Federigo Tozzi
Novale

Parte seconda

26 marzo 1908.

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26 marzo 1908.

Stasera ti posso scrivere: non mi sento stanco. Domattina è necessario che vada verso le sei in ufficio, per fare un lavoro che si chiama il riassunto della quindicina.

A pena viene un ispettore gli domanderò di mandarmi a Firenze, o se devo rimanere qui ch’io non debba fare sempre la stessa cosa.

Capisco però che come stazione non ho combinato male; ci devono essere peggiori. Rimane sempre l’ignoranza, ma ho saputo dirozzarmi bene a suo riguardo.

Ecco: sono uscito quasi lieto dalla trattoria perché conversavo con te. Ma è ben altra cosa. Quando so che è un’illusione mi sento male. Sembra che mi entri nell’anima una cosa spaventevole.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Che finisca questa lontananza. Io ricordo tutti i tuoi atti; anzi, essi sono dentro di me. Ho voglia di stare qui a ripensarli. Io risento le tue mani che prendono le mie. Che mi dici oggi? Parlami, parlami. Mi fai lieto perché ti sento mia, sempre mia, come se anche il tuo passato fosse stato mio. Io posso chiedere alla tua bocca la mia coscienza e tutta la mia vita. Ma non senti come il nostro amore si continua con Dio medesimo, come noi completiamo il bisogno dell’anima?

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Tu mi conosci innocente in tutta la mia vita, dinanzi a te. Come se il mio carattere fosse fatto per te. Perché tu fossi amata. (Mi ricordo quando ti volevo uccidere, credendo che tu non fossi più la stessa).

Dimmi sciocco. Dove sono entrato? Ti devo parlare così adesso?

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Sei mia; sei degna della mia passione, che io ho sempre racchiuso. Ma essa prorompe sotto la tua anima. Io ti devo amare perché non c’è cosa più pura di te. Io devo lasciarmi prendere dallo spavento del tuo affetto, come siamo presi dallo spavento di Dio. Io ho del tuo amore la sensazione che tu hai di Lui.


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