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Ho sperimentato che talvolta abbiamo alimentato un sentimento affatto estraneo alla realtà delle nostre anime. Nella nostra separazione abbiamo trovato come tante braccia di pensieri, che non hanno alcuna cosa con la nostra realtà.
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Io credevo (ed è vero) che la tua anima si sarebbe attorcigliata a me come un’edera attorno ad un vaso antico. E che nel mio essere avresti trovato la fiamma per accendere il tuo. E non è così? Ma io ho notato che alcuni miei trasporti non m’hanno fruttato alcun pomo, di cui sono avidissimo. E che, ad una mia lettera, è succeduta una tua, che non aveva in sé niente di quel che avevo desiderato. Ed allora mi son sforzato di comprendere quale cavità non avevo prevista; o se le mie parole fossero troppo lievi per produrre alcun suono alle orecchie del tuo spirito. E la Disperazione è passata in me. Ma simile all’insistenza di un ramo, che ributta la gemma là dove prima è stata strappata, il mio sogno, uscito dalle lagrime, ha parlato.
E poi la gemma è divenuta una pianta.
Con qual tremore io ho atteso un temporale! E la pianta non cresceva più. Ma per essa, lo sai, occorre tutta la tua anima. Occorrono i baci della tua anima, e le mani della tua Volontà. Ed io, un anno fa, m’imposi di seminarla. M’imposi ch’essa fosse da prima costrutta dalle mie lagrime non versate. E poi io attesi il tepore tuo. Io la vidi divenire il tuo Perdono. E poi essa raggiò del mio spirito. Ella divenne come d’oro.
Quante volte le nostre mani si sono toccate nella cura di crescerla!