M’ha dato un biglietto d’invito per una sua conferenza, della quale spero di fare alcuna cosa.
Sono stato alla C. Ti riferisco ciò che m’ha detto il direttore: «È un giornale che si fa in tre ore. Se potessi mandare via due giovani, che sono a carico mio, lo farei. Vada al Popolo Romano. Le daranno cento lire al mese. Lavorerà la notte. È possibile che Chauvet lo prenda, perché ha tante rubriche. Qui gli articoli di quinta colonna son fatti dal... e non glieli pago. Li fa tanto per avere i biglietti per i teatri. I suoi articoli sono traduzioni dal francese. Piacciono molto. Egli non ha nessuna cultura. Si faccia presentare dal F. ed anch’io dirò due parole a Chauvet. Dia retta a me, vada al Popolo Romano...»
All’inferno!
Non ti pare ch’io debba attendere prima di andare in certe mani? Se tu sapessi che impressione ho di tali persone! Comprendo che tutto il mio lavoro non servirebbe a nulla. E, poi, con cento lire, posso pensare al nostro domani? – Dal G. mi sono sentito sulla soglia della mia strada. Ma io ho deciso. Mi stringo a te ed ai miei studii. Così non mi perderò. – Tuttavia non ho deciso se andrò o no un’altra volta dal F. per il Popolo Romano. Vi andrò se persisterà il mio stato depresso.