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Stanotte ho avuto un altro saggio pontederino. A mezzanotte sono stato svegliato da una sassata su la persiana. E odo gridare la padrona e due uomini:
– Oè? Quanto ci vuole a svegliarlo? Ci butti la chiave!
– Ci volevano le fucilate a svegliarti?
Come capisci, non è acqua per la nostra barca. Naturalmente, né meno grazie.
T’è piaciuto quel che ho scritto là a Firenze? Era necessario non parlare in altro modo. Oggi, la lettera sarà letta e... avverrà quel che Dio ha disposto. Non c’è altra speranza.
Per noi il matrimonio deve essere una cosa semplicissima: una camminata in piazza del Campo e una a S. Quirico. Tanto meno faremo mostra del nostro atto e più, nella semplicità, il compimento della nostra vita ci sarà grato e buono.
Parlami tanto della tua anima: puoi abbreviare il mio star male qua. Ch’io possa assicurarmi che da essa io avrò conforto alla mia. Perché molte volte, ne’ momenti miei di dolore, mi vedevo come scacciato da essa, ed io ne piangevo invano. Dimmi che pensi come me; che sei identica a me. Che tutto il tuo essere sia un sorriso immenso al mio. Sono in un momento di sconforto, ed ho bisogno di scacciare l’oppressione di quel che dovevo provare una volta.
Ora che sono uscito di casa sto meglio. Scrivo sul tavolino del telegrafo.
Non ebbi niente dal babbo né dal C.: però scriveranno. Ma se anche non mi fosse assegnato niente non me la prenderei che dal lato finanziario. Finalmente, mi trovo libero e pronto a fare della nostra vita l’atto della nostra volontà.
Un altro particolare: stamani, alla stazione, sapevano già che per svegliarmi ci sono volute due ore. (Ridiamo).