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Ad una certa strada incontriamo il curato, vestito con una giacca e calzoni neri. Gli facciamo una scappellata esagerata; poi io torno indietro e gli dico:
– Reverendo, avremmo piacere di conoscerlo più intimamente: noi siamo artisti, e... stasera verremo a mangiare da lei.
– Come? Loro sono artisti, e...
– Certamente: vogliamo questo onore.
– Ma cosa vogliono mangiare?
– Quello che ella vorrà: in questo caso il suo gusto è superiore al nostro, e quindi ci rimettiamo... a lei.
Il prete mi guarda, guarda gli altri e scoppia in una risata. Il G... mi tocca nel gomito, incitandomi a proseguire. Allora dico:
– Ci dica a che ora è solito cenare ché noi mangiamo a qualunque ora.
E il prete:
– Intanto verranno a vedere la chiesa!
Andiamo. Su la scalinata della canonica troviamo un branco di galline.
– Queste son sue?
– Ma che: io non ci conto né pure per la decima.
Intanto entriamo in chiesa. Una costruzione barocca. Diciamo che ci piace e guardiamo anche un affresco del Lorenzoni. Quando riusciamo, il prete dice:
– Chiudete bene la porta, se no le galline vanno a pregare. – E ride.
Entrati nella sua canonica ci ha fatto ammirare lo splendido panorama: si vede Chiusdino, Ciciano, la miniera, Siena e Monticiano. Quando stiamo per uscire, ci ferma dinanzi un andito, e dice:
– Vogliono sentire la mia mamma, quando le dico che stasera mangiano qui.
– Sì.
Ci spinge verso una scala, e chiama:
– Mamma!
– Oh!
– Stasera ci sono tre senesi a cena.
Un poco di silenzio, e poi sentiamo una voce di vecchia, che risponde.
– Ecché? Maledetta questa casa! Non siamo mai liberi... E, fortunatamente, non intendiamo le altre parole.
Facciamo tutti una bella risata (e il prete ha riso più di tutti) e ritorniamo al sole.
Prendo in mano una foglia e la stritolo.
Dentro il mio pugno stride, e mi fa pensare.
M’è parso che quello scricchiolio dicesse molte cose.
In quel balbettar doloroso, simile a un pianto, c’è una malinconia potente e la storia di una rapida esistenza.
Ci sono i baci del sole e le gocce picchiettanti della tempesta.
La foglia secca è lo scheletro di un sorriso verde.
NELLE MINIERE DI BOCCHEGGIANO. (Miniere di rame).