Federigo Tozzi
Novale

Parte seconda

22 febbraio 1908.

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22 febbraio 1908.

Prima di scriverti ho riletto quel che ho scritto oggi... (A26). Sei tu che salvi i nostri figli. Avrei strappato tutto. Io non posso dirti a voce quel che sei per me. Ma tu senti bene nel tuo affetto come tu sei la migliore parte di me stesso. Quella che mi ogni emozione, e quella a cui io devo tutto. Ad ogni istante il mio pensiero ricorre alla tua tenerezza, alla tua compagnia. Tu mi sorreggi come se rispondessi immediatamente ad ogni mia ansia, ad ogni mio timore di me stesso. E ciò mi esalta dandomi una gioia vibrante (A27). A volte sembra che un’oscurità si faccia nella mia anima, o ch’io vacilli in un vuoto; ma io trovo tutta te. E non m’è piccola gioia il sapere che anche il mio amore è il tuo nutrimento. A volte, io vorrei che il mio essere sapesse così sorreggere il tuo! Io agisco sempre in modo che tu mi creda degno della tua tenerezza.

Tu anche sai come io ho bisogno di essere amato da te. Oh, perdonami anche le presenti volgarità involontarie, perdonami se non sempre io ti comprendo. Ma tutto avviene perché si compia indissolubilmente nell’infinito la nostra unione. Tutto ci una confidenza di una intimità di lunghi mesi. Una parola od un atto rude ci svela una plaga dello spinto, verso la quale ci precipitiamo per afferrare la nostra felicità.


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