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3 marzo
Mi alzo prestissimo. Odo due o tre sirene, e apro la finestra. L’Arno e tutto il paese sono coperti di nebbia; ma, sopra un
bricato, distinguo il piccolo pennacchio di fumo che esce da una delle sirene. Un treno arriva. Su l’argine del fiume, camminano a fila, in senso contrario al treno, tre giovinette.
Mi vesto e vado all’ufficio. I miei colleghi fanno colazione con il pane e una fetta di rigatino.
Sono molto impacciato; ed evito di parlare. Frattanto, entra il gestore. Se non avesse gli occhiali e il berretto nero con le righe d’oro, lo prenderei per un contadino basso e tarchiato, che ha i baffi biondi e gli occhi di un celeste chiarissimo e freddo. Io mi tolgo il cappello, ed egli mi chiede con un’aria tra indagatrice e maliziosa:
— Perché ieri sera non venne a cenare con noi? Le avevamo fatto preparare il posto.
Egli non mi crede, e mi rimprovera:
— Eh, non ci vuole mica tanto! È li’; guardi.
E mi accenna una piccola osteria di fianco al piazzale della stazione.
I miei colleghi stanno attenti a quel che gli rispondo.
— Verrò oggi.
—No.
— Ci abbiamo pensato noi. La prenderà da Agostino, il corriere che va a Pisa.
Io lo ringrazio; ed egli, garantitosi che non mi sono già inteso, come ho saputo dopo, con il vicegestore, suo nemico, si dà una fregatina alle mani; e dice con una bonarietà affettata:
— Insegnategli quel che deve fare.
Ed esce. Ma, mentre io sto per domandarmi se ho commesso qualcosa di male, i miei colleghi fanno una risata. Uno prende un seggiolone, e lo attraventa contro quello del bigliettaio; il quale comincia a bestemmiare. Quelle bestemmie m’impacciano, e me ne sto ai vetri della porta esterna, guardando che gente càpita nel piazzale: pochi facchini; molti barrocci carichi, con sopra un impermeabile o una coperta rossa.
Drago, che passeggia lì fuori dei vetri, appena mi scorge, sputa. Io racconto tutto al bigliettaio, ed egli mi dice:
— Se non gli paghi da bere, non smetterà mai.
Dopo mezz’ora, posso lavorare. Ma i registri sono così pieni di correzioni e di scarabocchi che io non so quel che devo scrivere.