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Quanti giorni ti attenderò? Anche oggi m’è parso che tu dovessi venire. Mi sono alzato da tavola con il presentimento che tu venissi. Come ti desidero ad ogni momento! È necessario che noi ci sposiamo presto. Al mio lavoro non pensare per ora. Se non viene, che dobbiamo fare? Sono in un periodo (ahimé, troppo lungo!) d’impotenza. Io passo le giornate quali le passava un vecchio poeta: né meno sono capace a ripensare al passato. Sembra ch’io possa prendere qualche cosa da un’immensa montagna di pensieri... e non trovo nulla. Non piace né meno a me l’analisi di ciò.
Ma come potrei assicurarti che t’amo? Non ci vediamo, ed è necessario ch’io butti fuora le mie gonfiezze dall’anima.
Leggo anche il Tolstoi... A volte devo interrompermi e gettarmi sul letto, perché mi prende come uno sbalordimento doloroso. Sembra che tante funi siano tirate... Che malessere!
Nel Tolstoi ho segnate in margine queste parole, perché leggendole, ho esclamato: «Ecco, Emma, credi come io credo». Le parole: «Nessun rètore troverà la parola o la disposizione di parola che trova senza sforzi chi esprime quello che sente». «L’insegnamento delle scuole s’arresta dove comincia il tocco, cioè dove comincia l’arte». «Così si spiega come non ci siano artisti peggiori che quelli i quali sono passati per le scuole e vi riportarono dei successi...»
Tu capisci che ciò è la mia maggiore preoccupazione, e che il mio pensiero nascerà da essa... . . . . . . . . . . . . . Quanto hai da fare ancora! Credo che dopo quest’altra passeggiata lavorerò . Sempre più fitti vengono i pensieri. A momenti ne ho come un peso. Figurati che a volte mi par di vedere due mani all’anima... Ma quanto sono insulsi e sciocchi ancora! Non ho da dire nulla. Appare qualche cosa e poi se ne va lasciandomi scontento.
Come vorrei vedere i tuoi pensieri di mano in mano che tu leggi!
Come non devi avere nessuna ombra di tristezza pensando al nostro passato sbiadito! Ma che dico? Come devo ancora trasformare i miei nervi!
Ora non posso scrivere. Vorrei averti qui per ringiovanire la mia forza. Vorrei che noi fossimo felici presto. Vorrei che tu non fossi stanca; vorrei adorarti, mia signora, in casa mia.
Com’è tisico tutto ciò che ho fatto! E non vorrei che la sua infezione prendesse i pensieri d’ora. Devo ricominciare a vivere.
Amami, amami con tutta la tua anima, senza velature... Non siamo mica morti: dammiti tutta senza esitazioni. Come mal pensasti l’altro giorno! Ecco la causa della mia ira. Non ti potevo perdonare il tuo ripiegamento su te stessa, quasi la tua rinuncia. Che sono questi gomitoli di timore! Noi stessi siamo la causa della mia impotenza. Giù tutto: strappiamo le tende, buttiamo giù le imposte: aria. Siamo come tutti gli altri. Amiamoci senza i nervi guasti... Ti bacio con la gioia semplice de’ forti. Come mi vanno via a pezzi le stupidaggini che avevano coperto il mio spirito. Giù, giù: mi par di veder cadere tutte le male cose dall’anima. Che freschezza c’è ora! Sembra un senso di rigagnolo tra i ciuffi verdi dell’erba. No, no: questa non è un’imagine. Come ancora è confuso tutto il mio pensiero! Forza, forza! Il mio pensiero ricade come un velo che si ripiega dopo che è stato alzato. Ciò che passa non dura. Sono come le sassate dei monelli contro le invetriate. Spariscono i vetri.
Amami: il solo amore tuo è la forza mia. Non è vero che non saremo lieti finché i nostri figli spirituali non saranno nati? Devono nascere, C’è come un caos di cose che non sta fermo mai. Mi dà l’aspetto della bufera infernale, che mena gli spiriti con la sua rapina. Figure piegate e pigiate che piangono...
Il resto sta a te. Fai ch’io ti veda.
A volte pare che nel mio cervello stiano le cose come l’acqua nella spugna; mi par di vedere questa spugna, che, premuta, scola tutta...