IntraText Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
3 marzo, ore quattordici
Dopo aver mangiato, sono stato a vedere la camera. È dentro
Il paese; e dopo una scala strettissima e oscura, devo attraversare una stanza piena di pacchi. In una stamberga, che non ha né finestra né uscio, un uomo russa. Una donna mi spiega che è un facchino a riposarsi del servizio notturno.
La camera mia ha la finestra con un’inferriata enorme; e sento un puzzo opprimente: l’aria entra da un cortiletto che appartiene alle carceri del paese; e sembra che il cilindro di una macchina elettrica debba smuovere tutti i fondamenti della casa.
Mi verrebbe da piangere; ma, non avendo tempo per scegliere meglio, fisso il prezzo.
Per le vie, sono guardato da tutti. Le ragazze, che tornano a lavorare negli stabilimenti industriali, ridono di me. Qualcuna dice forte:
— Com’è brutto! Pare un prete.
Io mi fermo e la guardo. Quella abbassa il capo con le compagne, e si sforza di non ridere. Ma, dopo pochi passi, il vento mi butta il cappello sotto le ruote del tranvai elettrico, che giunge da Pisa con molto fracasso. Si è sporcato di fango, e la tesa recisa. Le ragazze, fermatesi tutte insieme, si torcono dal ridere. Certamente, io devo imparare ad abituarmi a tutto; e devo mostrare di non prendermela. Ma come mi sento offeso!
Prima di rientrare in stazione, mi verrebbe voglia di passeggiare lungo l’Arno; ma non c’è più tempo. Sono molto triste.