Federigo Tozzi
Novale

Parte seconda

6 giugno 1907.

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6 giugno 1907.

Mi dimenticai di dirti che mio padre, perché gli sembrai magro molto, andò a piangere dal C. Il quale lo ha detto a me.

Ti faccio sapere tali cose per appianarti verso di lui.

Ancora non ho aperto un libro. Non volevo né meno rientrare nello stanzino di prima . Ho sentito addosso tutta l’ottusità antica. E un odore di rinchiuso! Quei libri , certamente, non mi serviranno più.

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Siena ha messo tra me e tutti gli altri quella distanza che volevo.

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Sono stato convinto a lasciar fare quella persona che è in casa. E, infatti, è meglio ch’io non me ne occupi. È meglio ch’io non pensi a lei, ne pure per farle male.

Ho riletto il Boccaccio nel Decamerone. Che freschezza di stile e di lingua! Certi autori li sento come fossero moderni. Dunque, il mio sforzo passato è servito a qualche cosa.

Ma vorrei anche guadagnare.

Mio padre ha detto, mangiando, ed io ero , che quella ragazza prende presto marito. È vero? Vorrò sapere per bene. Se fosse sempre così, non avrei nessuna difficoltà a stare in casa del babbo.

Ma ancora io non vedo niente a cui concorrere.

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È curiosa! Leggo due poesie del Leopardi, poi una dell’Alfieri, un’altra del Chiabrera. Un poco di riposo, e poi due o tre terzine di Dante. Il mio animo passeggia qua e attratto da tante cose.

Ieri rividi il S. Sebastiano del Sodoma, che mi fece fare uno dei miei primi lavori. Ma il più delle volte non gusto più quell’arte.

Non lo so. In me ci sono travolgimenti profondi. Ora ho la coscienza di tali fatti in un modo, ora vedo altri aspetti.

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T’annoio? Ma con chi devo parlare?

Ma tutti questi libri che sono accanto a me, mi hanno già dato qualcosa.

Siena è bella da vero.


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